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WineNews
N. 3.553 - ore 17:00 - Martedì 22 Novembre 2022 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
L’uva di San Martino, tra storia e futuro
In un mondo che cambia in fretta, anche la viticoltura si è messa alle spalle pratiche e prassi consolidate, finite ormai nel dimenticatoio. Come la raccolta di quella che veniva chiamata “uva di San Martino”, ossia la produzione secondaria legata alle femminelle, tra ottobre e novembre. Non è così raro che a vendemmia ormai conclusa, e con la vite spoglia, appaia qualche piccolo grappolo, che raramente raggiunge livelli di alcol e zuccheri sufficienti da rendere sostenibile - qualitativamente ed economicamente - una seconda vendemmia. Una tradizione persa - raccontata da Attilio Scienza e Leonardo Valenti - ma che torna a stuzzicare la curiosità.
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Primo Piano
La “Dop Economy” italiana cresce ancora: 19,1 miliardi di euro alla produzione (+16,1%) nel 2021
Un calice di Prosecco, una scaglia di Parmigiano Reggiano, una fetta di Prosciutto di Parma, un pezzo di Mozzarella di Bufala Campana. Quello che raccontato così sembra un classico aperitivo, in realtà, è la rappresentazione nel calice e nel piatto delle Dop e Igp più “preziose d’Italia”, summa di quella “Dop Economy” che, nel 2021, ha toccato un valore alla produzione di 19,1 miliardi di euro (+16,1% sul 2020), un export di 10,7 miliardi di euro (+12,8%), con un peso del 21% sul valore totale dell’agroalimentare Italiano. Grazie al cibo, che vale 8 miliardi di euro, con 319 prodotti Dop e Igp, e soprattutto al vino, che ne vale oltre 11, con 526, che portano il totale a 845, quasi il doppio sulle 445 del Duemila. Una ricchezza diffusa, in termini di storia, gusta, cultura, biodiversità ed economica, con ricadute su tutte le Regioni, tutte le Province e su quasi tutti i 7.904 Comuni italiani. A livello regionale, guida il Veneto, con 4,8 miliardi di euro (quasi tutti imputabili al vino), davanti ad Emilia Romagna (3,6 miliardi di euro) e Lombardia (2,1), anche se la Regione in cui Dop e Igp pesano di più sul valore totale del settore agroalimentare è il Friuli Venezia Giulia, dove i prodotti certificati valgono 1,1 miliardi di euro, il 63% del totale regionale. Ecco gli atout del Rapporto Ismea-Qualivita n. 20, presentato oggi a Roma. Da cui emerge un quadro che delinea una grande forza propulsiva da parte delle filiere dei prodotti Dop e Igp, da sempre espressione di un patrimonio economico per sua natura non delocalizzabile, frutto del lavoro coeso di un sistema complesso e organizzato che, in tutto il territorio nazionale, coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero. Sul fronte vino, tra le denominazioni, per valore alla produzione, domina il mondo Prosecco, con la Doc a 887 milioni di euro, e il Conegliano Valdobbiadene Docg a 187, davanti alla Doc delle Venezie, con 154. Seguono l’Asti Dop con 145 milioni di euro, l’Igp Puglia con 123, l’Amarone della Valpolicella Docg con 123, il Valpolicella Ripasso Docg con 99, il Chianti Docg con 95, il Barolo con 92 e la Docg Alto Adige con 80. Seguiti ancora dal Chianti Classico Docg a 77 milioni di euro, dal Brunello di Montalcino Docg con 74, dalla Doc Sicilia con 71, dalla Igp Emilia con 65 milioni di euro, e dall’Igt Veneto con 64.
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Liv-ex, brilla (solo) lo Champagne
Dei principali indici del mercato secondario dei fine wine, ad ottobre 2022, si salva solo il Liv-ex Fine Wine 1000, che cresce di un +0,2%, mentre il Fine Wine 100 ed il Fine Wine 50 lasciano sul terreno, rispettivamente, lo 0,5% e lo 0,7%. Una crescita limitata, a ben guardare, ad un solo sotto indice, lo Champagne 50, che segna il +2,1%, e si conferma per il quinto mese consecutivo il più performante dei sette sotto indici del Fine Wine 1000. Guardando alle quote di mercato, ottobre incorona Bordeaux, che ha rappresentato il 38,1% degli investimenti, seguito da Borgogna (22,6%), Champagne (18,1%), Toscana (6,7%), Piemonte (4,1%), Usa (3,7%) e Rodano (2,8%). A due mesi dalla fine del 2022, l’anno sembra già avere un “vincitore”: il Cristal di Louis Roederer, da inizio anno è la seconda etichetta più scambiata per valore.
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Focus
“The Enthusiast 100”: Barolo, Brunello e Franciacorta al top
É un Barolo, testimone di una delle denominazioni più nobili e prestigiose dell’enologia del Belpaese, ad aggiudicarsi il titolo di miglior vino italiano del 2022 per il celebre magazine Usa “Wine Enthusiast”, che, dopo il primo classificato, l’australiano Giant Steps Applejack Vineyard Pinot Noir 2020, piazza al n. 2, il Barolo Monvigliero Comm. G.B. Burlotto 2018, con un rating di 98 punti. Ma nella classifica troviamo anche, al n. 13, un altro territorio simbolo dell’eccellenza italiana, con il Brunello di Montalcino Salvioni 2017, mentre al n. 14 si piazza il Franciacorta Ca’ del Bosco Annamaria Clementi Extra Brut Rosé Riserva 2011, alfiere di una delle cantine che ha costruito il successo del territorio. Nella classifica “The Enthusiast 100”, una delle più seguite del mondo, sono presenti 16 vini italiani (erano 18 lo scorso anno): il nostro Paese si colloca al secondo posto come numero totale di etichette presenti, a testimonianza dell’altissimo livello qualitativo della nostra produzione, preceduto dagli Stati Uniti con 29, e davanti a Francia e Spagna con 8 vini ciascuna. A firmarle, oltre a Burlotto, Salvioni e Ca’ del Bosco, cantine come G. D. Vajra, Pio Cesare, Ferrari, Figli Luigi Oddero, Paltrinieri, Fonterenza, Castello di Neive, Rotari, Ferghettina, Cocchi, Frescobaldi - Tenuta Perano, Nicosia e Torricino.
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Cronaca
Dom Pérignon-Lady Gaga, questione di brand
Costruire un top brand e farlo rimanere tale, richiede investimenti e partnership di altissimo livello. Come quella, ormai consolidata, tra Dom Pérignon e Lady Gaga, super star di livello mondiale, scesa in campo in prima persona, nei giorni scorsi a Los Angeles, per presenetare il Dom Pérignon Rosé Vintage 2008 Lady Gaga Limited Edition. Insieme a lei lo chef de cave di Dom Pérignon, Vincent Chaperon, che ha accolto personalità del calibro di Billy Porter, Cindy Bruna, Maurizio Cattelan, Stefano Seletti, Paco Leon, Shaun Ross, Harley-Viera Newton e molti altri.
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Wine & Food
Altissime ma stabili le quotazioni del tartufo: da 3.000 a 5.500 euro/kg. Il picco a Natale
Ora che le mostre-mercato più importanti e storiche stanno per chiudere o lo sono già, le quotazioni del tartufo bianco restano stabili se non in leggero calo, ma sono comunque altissime: si parte da 3.000 euro e si arriva fino a 5.500 euro/kg a seconda delle pezzature. È il “borsino” WineNews dai territori più vocati d’Italia, da Alba, dove la qualità è ottima e i prezzi sono sui 5.000 euro/kg con la “Fiera Internazionale del Tartufo Bianco” n. 92 che prosegue fino al 4 dicembre, alle Crete Senesi, dove invece la “Mostra Mercato del Tartufo Bianco” n. 36 ha chiuso nel weekend con esemplari venduti da 3.700 a 5.500 euro/kg, e da Acqualagna ad Umbria, Abruzzo e Molise. Ma tutte le quotazioni sono destinate a risalire a Natale (anche oltre i 6.000 euro/kg registrati in apertura delle fiere), quando la richiesta già altissima dei gourmet sarà al picco. 
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Consorzio Vini di Romagna
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Mbe Fieramente
WineNews.tv
“In Finanziaria misure per tradurre in atti concreti i principi della sovranità alimentare”
A WineNews Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare. “Difendere e valorizzare i prodotti tipici italiani, elemento di forza nella competizione economica globale, investendo sulla qualità. Cercheremo, anche in Finanziaria, di tradurre in atti concreti i principi della sovranità alimentare, con un fondo che ci renda indipendenti dalle influenze esterne. Altro elemento sarà la ricerca, e poi c’è un intervento da 500 milioni di euro in favore delle fasce più deboli. Il nostro sarà un approccio interministeriale ai problemi, anche in agricoltura”.
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