Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui |
N. 4.078 - ore 17:00 - Lunedì 28 Ottobre 2024 - Tiratura: 31.289 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
|
|
| | | Punta al record del milione di euro l’incasso dell’asta charity “Barolo en Primeur”, battuta da Christie’s al Castello di Grinzane Cavour, in collegamento con New York e Londra, che ha raccolto ben 987.000 euro, mandando sotto il martelletto 14 barrique del Barolo Vigna Gustava 2023 che nasce dalle vigne ai piedi del Castello che fu dimora di Camillo Benso conte di Cavour (con la regia enologica del Centro Enosis Meraviglia dell’enologo Donato Lanati) e le 1.229 bottiglie di Barolo e Barbaresco donate da 80 cantine e divise in “lotti comunali”. La quindicesima barrique sarà battuta all’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba il 10 novembre. | |
|
| | Promuovere il consumo di vino tradizionale, sfruttare il legame con il patrimonio rurale, puntare sulla promozione. Ma anche guardare ad una “reinvenzione” dei prodotti vitivinicoli, comprese le bevande ed i cocktail a base di vino, che potrebbero diventare segmenti di mercato significativi, e mettersi in un’ottica sempre più vicina al consumatore. Sono alcune soluzioni emerse in “State of the International Wine Markets in 2023. The wine market at a crossroads: Temporary or structural challenges? Wine Economics and Policy”, report curato da Simone Mueller Loose (Università di Geisenheim) e Rafael del Rey dell’Observatory of Wine Markets (Oemv). E che arrivano analizzando un mercato, quello del vino, che nel 2023 si è rivelato complicato, con un calo in volume e valore per il commercio, a causa della riduzione dei redditi reali, delle scorte eccessive post-pandemia e del cambiamento delle preferenze dei consumatori, oltre alle conseguenze di una vendemmia scarsa. Dopo la pandemia, i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e la riduzione della domanda di vino sono diventati evidenti, ponendo il rischio di un eccesso strutturale di offerta nel mercato globale se le misure strategiche non vengono implementate. Lo studio sottolinea come alcuni Paesi e denominazioni si trovino ad affrontare uno squilibrio in cui l’offerta supera la domanda e questo a causa del disallineamento con le attuali tendenze di consumo. La questione cruciale, per il settore del vino, è se questi cali siano dovuti a fattori temporanei, a cambiamenti strutturali oppure ad una combinazione di entrambi i casi. Le scorte eccessive accumulate nel periodo post-pandemia suggeriscono un calo temporaneo degli scambi, tuttavia ci sono crescenti preoccupazioni riguardo al cambiamento delle abitudini di consumo, in particolare tra i più giovani in Europa e negli Stati Uniti. Secondo lo studio, il calo del commercio mondiale di vino nel 2023 deriva da un mix di fattori temporanei e strutturali. I primi abbracciano il contesto globale incerto, l’erosione del potere d’acquisto e le tensioni geopolitiche, e potrebbero correggersi nel tempo. Tuttavia, le tendenze a lungo termine indicano un declino strutturale dei consumi e dei cambiamenti nelle preferenze del vino (in approfondimento). | |
|
| | “Il vino è diventato un’arma possente nell’arsenale del “soft power” italiano negli Stati Uniti”. Parole di uno che gli Stati Uniti li conosce bene, e ben oltre il vino, ovvero Federico Rampini, oggi editorialista, da New York, per il “Corriere della Sera”, nel suo interessante contenuto (in approfondimento, con cantine e vini) nella guida “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia” del “Corriere della Sera” edizione n. 11, firmata da Luciano Ferraro e da James Suckling, in edicola con il giornale, che ha premiato 6 vini con 100/100 (come anticipato da WineNews, firmati da Bertani, Casanova di Neri, Valdicava, Terlano, Petrolo, Bibi Graetz, e assegnato 4 premi speciali per “La sfida al clima”, a Mastroberardino (miglior Cantina), Alessandro Ceretto (miglior Enologo), Giovanni Manetti e Consorzio Chianti Classico (miglior Consorzio) e Marco Simonti (miglior Tecnico). | |
|
| | | “Se per gli americani bere vino è una questione di lifestyle, per gli italiani il vino è life, talmente è integrato nella nostra cultura”. Perché “il vino si consuma a tavola in compagnia di amici, e l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui si accompagna alle diverse cucine regionali da Nord a Sud”. E perché “non c’è nessuna altra bevanda come il vino altrettanto ricca di cultura, che affonda le radici nell’umanità, nel paesaggio, nella storia, nella tradizione, nella religione. È la bevanda culturale per eccellenza”. Inizi così la riflessione di Angelo Gaja, l’“artigiano” del vino italiano per eccellenza, uno dei produttori italiani più ammirati nel mondo, di ritorno dagli Usa, mercato enoico n. 1, e dalla “New York Wine Experience” firmata “Wine Spectator”, tra gli eventi di vino più prestigiosi in America, che, nei giorni scorsi, lo ha visto protagonista sul palco (unico produttore al mondo a salirvi per l’ottava volta in 43 edizioni, ndr), per un’intervista con il wine editor Marvin R. Shaken, fondatore del gruppo editoriale proprietario della rivista americana, di fronte ad oltre 1.500 partecipanti. Una riflessione che, secondo WineNews, spiega chiaramente il valore del vino italiano come “medium” per raccontare la bellezza dell’Italia attraverso i suoi territori, per il legame che ha con la loro storia, la loro natura, la loro cultura e le loro comunità. | |
|
| | | Un acquisto con le “bollicine”. Il gruppo Castel, autentica istituzione in Francia e uno dei più grandi player del vino al mondo, acquista Champagne Malard, realtà a conduzione familiare indipendente fondata nel 1996 da Jean Louis Malard, originario di Epernay, la capitale della regione dello Champagne. La conferma è arrivata attraverso un post pubblicato su Facebook, in cui Champagne Malard ha annunciato di essere stato acquisito dal Gruppo Castel, un passo che permetterà di accelerare il proprio sviluppo mantenendo comunque la propria identità familiare. | |
|
| | Con oltre 22.000 aziende agricole e più di un milione di arnie, l’Italia è in posizione n. 6 in Europa per numerosità di alveari, di cui circa l’80% gestiti da apicoltori professionali: un trend in continua crescita, secondo gli ultimi due censimenti Istat. Dal 2016 la Banca Dati Apistica rileva un aumento costante di aziende, di apicoltori (72.000 tra i professionali e coloro che producono per autoconsumo) e di alveari (oltre 1,6 milioni). La produzione nazionale, che nel 2022 ha raggiunto circa 23.000 tonnellate - in forte ripresa sul 2021, quando si era fermata a 12.450 tonnellate (dati: Osservatorio Nazionale Miele) - resta però insufficiente rispetto alla domanda, con importazioni per 26.500 tonnellate, pari a oltre 100 milioni di euro. Sono questi i dati che emergono dal Rapporto Crea “Api e miele: opportunità: potenzialità e minacce per una filiera essenziale”, realizzato dal Crea.
| |
|
| | | Riflessioni su come un grande vino sia molto di più dell’uva trasformata dal lavoro di enologi e produttori, ma espressione del luogo in cui nasce. Le parole di Leonardo Raspini (Tenuta Argentiera), Luca Pizzighella (Signorvino), Elena Pozzolini (Tenuta Sette Cieli), Alessandro Masnaghetti (cartografo), Albiera Antinori (presidente Consorzio Doc Bolgheri), Alessandro Dondi (Castello di Bolgheri), Giampiero Bertolini (ad Biondi-Santi), Francesco Lollobrigida (Ministro dell’Agricoltura) e Roberto Parodi (scrittore e giornalista). | |
|
|
|