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WineNews
N. 4.260 - ore 17:00 - Lunedì 14 Luglio 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Neanche il “vino Usa” vuole i dazi
Non solo l’Ue: anche il sistema del vino Usa è in subbuglio dopo l’annuncio del presidente Trump di dazi al 30% sulle produzioni europee (mentre le trattative però vanno avanti, ndr). Altro non fosse perché “il vino dell’Unione Europea genera circa 23,96 miliardi di dollari di entrate all’anno negli Stati Uniti, mentre solo 5,3 miliardi di dollari tornano in Europa, sostenendo centinaia di migliaia di posti di lavoro americani tra importatori, distributori, rivenditori e ristoranti”. Lo scrive la Us Wine Trade Alliance, che, con altre organizzazioni, ha scritto una lettera a Trump, sollecitando un “Reciprocal and Fair-Trade Agreement on Wine” ...
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Primo Piano
“L’imposizione di un dazio al 30% supera ogni soglia di tollerabilità per le imprese italiane”
Subito dopo la lettera del Presidente Usa Donald Trump alla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, pubblicata dal tycoon, nei giorni scorsi, sul suo social Truth con l’annuncio dei dazi al 30% su tutti i prodotti Ue in entrata negli Stati Uniti a partire dal 1 agosto, una prima reazione dall’Italia è arrivata da Federalimentare per la quale “l’imposizione di un dazio al 30% supera ogni soglia di tollerabilità per le imprese, aumentando il rischio di un calo significativo delle esportazioni, anche alla luce dell’attuale svalutazione del dollaro. E così come gli Usa hanno fatto con i dazi, che di fatto sono un intervento pubblico per proteggere la loro industria, anche noi lo chiediamo all’Ue. Non pensiamo, però, a sussidi, ma ad urgenti interventi strutturali per rafforzare la nostra capacità competitiva riducendo i dazi interni alla Ue, snellendo il carico burocratico sulle imprese, riformando i mercati dell’energia per garantire una riduzione dei prezzi e facilitando l’accesso al credito con il taglio dei tassi di interesse nell’area euro per aiutare la crescita economica. Ma la risposta della Ue deve essere aperta al negoziato, visto il rischio di un ulteriore 30% in caso di ritorsione”. Per Confagricoltura “come Europa dobbiamo essere uniti nel negoziato e trovare una soluzione che non affossi l’economia del nostro continente e che non metta in discussione i sistemi produttivi sul tema delle barriere non tariffarie”. Altrimenti, dice Coldiretti, dovremo constatare “il totale fallimento della politica esercitata dalla von der Leyen a danno dei settori produttivi e delle future generazioni. La Presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto”. A ruota, è arrivata anche la reazione del mondo del vino, con Unione Italiana Vini - Uiv che parla della “pagina più nera dei rapporti tra due storici alleati dell’Occidente. Il 30% di dazio sul vino, se venisse confermato, sarebbe quasi un embargo per l’80% del vino italiano, ed è impensabile poter collocare altrove nel breve periodo questi volumi”. E la Federvini, proprio come hanno fatto le organizzazioni del vino americane, sottolinea come “in gioco ci sono la sopravvivenza di migliaia di imprese e la stabilità di un ecosistema virtuoso che ha generato valore e occupazione su entrambe le sponde dell’Atlantico”.
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Lollobrigida e la “crisi” del vino
Capire se “per emergenza si intende un calo di reddito delle persone”, o se “ci sono soluzioni che i produttori potevano trovare” prima, con la convinzione che “oggi ci sono settori molto più in crisi di quello del vino”. Pensieri, a WineNews, dall’Assemblea Slow Food a Roma, nei giorni scorsi, del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. “Se ci saranno emergenze, attueremo le misure. Ad oggi, visto che l’Italia ha il record dell’export, non ci sentiamo in emergenza. Se prima si decide di fare “iperproduzione” e poi diventa un problema per tutti, dobbiamo capire se questa è la priorità, se c’è una soluzione”, ha detto tra le altre cose il Ministro, a cui abbiamo chiesto una riflessione sulle diverse richieste (distillazione di emergenza, espianti di vigneti e così via), di cui diverse organizzazioni di categoria iniziano a parlare in maniera più o meno concreta ...
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Focus
Slow Food: “il cibo è cultura, condivisione e piacere sensuale”
“Il cibo è l’elemento che riconduce gli esseri umani alla terra, al suolo, all’acqua, alla biodiversità, ma è anche cultura, condivisione, piacere sensuale. È una lingua che consente di conoscere il mondo in profondità, scambiare idee, provare curiosità ed empatia per la diversità, dialogare con il prossimo, accoglierlo e curarlo”. Ecco la “nuova definizione” contenuta nel “Documento di Roma - Un’Altra Idea di Mondo”, frutto dell’Assemblea Nazionale Slow Food Italia, il più importante movimento mondiale che promuove il cibo buono, pulito e giusto, fondato da Carlo Petrini, nei giorni scorsi, alla Fao a Roma, con interventi di istituzioni ed attivisti, e la riconferma della presidente Barbara Nappini. La crisi globale, si legge nel Documento, dove il significato delle parole è affidato al pensiero di grandi intellettuali, esige “un radicale cambio di paradigma. Per uscire dal miope antropocentrismo che ha posto l’essere umano al di sopra di tutto, è sempre più evidente l’urgenza di un nuovo umanesimo, che recuperi la dimensione più profonda dell’umano e riconosca la sua intima connessione con la natura”. E la ragione per cui avere a cuore il futuro, sono i giovani per i quali perseguire una durabilità che garantisca loro una vita di pace e prosperità: “per questo servono i loro occhi, i loro linguaggi e la loro visione”.
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Cronaca
La “Cantina Italia” è ancora piena
Giacenze stabili, e quindi ancora alte, per il vino italiano, che si avvicina alla vendemmia 2025 in grande stato di agitazione, mentre da più parti si ragiona di abbassamento delle rese e distillazione per limitare la produzione. Secondo il report di luglio di “Cantina Italia”, nelle aziende italiane, al 30 giugno 2025, figurano 43,6 milioni di ettolitri di vino in giacenza, -6,4% rispetto al 31 maggio 2025 (-2,98 milioni di ettolitri), ma superiori dello 0,3% sul 30 giugno 2024 (+129.423 ettolitri). Il 55,7% del vino detenuto è a Dop, il 25,7% a Igp.
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Wine & Food
Pinot Grigio delle Venezie: giù le rese e conferma dello stoccaggio per la vendemmia 2025
Per gestire produzione e tutelare il valore del Pinot Grigio, in un contesto di mercato evidentemente difficile, il consorzio della Doc Delle Venezie, guidato da Luca Rigotti, ha approvato le misure di gestione dell’offerta per la vendemmia 2025. Riducendo la resa massima di uva per ettaro, da 180 a 170 quintali e confermando la misura dello stoccaggio amministrativo, già adottata negli ultimi anni, per governare l’offerta e dare equilibrio al mercato: per la campagna 2025/2026, il prodotto libero potrà, quindi, raggiungere i 150 quintali di uva per ettaro, mentre fino a 20 quintali/ettaro potranno essere destinati a stoccaggio. Una decisione, quella della grande denominazione (27.000 ettari per 230 milioni di bottiglie) che sarà seguita, probabilmente, da molte altre denominazioni italiane, in vista della prossima vendemmia.
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WineNews.tv
“Le comunità del cibo ci permettono di non depauperare i territori e il patrimonio italiano”
Che vuol dire, in un’epoca di disinteresse e disimpegno civile e politico, rimettere al centro del dibattito il diritto al cibo buono, pulito e giusto per tutti, ma anche il diritto al piacere, che lo lega al suo impatto sociale, relazionale e democratico; l’agricoltura, cuore di tutto, messa in secondo piano dalla spettacolarizzazione della cucina; i piccoli comuni e i territori dove nascono i cibi ed i vini italiani a rischio depauperamento, nelle riflessioni, a “tu per tu” con WineNews, del fondatore Slow Food Carlin Petrini, dall’Assemblea della “Chiocciola” alla Fao a Roma.
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