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N. 4.376 - ore 17:00 - Lunedì 29 Dicembre 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | “Tre, due, uno. Buon anno!”. Al pronunciare di queste parole nella notte di San Silvestro salteranno 1,3 milioni di tappi, soprattutto di bollicine italiane. Nel 73,6% dei ristoranti in cui gli italiani festeggeranno l’arrivo del nuovo anno, infatti, lo spumante sarà il vino di punta per il tradizionale brindisi di mezzanotte, con un 23,4% degli esercizi che fornirà anche bollicine francesi e solo nel 3,1% dei locali si brinderà esclusivamente con Champagne. Sono i numeri di un’indagine realizzata da Fipe-Confcommercio con focus sulla notte di Capodanno. 4,6 milioni di persone festeggeranno al ristorante per una spesa complessiva di 439 milioni di euro. | |
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| | Almeno per una parte del mondo del vino italiano, la fine dell’anno porta buone notizie, peraltro attese da tempo. Perché, dalle prossime settimane, sarà realmente possibile produrre anche in Italia i vini no e low alcol, segmento che a livello mondiale vale già 2,4 miliardi di dollari, ed è destinato a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028. È arrivata, infatti, in queste ore la firma del decreto interministeriale (tra Ministero dell’Economia e delle Finanze e Ministero dell’Agricoltura) in materia di regime fiscale per le accise nell’ambito della produzione del vino dealcolato. “Con questo decreto diamo al settore vitivinicolo un quadro normativo chiaro per poter produrre i vini dealcolati e offrire, così, nuove opportunità alle imprese del settore. Il Ministero dell’Agricoltura è al fianco dei produttori e lo dimostrano gli interventi fatti nell’ultimo anno. Oggi definiamo il regime fiscale per le accise nella produzione di vino dealcolato. Sono certo che i nostri produttori sapranno raggiungere posizioni di eccellenza anche in questo settore”. A dirlo il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, in una nota che sottolinea come, “con questo intervento si consente ai soggetti, esercenti depositi fiscali di prodotti alcolici intermedi e di vino, di effettuare, a certe condizioni ed entro determinati limiti quantitativi, i processi di dealcolazione del vino”. Il decreto, spiega il Ministero, introduce specifiche definizioni distinguendo i soggetti a seconda delle quantità prodotte (superiori o inferiori ai 1.000 ettolitri annui). E regola “il rilascio del titolo autorizzatorio per la produzione e conservazione del prodotto, contempla adempimenti amministrativi e regole di circolazione del prodotto stesso e limita ogni attività accessoria supplementare rispetto alla produzione del prodotto dealcolato”. “Una bella notizia di fine anno dopo un 2025 travagliato per il settore sul fronte del mercato”, commenta dal canto suo il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti. Che aggiunge: “sono sempre di più le imprese italiane pronte a investire sulla categoria dei dealcolati, e questo provvedimento rappresenta una svolta per operare in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei”. | |
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| | Meno volumi, ma più marginalità, grazie ad una accurata organizzazione aziendale e ad investimenti in innovazione, tecnologia e bioenergia: è decisamente positivo il bilancio di esercizio (chiuso ad agosto 2025) del Gruppo Caviro, gigante dalla cooperazione romagnola ed italiana (guidato dal presidente Carlo Dalmonte e dal dg Giampaolo Bassetti) che mette insieme 11.500 viticoltori e oltre 34.000 ettari di vigneti in 8 regioni del Belpaese, e che racconta di ricavi consolidati a quota 351 milioni di euro, con un risultato netto di 2,3 milioni di euro (più che raddoppiato rispetto agli 1,1 del 2024), un ebitda di 29 milioni di euro (8,3% sui ricavi). Con la consapevolezza, però, che il futuro è difficile: “il calo strutturale dei consumi a livello mondiale è un fenomeno complesso, che non può più essere affrontato esclusivamente attraverso la ricerca di nuovi mercati”. | |
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| | | Diversi lotti battuti poco sopra le stime minime di aggiudicazione, con qualche eccezione al rialzo, ma, comunque, un incasso significativo, poco oltre le 147.000 sterline: è il risultato messo a segno dall’asta organizzata dall’Institute of Masters of Wine e battuta on line da Sotheby’s, per raccogliere fondi per l’istituto inglese. Top lot assoluto, tra quelli aggiudicati, quello dedicato allo Champagne (con magnum de La Grande Année Brut 2015 di Bollinger e cena privata a tema a L’Abeille a New York), battuto per 13.500 sterline, mentre tra gli “italiani”, il top è stata la Jeroboam (3 litri) di Brunello di Montalcino Riserva 2016 della Tenuta Greppo Biondi-Santi, aggiudicata a 3.750 sterline (oltre la stima più alta di 3.000 sterline), così come il lotto formato da 1 magnum di Ornellaia 2013, uno dei gioielli di Bolgheri, del Gruppo Frescobaldi, con una visita privata e un pranzo nella tenuta per 6 persone, mentre 3.000 sterline sono state battute per il lotto con vini ed esperienza nelle tenute Ceretto, e 2.000 per lo stesso “concept”, firmato Bellavista. Bene i lotti firmati da Tenuta San Leonardo, Ferrari Trento, Frescobaldi Gorgona, Castello di Fonterutoli, Isole e Olena, Terlano, Arillo in Terra Bianca e Mosnel. | |
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| | | Unire i capolavori dell’arte ai grandi vini: un biglietto da visita unico che offre l’Italia, e che sembra concretizzarsi sempre più spesso. Come a Siena, città d’arte, del Palio e del vino, che torna ad aprire le porte dei suoi palazzi tra le vie medievali ed i musei con le opere degli artisti senesi, a “Wine & Siena” 2026 (31 gennaio-2 febbraio), edizione n. 11 dell’evento con le eccellenze enogastronomiche premiate da “The WineHunter Award” e Helmuth Köcher, patron Merano WineFestival, raccontate con Confcommercio Siena. | |
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| | Possiamo definire “italiana” un’esperienza gastronomica basata sulla diversità e sull’ibridazione culturale? Quale valore identitario riconoscere a ingredienti o ricette o modalità di preparazione che la nostra cucina ha mutuato da altre culture? O, viceversa, alle esperienze italiane assorbite da altre culture? Seguendo il filo di queste e altre domande, Massimo Montanari e Pier Luigi Petrillo, che hanno coordinato la redazione del dossier di candidatura della cucina italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità - il cui riconoscimento ufficiale è arrivato il 10 dicembre - nel libro “Tutti a tavola” (Editori Laterza, 113 pagine, 15 euro), ne chiariscono il senso più profondo. La cucina del Belpaese è una realtà profondamente incorporata nella cultura e nel sentire quotidiano, non solo nelle sue espressioni più alte ma anche nella normalità delle pratiche comuni. | |
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| | | Le parole chiave del 2026 secondo alcuni dei vertici delle 24 cantine del Consorzio Italia del Vino, che mettono insieme il 15% dell’export nazionale. Le riflessioni (e gli auguri per il settore) di Roberta Corrà (Gruppo Italiano Vini - Giv), Rodolfo Maralli (Banfi), Alberto Lusini (Angelini Wines & Estates), Federico Veronesi (Oniwines), Andrea Conzonato (Herita Marzotto Wine Estates), Valentina Abbona (Marchesi di Barolo), Diego Bosoni (Cantine Lvnae), Massimo Furlan (Le Monde) e Alessandro Medici (Medici Ermete & Figli). | |
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