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N. 4.010 - ore 17:00 - Martedì 23 Luglio 2024 - Tiratura: 31.289 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | Negli ultimi dieci anni, l’aumento delle temperature a livello globale ha avuto un impatto sulle coltivazioni di tutto il Pianeta, inclusa la viticoltura. Non fa eccezione la regione della Champagne, dove il climate change diventa addirittura una leva di marketing: la nuova cuvée prodotta dalla prestigiosa Maison Ruinart, la Blanc Singulier Édition 19, recita in etichetta “A Singular Expression of Chardonnay, Revealed by a Changing Climate”. Ovvero, il frutto di un anno particolare, in cui ha inciso il nuovo corso del clima. La 19 è la terza uscita (dopo la 18 e la 17) di una collezione le cui edizioni riflettono gli anni con un meteo atipico. | |
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| | Cambiamenti nello stile di vita che vedono crescere il valore del salutismo e della moderazione, la crescente concorrenza di altre categorie di bevande, alcoliche e non, soprattutto tra i giovani, scarso coinvolgimento nel vino dei giovani under 24, e il desiderio di migliorare l’esperienza di consumo, che porta a consumare con meno quantità e frequenza cercando prodotti migliori, in un quadro in cui il reddito disponibile è in calo: si spiega con questi quattro fattori principali il declino a lungo termine del mercato del vino globale, secondo Iwsr - International Wine & Spirits Research, che altro non fa che confermare quanto evidenziato da diverse analisi ed approfondimenti negli ultimi mesi. “Il consumo di vino è in declino nei mercati tradizionali dell’Europa continentale da decenni e per molti anni il calo dei volumi è stato compensato dalla crescita in mercati come il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Nord Europa e i mercati Apac come Giappone, Cina e Australia. Tuttavia, negli ultimi 10 anni, questi ex mercati in crescita, scrive Iwsr, hanno iniziato a registrare un calo dei volumi. Nel caso del Regno Unito, il consumo pro capite di vino ha raggiunto il picco nel 2009 e da allora è in declino, ad eccezione di una piccola spinta temporanea durante il Covid. Tra gli adulti, nel Regno Unito ora si beve circa il 14% in meno di vino del 2000. In mercati come gli Stati Uniti, il consumo pro capite ha raggiunto il picco nel 2017, e da allora ha registrato alcuni forti cali, sebbene rimanga ancora al di sopra dei livelli di consumo pro capite osservati nel 2000. Per l’Australia, il picco è stato nel 2012 e la sua traiettoria di consumo pro capite ha rispecchiato quella del Regno Unito, anche se a differenza di questo non ha visto un aumento nell’era Covid. Il consumo pro capite nel Paese è ora inferiore dell’11% sul 2000”, sottolinea l’Istituto. Che aggiunge anche come questo calo dei consumi non coincida necessariamente con un calo dei consumatori, che anzi, in alcuni mercati, come Usa, Uk, ma anche Giappone o Corea del Sud, per esempio, sarebbero addirittura cresciuti. Quanto con una riduzione della frequenza con cui si beve vino, e delle quantità che si consumano. | |
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| | “Il futuro del mercato del vino è tutt’altro che rosé. Il consumo globale è in declino da quando ha raggiunto il picco nel 2007”. A scriverlo, nei giorni scorsi, è stato uno dei giornali finanziari più importanti del mondo, il “Financial Times”, dando risalto ben al di fuori dalla stampa di settore ad un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. Lo spunto per farlo, è stata la notizia della vendita dei marchi del vino fermo (ma non degli Champagne) da parte del colosso degli spirits Pernod Ricard all’Australian Wine Holdco Limited (Awl), proprietaria di Accolade Wines. Una “mossa saggia”, quella di Pernod Ricard, secondo il “Financial Times” (e quindi sbagliata da parte di Accolade?), perché il “consumo globale di vino continua a diminuire”, scrive il quotidiano britannico. Sottolineando, poi, dati e trend che abbiamo raccontato più volte su WineNews (in approfondimento). | |
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| | | A Bordeaux continua a regnare una grande incertezza. Se i grandi Châteaux continuano a fare una strada a parte, anche se la campagna “En Primeur”, a detta di molti, non è stata soddisfacente, per le produzioni di più basso prestigio si mescolano tanti fattori che rendono il futuro ancora più fumoso. Dai più recenti aggiornamenti, infatti, sarebbero stati espiantati appena 3.000 ettari sui 9.500 previsti, soprattutto a causa del maltempo. Che, secondo Stéphane Gabard, presidente delle Aoc di Bordeaux e Bordeaux Supérieur (come riporta “Vitishpere”) sta causando problemi importanti in vista della vendemmia, tra muffa, grandine e non solo. Con tutte le premesse per una vendemmia 2024 di piccole rese, che se da un lato peserà sui costi di produzione e sul flusso di cassa delle cantine più in difficoltà, dall’altro potrebbe aiutare a ristabilire, almeno temporaneamente, un po’ di equilibrio tra domanda e offerta, e far risalire un po’ i prezzi degli sfusi, da qualche anno ai minimi termini. Il che spinge Gabard non solo ad un appello affinché la filiera tutta, dalle banche ai négociant, ai broker, sostengano il settore nelle trattative commerciali a prezzi coerenti, ma anche ad una riflessione, ovvero stare attenti a non ridurre troppo l’offerta, e al contempo a non alzare troppo, improvvisamente, i prezzi. | |
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| | | Unire il fascino del grande vino italiano con il prestigio assoluto dei top brand dei motori, è una delle formule di maggior successo se si guarda al segmento del lusso. Come accade con Dievole, tra le tenute più belle del Chianti Classico del gruppo Abfv - Alejandro Bulgheroni Family Vineyards, e Lamborghini. Primo atto di questa partnership, della durata di 2 anni, sarà la presenza nel Dievole Wine Resort di Castelnuovo Berardenga di una Lamborghini Urus che, fino al 28 luglio, sarà il mezzo riservato ad un numero ristretto di invitati e ospiti per un giro nel Chianti Classico. | |
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| | Può essere un paradosso che negli anni del boom degli acquisti online, i cittadini desiderino più negozi nei quartieri dove vivono. Attività o botteghe dove fare la spesa, e di riflesso socializzare, perché un’insegna significa anche presenza, infonde sicurezza, è un punto di riferimento. Ma i negozi sono sempre meno, anche se bar e ristoranti sembrano essere quelli che resistono meglio. Gli italiani, comunque, dicono “sì” agli esercizi di prossimità, perché rafforzano le comunità (per il 64% degli intervistati), fanno sentire più sicure le persone (57%) e fanno crescere il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). La chiusura dei negozi, poi, preoccupa e intristisce i cittadini, soprattutto al Nord e nelle città di medie dimensioni. Una sintesi numerica che arriva da un’indagine realizzata da Confcommercio, in collaborazione con Swg, nel progetto Cities. | |
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| | | Da “VinoVip Cortina” 2024 le riflessioni di Eugenio Pomarici, professore di Economia all’Università degli Studi di Padova. “La logica di distretto funziona, non solo per le economie di scala che genera, ma anche per il constante scambio di operazioni tra operatori. In un settore che anche a livello imprenditoriale è spinto verso l’aggregazione, come dimostra la crescita del numero di aziende con un fatturato oltre i 50 milioni di euro dal 2012 ad oggi”. | |
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