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WineNews
N. 3.137 - ore 17:00 - Venerdì 16 Aprile 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
“Anteprime di Toscana”, a maggio
Ogni singola Anteprima, a Firenze, San Gimignano, Montepulciano e Montalcino, sarà all’insegna della sicurezza, con la stampa presente - un solo giornalista per testata - che potrà degustare i vini solo in postazioni sedute, secondo norme e protocolli, esclusivamente con servizio sommelier; non è prevista la partecipazione in presenza delle aziende, e neppure il collegamento tra un territorio e l’altro. Andranno in scena così le “Anteprime di Toscana” nel 2021, in tempo di Covid, con la conferma della formula della “settimana”, dal 14 al 21 maggio. Per una Regione il cui export enoico, nel 2020, ha mosso 972 milioni di euro (-3,2% sul 2019, dati Istat).
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Primo Piano
Il 2021 inizia con il freno a mano tirato: a gennaio spedizioni di vino al -21,6% sul 2020
Il 2021 delle esportazioni di vino italiano inizia con il freno a mano tirato: a gennaio, secondo i dati Istat, analizzati da WineNews, le spedizioni enoiche hanno perso il 21,6% sullo stesso mese del 2020, fermandosi a 388 milioni di euro, contro i 495 milioni di euro di un anno fa. Numeri impietosi, ma attesi, perché il 2020 era partito col botto, in crescita addirittura del +13,5% su gennaio 2019, e il 2021, al contrario, è nato sotto una pessima stella. Così, l’inizio del 2020 sembra un tempo lontanissimo: eravamo ancora in epoca pre Covid, il mercato Usa doveva fare i conti con i dazi su molti vini francesi e spagnoli, e la Gran Bretagna iniziava la corsa agli approvvigionamenti in vista della Brexit. Dati che confermano quanto anticipato ieri da Nomisma Wine Monitor, dal talk “Vivite” dell’Alleanza delle Cooperative, con gli Usa che, nei primi due mesi del 2021, hanno perso il 26,1% a valore. Tornando ai dati Istat di gennaio 2021, proprio gli Stati Uniti fanno segnare un calo del 36,7%, fermandosi a 105 milioni di euro di vino importato, contro i 166 del gennaio 2020. Va decisamente meglio in Canada: +13,3% (25,6 milioni di euro). In Europa, il primo mercato è quello della Germania, che segna un calo importante: -12,7% (69 milioni di euro). Crollo verticale, ma era di gran lunga il più atteso, per la Gran Bretagna: -36,4% (26 milioni di euro). Perde qualcosa anche la Svizzera (-5,6%, a 23,6 milioni di euro). Continua la discesa della Francia, che perde il 33,1%, attestandosi a 8,9 milioni di euro. Giù anche l’Austria (-16,2%, a 6,7 milioni di euro), mentre la Russia offre un dato interlocutorio, identico al gennaio del 2020: 6,5 milioni di euro. Finisce il boom dei mercati scandinavi: -11,4% per la Svezia (12,4 milioni di euro) e -31,2% per la Norvegia (5,3 milioni di euro). Infine, i mercati asiatici, usciti, per primi, vincitori dalla guerra alla pandemia. In realtà, i numeri non sono così gratificanti per il vino italiano, che torna a crescere in Cina, ma solo del +5.9%, a 7,2 milioni di euro. Il Giappone perde al contrario il 32,3%, fermandosi a 8,8 milioni di euro, bene la Corea del Sud, che a gennaio 2021 segna il +40% (3,5 milioni di euro), mentre sul ricco mercato di Hong Kong l’inizio è lento (-15,4%), con 1,1 milioni di euro.
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Giacenze di cantina, lo stato dell’arte
56 milioni di ettolitri di vino (il 3,6% in più del 2020, ed il -5,7% su febbraio 2021, ndr): ecco i numeri delle giacenze nelle cantine d’Italia al 31 marzo 2021, secondo i dati del Registro Telematico riportati dall’Icqrf (Repressione Frodi). Dati che sono raffrontati con quelli di un periodo ancora sostanzialmente pre-pandemia, a cui vanno aggiunti 5,6 milioni di ettolitri di mosti (-5,5%). Come sempre emerge la concentrazione del vino italiano. Le prime 5 Regioni mettono insieme 36,4 milioni di ettolitri, Veneto in testa (13,6 milioni di ettolitri), davanti ad Emilia Romagna (6,9), Toscana (5,8), Puglia (5,7) e Piemonte 4,4). Stessa cosa a livello di Doc e Igp: se in tutto sono 526 quelle italiane, le prime 20 rappresentano il 56,6% del totale. Con il Prosecco Doc che, da solo, vale il 9% del vino a denominazione in giacenza nelle cantine del Belpaese.
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Focus
L’online, ancora di salvezza che fa lievitare i costi
Da qualche parte - in Israele e Gran Bretagna ad esempio - si allenta la morsa della pandemia, ma chissà quanto tempo ci vorrà per tornare a guardarsi con gli occhi di prima. Inutile prendersi in giro: il Covid ha cambiato tante cose, e non tutto tornerà com’era. Prendiamo i consumi, a partire dagli acquisti di vino: uno degli effetti più evidenti ed immediati della chiusura del canale on premise è stato il dirottamento di una buona fetta della spesa al canale online. E questo ha comportato un rapido allineamento anche dei piccoli player. Lo abbiamo visto in Italia, con le cantine, anche piccole, costrette ad accelerare i tempi di una digitalizzazione spesso in ritardo, per proporre così un proprio e-shop. Stessa strada che hanno percorso le enoteche e le piccole rivendite, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, a partire dalla Gran Bretagna, da dove arriva una giusta analisi di “Wine Intelligence”, che si è focalizzata su quelli che sono stati i costi di una transizione tutt’altro che economica, specie con il ritorno alla normalità alle porte. Dover creare un canale tutto nuovo come l’online, e farlo vivere accanto alla vendita tradizionale, ha un costo importante, ma è il modello di vendita “omnicanale”, ossia il futuro della vendita al dettaglio, che richiede molto più lavoro, e quindi costi operativi più elevati.
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Cronaca
Renzo Rosso, dal capitale al Cda di Masi
Non è solo un investimento finanziario, quello di Renzo Rosso nella griffe Masi Agricola, ma un impegno in prima persona. Perché il patron di Diesel e della holding della moda Otb (Only The Brave, 1,3 miliardi di euro di fatturato, ndr), che, con la sua Red Circle Investiments, è salito al 7,5% della quota societaria (l’azienda è saldamente in mano a Sandro, Bruno e Mario Boscaini, che detengono il 73,48%), siederà in prima persona nel CdA (insieme al manager Lorenzo Tersi). A ratificarlo l’assemblea degli azionisti di Masi del 23 aprile 2021.
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Wine & Food
Rapporto qualità-prezzo, il vino italiano al top secondo la rivista tedesca Falstaff
In Germania forse più che altrove, per il vino, il rapporto qualità prezzo è determinante. Ed è una buona notizia, dunque, la performance del Belpaese nella “Top 100 preis-leistungs weine”, la classifica dei “best buy” di Falstaff (il cui caporedattore dall’Italia è Othmar Kiem). Tante le cantine italiane selezionate: da Rivera a Guerrieri Rizzardi, da Schenk Italian Wineries a Badia di Morrona, da Castello Monaci del Gruppo Italiano Vini - Giv a Torrevento, da Zenato a Cantine Coppi, da Feudo Maccari a Lungarotti, da Sella & Mosca (Gruppo Terra Moretti) ad Adalia, da Speri a Tenuta Sant’ Antonio, da Castello di Volpaia a Pieropan, da Ca’ Rugate ad Ansitz Waldgries, da Tenute Lunelli a Girlan, da Principe Corsini a Selvapiana, da Oliviero Toscani a Riecine, da Cacchiano a Elena Walch, da San Felice a Tüzkö Estate, la cantina ungherese della Marchesi Antinori.
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Paolo Basso: “i sommelier devono diventare wine manager. Il vino è passione e fatturato”
A WineNews uno dei più celebri sommelier del mondo, ma anche produttore e docente. “Il vino può valere dal 20% al 50% del fatturato di un ristorante, non si può lasciare spazio all’improvvisazione. Ma da questo punto di vista la formazione è indietro di 20 anni. Il vino è sempre più importante per chi va al ristorante, che non cerca solo cibo, ma ospitalità e benessere. Gestire una cantina vuol dire farla rendere, perché il vino non dura in eterno, e se non si vende si distrugge valore”.
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