Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 2.579 - ore 17:00 - Giovedì 24 Gennaio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
Prima o poi sarà primo consumatore del mondo, ma intanto, la Cina, si scopre produttrice di vini di lusso, e di territorio. Esempio del primo caso è Ao Yun, vino firmato da Lvmh, da vigneti tra i 2.200 ed i 2.600 metri di altitudine (lʼannata 2014, la seconda, sarà presentata anche in Italia il 5 febbraio, a Milano), tra Adong, Xidang, Sinong e Shuori, alle pendici della montagna sacra Meili, che nasce da 314 sezioni di vigne dislocate su una superficie di appena 27,7 ettari, dove il team di Ao Yun lavora fianco a fianco con 120 famiglie tibetane. Sul secondo aspetto lavora, invece, il gigante GreatWall Winery, cantina “di Stato”, con 9 tenute i diversi territori “da valorizzare”. |
|
|
|
|
Tra il clima che cambia, la necessità di ridurre trattamenti in vigna, e di garantire anche la sopravvivenza stessa delle viti, la viticoltura, italiana e non solo, si trova sempre più spesso a dibattere sull’utilizzo o meno di tecnologie e genetica per guardare al futuro. Tema al centro del Forum vitivinicolo italiano, organizzato da Cia-Agricoltori Italiani, ieri a Firenze. “I recenti approcci agronomici - ha spiegato Riccardo Velasco, direttore del Centro di Viticoltura ed Enologia del CREA - possono diminuire il numero di trattamenti, e già da una decina di anni processi di miglioramento genetico della vite sono presenti in alcune Regioni italiane. Accanto a questo, si inseriscono nuove opportunità come il genome editing”. Michele Morgante, docente di genetica presso l'Università degli Studi di Udine ha evidenziando la situazione dei vitigni così come la conosciamo oggi: “la vite è la specie botanica che ha goduto meno dello sviluppo tecnologico. Ha un problema di sostenibilità ambientale, avendo fatto poco uso di genetica ha usato massivamente la chimica. Sono stati i prodotti chimici ad aiutare la sopravvivenza contro i nemici. Inoltre, al di là delle varietà nuove che sono state registrate, sarebbe possibile rendere i vigneti esistenti resistenti, tramite la cisgenesi. Dobbiamo prendere decisioni logiche e non ideologiche. Oggi le difficoltà sono legate più a questioni normative - spiega a WineNews - che scientifiche”. A sottolineare le difficoltà dell’apparato normativo, tra questioni ideologiche ma anche tecniche, nello stare al passo con i tempi con il progresso scientifico, è stato Antonio Rossi, responsabile del Servizio Normativo Giuridico dell’Unione Italiana Vini, invitando anche ad un rapporto più virtuoso tra mondo della ricerca ed Unione Europea. Che però, come ha sottolineato João Onofre, a capo dell’unità Wine, Spirits and Horticultural products della Commissione Agricoltura Ue, non riesce a trovare la quadra con i singoli Paesi: “l’utilizzo dei vitigni resistenti permette una protezione per l’ambiente ed un’economia per i produttori. Non capiamo le resistenze, la Commissione non obbliga ma dà la possibilità di utilizzare questi vitigni. Non è Bruxelles che impedisce questo, sono le posizioni degli stati membri, Italia in primis”. |
|
|
|
|
L’Asia, Cina in testa, ma anche l’Est Europa, con mercati come Repubblica Ceca e Polonia: sono queste le aree che nel prossimo futuro guideranno la crescita del business del vino. Che, senza ovviamente tralasciare i grandi mercati storici, passerà anche per lo sviluppo di Paesi oggi piccolissimi nei numeri, se si parla di consumi enoici, come Vietnam, Singapore, Taiwan, ma anche la gigantesca India. Così il ProWein Business Report 2018, diffuso a Roma, al Cavalieri Hilton, “casa” della Fondazione Italiana Sommelier, nella presentazione di ProWein 2019, a Dusseldorf dal 17 al 19 marzo. Un’edizione di particolare significato per una delle più importanti fiere del vino mondiale, che celebra i 25 anni con in vista il traguardo dei 7.000 espositori, con la maggior parte che, come accade da anni, arriveranno proprio dall’Italia. |
|
|
|
|
|
Contrordine compagni: le dogane cinesi hanno rivisto i dati sulle importazioni di vino 2018, e la notizia confortante è che lʼItalia non solo non è in territorio negativo, ma è anche la migliore, in termini di crescita dei valori, dei Paesi Ue. A comunicarlo lʼIce di Pechino, che sottolinea comunque come “resta la preoccupazione per un rallentamento generale della domanda cinese registrato nellʼultimo trimestre dellʼanno, anche quale effetto indiretto della guerra commerciale in corso con gli Stati Uniti”. In ogni caso, il dato che emerge è che il Belpaese ha chiuso con una crescita del 4,6% in valore sul 2017, a quota 168 milioni di dollari. Ma resta, comunque, il quinto Paese fornitore. In testa cʼè, saldamente, la Francia, che nonostante una perdita del -3,12%, chiude a 1,06 miliardi di dollari in valore, lontana dallʼAustralia, secondo fornitore, che però cresce del 7,3%, a 782 milioni di dollari, così come il Cile, terzo, che fa +14,5%, a 376 milioni di dollari. Crolla la Spagna, quarto fornitore, appena davanti allʼItalia, con 169 milioni di dollari, a -12,6%. Risultati, comunque, per tutti deludenti, dopo un primo semestre 2018 che faceva sognare, con tutti i Paesi in crescita, dal +9% della Spagna al +40% dellʼAustralia, passando per il +13,5% della Francia, il +22,3% del Cile ed il +25,4% dellʼItalia. |
|
|
|
|
|
I vini di Langhe e Roero protagonisti nel calice di critica e trade del mondo: è partita in queste ore la “mini-maratona” di degustazioni di scena ad Alba, prima con Nebbiolo Prima (24-27 gennaio), con l’assaggio di Barolo Docg 2015 e Riserva 2013, Barbaresco Docg 2016 e Riserva 2014 e Roero Docg 2016 e Riserva 2015, che proseguirà poi con Grandi Langhe (28-29 gennaio). Tra i vigneti più preziosi d’Italia, dove il valore di un ettaro a Barolo, da stime WineNews, parte da 1,2 milioni di euro, per arrivare a 2,5 nei cru più importanti. |
|
|
|
|
Gragnano è ufficialmente “Città della Pasta”: il Consorzio che riunisce i 14 produttori della famosa pasta di Gragnano diventa adesso un Consorzio di Tutela a tutti gli effetti, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 2019, a preservare la produzione di 3.500 quintali di pasta Igp al giorno, di cui il 75% almeno finisce oltre i confini nazionali. Con il riconoscimento a Igp nel 2013, mancava solo questo step per poter riconoscere al prodotto e ai produttori tutto il merito, conferendo loro però anche il difficile ma importante compito di difendere l’originalità e la qualità, contro i falsi, presenti soprattutto nei mercati esteri. Nonostante ciò, il Consorzio di Gragnano ha registrato nel biennio 2016/2017 un balzo del 7,2% nelle vendite in termini di valore. |
|
|
|
|
|
Sono gli alfieri del vino italiano nel mondo, con una propensione all’export che a volte supera il 70%, tanto che nel Belpaese, ormai, sono in pochi ad aprire bottiglie importanti. Un segnale da analizzare e capire, con i produttori di due territori simbolo come Montalcino e le Langhe. A WineNews Francesco Ripaccioli (Canalicchio di Sopra), Alfio Cavallotto (Cantina Cavallotto), Silvano Tarducci (Azienda Agricola Padelletti), Elena Bonelli (Ettore Germano), Santiago Marone Cinzano (Col d’Orcia) e Elena Mascarello (Giuseppe Mascarello e Figlio). |
|
|
|
|