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WineNews
N. 3.367 - ore 17:00 - Venerdì 4 Marzo 2022 - Tiratura: 31.116 enonauti,
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La News
Pernod Ricard investe in Provenza
Dopo i rumors dei giorni scorsi, arriva la conferma: “Pernod Ricard e la famiglia Fayard annunciano la firma di un accordo per l’acquisizione da parte di Pernod Ricard di una quota di maggioranza di Château Sainte Marguerite, Cru Classé Côtes-de-Provence rosé dal 1955”. Ad annunciarlo una nota del colosso francese del beverage, che già possiede realtà enoiche come i brand di Champagne Mumm e Perrier Jouet, Campo Viejo in Spagna, nella Rioja, Jacob’s Creek, in Australia, Kenwood, in California, o Brancott Estate, in Nuova Zelanda, tra gli altri (oltre a tanti top brand degli spirits come Martell, Havana Club, Ballantine’s e Chivas). 
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Primo Piano
Castiglion del Bosco, un affare epocale (da stime WineNews tra 300 e 400 milioni di euro)
È un affare epocale, quello che ha visto Castiglion del Bosco, perla di bellezza assoluta a Montalcino, con una doppia anima divisa tra la produzione di un grande vino, il Brunello, ed hospitality di altissimo livello, passare dalla proprietà di Chiara e Massimo Ferragamo, a quella di un “family office” mondiale che, da quanto risulta a WineNews (che ieri ha anticipato la notizia, ndr), sarebbe formato da famiglie di imprenditori di diversi continenti. Niente investitori russi, né il colosso del lusso francese Lvhm, dunque, che rumors davano a far shopping sul territorio di Montalcino, ma comunque un affare che passerà alla storia, e che, probabilmente, è tra i passaggi di “terra” a più alto valore aggiunto, con una stima WineNews tra i 300 ed i 400 milioni di euro. Per una tenuta, o meglio un borgo, di 2.000 ettari, di cui 62 ettari di vigna (e 60 ettari a Brunello di Montalcino, con una produzione di 250.000 bottiglie del famoso rosso di Toscana) e 400 ettari a seminativo, oltre al Rosewood Castiglion del Bosco, un resort 5 stelle lusso, con 42 suite, 11 ville con piscina privata, Spa e 2 ristoranti, e “The Club”, l’unico golf Club privato in Italia con 18 buche. Tutto restaurato, recuperato e valorizzato in ogni dettaglio, dal 2003, dal gusto e dalla raffinatezza di Chiara e Massimo Ferragamo, che resteranno legati all’azienda (con ruoli che saranno ridefiniti nei prossimi giorni). Così come lo resterà il management, a partire dal Ceo, Simone Pallesi, a testimonianza del fatto che non si tratta di un investimento speculativo, ma di impresa, per quello che viene definito un “trophy asset”, ovvero un complesso immobiliare non solo di assoluto pregio, ma unico, al punto che il suo valore non è valutabile solo con i parametri classici delle stime immobiliari e di impresa. Perchè il progetto di Castiglion del Bosco, partito dalla cantina e dal vino, è stato arricchito nel tempo, con investimenti importantissimi, da Chiara e Massimo Ferragamo, che lo hanno fatto diventare un punto di riferimento dell’ospitalità di livello mondiale. Tanto da essere gestito (e così continuerà ad essere), non per la parte agricola, ma per quella hospitality, dal gruppo Rosewood, colosso dell’hotellerie di lusso (con tante altre realtà nel mondo, da Venezia a Roma, da Vienna a Londra, da New York a Doha, da Abu Dabi a Pechino, solo per citarne alcune).
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SMS
Parma e lo Champagne
Dai Farnese nel Rinascimento, ai Borbone nel secolo dei Lumi, quando la città contava il più alto numero di abbonati all’“Encyclopédie di Diderot e d’Alembert” dopo Parigi, fino all’Imperatrice Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone, dal suo passato di Ducato splendido come la Reggia di Colorno, la “piccola Versailles”, ad oggi, Parma conserva con la Francia un “fil rouge” secolare. A rinnovarlo, è il gemellaggio enogastronomico tra Parma ed Epernay, tra la capitale della Food Valley italiana e quella della Champagne, “di scena” stasera con una cena di grandi chef italiani e francesi, tra cui lo stellato Salvatore Morello e Marco Fadiga, Dom Pérignon executive chef, al Teatro Regio a Parma, in cui Prosciutto di Parma, Parmigiano e Culatello di Zibello sposano gli Champagne di Maison come Dom Pérignon, De Venoge, Henri Giraud, Henriot e Moutard.
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Focus
Agricoltura biologica, il vino come modello
Viticoltura e vino bio made in Italy sono la “volpe” che corre davanti a tutta l’agricoltura bio italiana e non solo per primato di superficie (19% sul totale della viticoltura nazionale), di produzione e di esportazione, ma per la sinergia espressa dai vini a marchio europeo tra l’identità territoriale e il metodo di produzione rispettoso dell’ambiente. Solo negli ultimi tre anni il vino bio ha riscosso un interesse molto forte quanto inaspettato, anche per la crescente sensibilità dei consumatori rispetto alla sostenibilità. Nei giorni in cui in Italia è arrivato il via libera definitivo al Senato alla legge sul Biologico, se ne è discusso a Fieragricola a Verona. E se come sottolineato da Angelo Frascarelli, economista dell’Università di Perugia, c’è anche il rischio che il marchio bio diventi una sorta di “commodity”, la corsa al biologico è soprattutto un’opportunità per ambiente e mercato. Come ha ricordato Roberto Zanoni, presidente Assobio, l’Italia è il primo produttore ed esportatore di vino bio. Ma resta il nodo burocrazia, come sottolineato da Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio (e produttrice di vino in Toscana, nel Valdarno, ndr): “bisogna lavorare su ricerca e innovazione. Ma per il settore viticolo tra certificazioni per la denominazione e per il bio i costi burocratici diretti e indiretti sono davvero troppi”.
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Cronaca
La nuova “MasterChef” d’Italia
Sogno o son desta? Tracy Eboigbodin, 28 anni di Verona, è la nuova “MasterChef” d’Italia, da cameriera a “chissà se” nel suo futuro ci sarà il difficile mestiere di cuoca, o sceglierà una delle tante professioni wine & food. Intanto, la miglior chef amatoriale d’Italia, vincitrice della finalissima dell’edizione n. 11, è già una star per i milioni di appassionati che ancor una volta il più popolare talent show culinario di Sky con gli chef-giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli, ha tenuto incollati alla tv.
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Wine & Food
Dal mondo del vino a quello della cooperazione: la corsa alla solidarietà al popolo ucraino
La guerra continua a divampare nelle città ucraine, e ormai i profughi in fuga dal Paese verso i vicini occidentali superano i 660.000. Ad accoglierli alla frontiera, con un pasto caldo, i volontari della World Central Kitchen, l’associazione dello chef spagnolo José Andres. Sul fronte enoico, dopo l’iniziativa di “Primum Familiae Vini”, che ha donato 25.000 euro al Comitato Internazionale della Croce Rossa, il Console ucraino a Bordeaux, Laurent Fortin, che di lavoro fa il direttore generale di Château Dauzac, chiama a raccolta il mondo del vino francese: “Avremo bisogno di fondi per inviare medicinali e vestiti in Ucraina. È inverno lì!”. In Italia, Coop promuove la campagna di raccolta fondi #coopforucraina (obiettivo 1 milione di euro), e Coldiretti la Spesa sospesa per l’Ucraina con Campagna Amica. 
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WineNews.tv
Il ritorno della ristorazione tra i canali privilegiati del consumo di vino di qualità
A WineNews, Denis Pantini (Wine Monitor Nomisma), nella ricerca per Istituto Grandi Marchi: “più difficoltà per i bar e la mescita nelle enoteche. “Il fatturato della ristorazione ha segnato nel 2021 il -20% sul 2019, ed anche il vino ne ha sofferto. Dopo due anni, i consumi fuori casi sono pronti a tornare a correre, e ne beneficeranno anche le cantine più piccole. Il wine lover italiano, comunque, non ha mai smesso di bere vino, ha solo cambiato canale, seguendo sempre una crescita della qualità, che ha portato anche la Gdo a puntare su bottiglie importanti”.
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