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WineNews
N. 3.314 - ore 17:00 - Lunedì 20 Dicembre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti,
opinion leader e professionisti del vino
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La News
Francia, crolla il numero delle cantine
La Francia, secondo l’ultimo censimento del Ministero dell’Agricoltura (dati 2020), conta sul proprio territorio nazionale 59.000 aziende vinicole, ossia 11.000 in meno rispetto al 2010, che si traduce in un calo del numero di vigneron e viticoltori del 16%. In Nuova Aquitania (la Regione con Bordeaux capoluogo) sono sparite, in dieci anni, 3.100 aziende, crollate a quota 10.400. Di pari passo, ovviamente, cresce la dimensione media aziendale delle aziende del vino, che in 10 anni guadagna 3 ettari, arrivando a 19 ettari (+19%). Restando sull’esempio della Nuova Aquitania, la superficie vitata media è cresciuta ancora di più, di 9 ettari, passando a 37 ettari ad azienda.
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Primo Piano
Il Veneto si conferma locomotiva dell’export del vino italiano. Piemonte e Toscana sul podio
L’Italia del vino, che nei primi 9 mesi 2021 ha esportato 5,13 miliardi di euro di vino (+15% sul 2020), ha una sua locomotiva, il Veneto. E non è certo un caso, visto l'enorme successo che, da oltre un decennio a questa parte, accompagna il sistema Prosecco, diventata la bollicina più bevuta al mondo. Un exploit che, in maniera diversa, riguarda anche la Valpolicella, con il risultato che, secondo i dati Istat, tra gennaio e settembre 2021, i vini veneti hanno toccato il valore di 1,78 miliardi di euro di spedizioni, in crescita del 13,1% sullo stesso periodo del 2020, ossia il 34,7% del totale, più di una bottiglia su tre. Al secondo posto il Piemonte, con un fatturato estero di 884 milioni di euro (+18,3%) ed una quota di mercato del 17,2%, seguito dalla Toscana, che cresce del 20%, arrivando a 815 milioni di euro ed una quota del 15,9%. Le tre Regioni leader della viticoltura del Belpaese (sia sa un punto di visto produttivo che commerciale ed economico), insieme, valgono quindi il 67,8% di tutte le esportazioni, mentre ai piedi del podio si piazza il Trentino-Alto Adige, forte della vicinanza con Austria e Germania, mete di elezione delle proprie produzioni enoiche, che cresce meno delle altre big (+8% nei primi 9n mesi 2021), arrivando comunque a 454 milioni di euro, ossia l’8,8% delle spedizioni. La quinta Regione che esporta più vino all’estero è l’Emilia Romagna (295 milioni di euro, +16,5% sui primi nove mesi 2020), con una quota di mercato del 5,7%, seguita dalla Lombardia (200 milioni di euro, +12%), pari al 4% dell’export enoico italiano. Nella top ten delle Regioni esportatrici anche Abruzzo (147 milioni di euro, 2,9% del mercato), Puglia (129 milioni di euro, 2,5% del mercato), Sicilia (103,4 milioni di euro, 2% del mercato) e Friuli-Venezia Giulia (100 milioni di euro, 1,9% del mercato). Tutte le altre Regioni rappresentano quote inferiori all’1%, e tra queste c’è chi mette a segno crescite importanti, seppure partendo da dati assoluti molto bassi - come Umbria (+27,1%), Liguria (+46,8%) e Molise (+61,8%) - e chi invece - Calabria (-19,6%) e Basilicata (-1,3%) - nei primi 9 mesi 2021 ha perso qualcosa sul 2020, in un quadro comunque assolutamente positivo per il vino italiano nel suo complesso.
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Caviro, diversificare paga
In questa fine anno un po’ contrastata, i timori per nuove restrizioni contro il Covid fanno un po’ da contraltare (positivo) in numeri che continuano ad arrivare dai bilanci delle grandi cooperative del Belpaese. E così, dopo i numeri da record delle trentine Mezzacorona e Cavit, ora arrivano anche quelli di Caviro, secondo gruppo del vino italiano per fatturato, e primo per dimensioni (36.300 ettari di vigneti curati da 12.400 soci, in 7 Regioni d’Italia) che ha chiuso il bilancio d’esercizio 2021 (chiuso al 31 agosto) con un fatturato consolidato di 390 milioni di euro (+8% sul 2020). La crescita del Gruppo vitivinicolo romagnolo, spiega una nota, è stata sostenuta da ottimi risultati dell’export (+17%) e dalle performance straordinarie della società Caviro Extra. La composizione dei ricavi deriva dal vino al 65%, da mosti e alcol al 20%, e da energia e ambiente 15%.
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Focus
Feuillatte-Castelnau, fusione record in Champagne 
Diventare più grandi per essere più forti sui mercati: è una strada sempre più battuta da tante realtà private e cooperative del mondo del vino, con le notizie di acquisizioni e fusioni che sono sempre più frequenti, tanto in Italia che all’estero. E dai filari della Champagne, ora, arriva quella della fusione, che sarà formalmente operativa dal 31 dicembre 2021, di due delle più grandi cooperative delle bollicine francese, ovvero il Centre Vinicole Champagne Nicolas Feuillatte e la Cooperative Regionale des Vins de Champagne Castelnau, che hanno dato vita al nuovo gruppo denominato “Terroirs & Vignerons de Champagne”. Una nuova realtà, spiega una nota stampa riportata dall’agenzia Reuters, che mette insieme 6.000 coltivatori e 3.000 ettari, quasi il 9% del vigneto totale della Champagne. L’obiettivo dichiarato è di raggiungere un valore delle vendite di 300 milioni di euro all’anno ed il 5% della quota di mercato dello Champagne, con un potenziale produttivo di 24.5 milioni di bottiglie. Una fusione, quella tra Feuillatte e Castelnau, che arriva nel quadro di un anno di recupero da record per lo Champagne, che già nei primi 6 mesi aveva messo a segno una crescita delle esportazioni del 56% sul 2020 e del +8% sul 2019 in volume, e del +59% sul 2020 e +10% in valore, a quota 1,39 miliardi di euro.
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Cronaca
Vino, regalo sempre più di moda
Il vino è un regalo sempre più gettonato. Anche in Usa. Secondo il panel dei consumatori di “Wine Opinions” (composto da 20.000 wine lovers americani), i regali enoici aumenteranno del 14% sulla fine anno 2020. E poiché sono più coloro che dicono che spenderanno di più a bottiglia, rispetto a quelli che cercheranno prodotti più economici, c’è da aspettarsi anche un giro d’affari più sostanzioso. E spopoleranno anche gli accessori che ruotano intorno al mondo del vino, scelti come dono dal 42% del campione.
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Wine & Food
Cibo e pesticidi, solo l’1,3% degli alimenti è irregolare. Il dossier Legambiente-Alce Nero
In Italia diminuisce costantemente l’impiego dei pesticidi in agricoltura, e questa è una buona notizia. Come lo è il fatto che solo l’1,39% degli alimenti analizzati sia irregolare, cioè con residui di principi attivi superiori alle soglie consentite per legge. Non di meno, 35,32% dei campioni regolari esaminati presentano uno o più residui di pesticidi, seppur nei limiti di legge. A dirlo il rapporto “Stop pesticidi nel piatto 2021” di Legambiente ed Alce Nero (su 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale analizzati da laboratori pubblici italiani accreditati). Il 63% dei campioni, dunque, è al tempo stesso sia in regola, che totalmente “pulito” da residui di pesticidi. Una percentuale che, però, Legambiente non considera rassicurante. Tra gli alimenti trasformati, invece, il vino (39,9%) e il miele (20%) sono quelli con maggior percentuali di residui permessi.
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L’identità gastronomica, la tutela e l’origine, tra storia, storture e sciovinismo
A WineNews Michele Antonio Fino, professore di Diritto all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Oggi il cibo ha un valore identitario molto superiore a quanto ne avesse nel passato. Il “Gastronazionalismo” - che dà il titolo all’ultimo libro di Fino, con Andrea Bezzecchi e Anna Claudia Cecconi - è un sentimento di superiorità alimentato attraverso la rivendicazione di carattere gastronomico o alimentare. Sul cibo accettiamo uno sciovinismo che in altri ambiti non ammettiamo più da tanto tempo”.
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