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WineNews
N. 3.476 - ore 17:00 - Mercoledì 3 Luglio 2022 - Tiratura: 31.116 enonauti,
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La News
Spagna, l’inizio della vendemmia
Se è difficile fare le carte alla vendemmia 2022 in Italia, lo stesso vale per la Spagna, il cui vigneto ha vissuto le stesse peripezie di quello italiano: autunno secco, temperature altissime in primavera ed estate e primi grappoli raccolti già da qualche giorno, tra Cordoba, Canarie e Penedés. Anche la mancanza di manodopera è un’urgenza comune, forse in Spagna persino più grave, con 15.000 giovani pronti a partire per la Francia, dove le paghe sono sensibilmente più alte: 11 euro l’ora, contro gli 8 euro della Spagna. Intanto, cooperative e associazioni agricole parlano di una produzione che dovrebbe attestarsi sui 42 milioni di di ettolitri, al di sotto della media.
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Primo Piano
Il crollo verticale del vino (non solo italiano) sugli scaffali Usa
Nei primi sei mesi 2022, il volume di vini fermi venduti sull’off-premise Usa, monitorato da NielsenIQ, è sceso del 9%, contro una media di mercato del 7%, con il secondo quarto dell’anno che chiude a -7%, contro un totale vendite di -5,5%. In regresso, sul fronte volumico, tutte le principali tipologie di vino italiano vendute su grande distribuzione e liquor store. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly, Pinot Grigio delle Venezie a -3%, tonfo del Lambrusco, sceso del 16%, a cui si associano le riduzioni dei rossi piemontesi e toscani, attorno al 10%, con punte dell’11% per il Chianti. E ancora, -13% la performance negativa del Montepulciano d’Abruzzo. Sui vini premium e luxury, in decrescita il Barolo (-6%), mentre il Brunello di Montalcino, in controtendenza, segna il +30%. L’Amarone fa il +2% nel semestre, ma nel trimestre la dinamica è negativa (-4%). Sul fronte spumanti, il secondo quarto per le bollicine italiane vede un calo dell’1%, ben inferiore al -5% del totale comparto, ma la perdita da inizio anno arriva a cumulare il -4%, con il Prosecco a saldo zero e il Rosé che continua la sua forte fase espansiva (+80% nel semestre). Tornando ai vini fermi, performance regressive per i vini californiani (-7% a volume da gennaio), con il Pinot Grigio a -2%, blend rossi a -3% e una vera e propria caduta verticale per i rosati (-20%). Non se la passano meglio i rosati francesi (-9%), in controtendenza i vini neozelandesi, che guadagnano un frazionale 0,8% tra aprile e giugno. Sul fronte valori, in un mercato che perde circa il 5% (7,7 miliardi di dollari nel semestre), l’Italia perde il 7% (a 682 milioni di dollari), a cui si aggiunge l’1% della spumantistica, con il Prosecco al +3% e la versione rosa a +80%, per 14 milioni di dollari. Riduzioni valoriali per tutte le tipologie di vino italiano, esclusi l’Amarone (+6%) e il Brunello (+30%), mentre il Barolo perde l’8%. Chianti a -9%, Pinot Grigio in leggera riduzione, mentre a soffrire pesantemente sono Lambrusco (-12%), Montepulciano d’Abruzzo (-10%) e rossi piemontesi, toscani rossi (-8%) e altri bianchi veneti (-7%). In calo anche il valore dei vini francesi, con il totale still wines a -5% e i rosati a -7%. California a -4%, ma Pinot Grigio stabile, mentre perdono il 15% i rosati.
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L’export dell’agroalimentare Ue
Il valore del commercio agroalimentare UE, ad aprile 2022, ha raggiunto i 31,4 miliardi di euro, con un aumento del 14% rispetto ad aprile dello scorso anno. Le esportazioni sono diminuite del 5,4% su base mensile, principalmente a causa della riduzione delle esportazioni verso Russia (-26%) e Cina (-11%), mentre le importazioni di prodotti agricoli hanno raggiunto i 13,5 miliardi di euro (-1,2% rispetto a marzo), per un saldo commerciale del settore agroalimentare totale di 4,4 miliardi di euro ed un calo del 16% rispetto a marzo. Le esportazioni di vino, che nel periodo gennaio-aprile 2022 si conferma il terzo prodotto più esportato dalla Ue, toccano i 5,34 miliardi di euro, in crescita del 12% sullo stesso periodo del 2021. Segno positivo anche per le importazioni enoiche: +10% a 519 milioni di euro, il che vuol dire una bilancia commerciale positiva per 4,82 miliardi di euro.
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Focus
Moet & Chandon è il brand n. 1 del vino mondiale
Il valore di un marchio è composto da tanti asset, materieali ed immateriali.Ma quando si parla di vini e Champagne, il n. 1 al mondo resta quello di Moet & Chandon, il cui valore è stimato in 1,4 miliardi di dollari, con una crescita del 15% sul 2021 (ed unico con un rating di AAA-),davanti ad un altro mostro sacro dello Champagne, Veuve Cliquot, valutato 1 miliardo di dollari tondo tondo (+13%) e Chandon (0,9 miliardi di euro, +14%), tutti del gruppo Lvmh. Emerge da una ricerca della società specializzata “Brand Finance”. Tra i big, l’unico brand italiano è quello di Martini (che vuol dire Asti e Prosecco), alla posizione n. 8, valutato 400 milioni di dollari, in crescita del 36% sul 2021. Dietro Al più antico brand del vino cinese, Changyu, alla posizione n. 4, valutato 900 milioni di dollari (ma a -25%), ad un altro top brand di Champagne, ancora di Lvmh, come Dom Perignon, stimato in 800 milioni di dollari (+2%), in posizione n. 5, all’australiano Lindeman’s (di Treasury Wine Estates), a quota 700 milioni di dollari, in posizione n. 6 (e con un balzo del +81%, il più alto in assoluto), e ancora l’americano Barefoot, di proprietà del colosso californiano E. & J. Gallo Winery, valutato 600 milioni di dollari (+12%), al n. 7. In “top 10”, la cilena Concha y Toro al n. 9, e l’australiano Jacob’s Creek (di Pernod-Ricard).
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Cronaca
Il vino per il rilancio della Vallarsa 
Ci sono luoghi nell’Italia del vino dove i contadini coltivano ancora la vite in terrazzamenti con i muretti a secco e vinificano in casa il “vin de caneva”, senza remunerazioni economiche, ma per spirito di tutela del paesaggio, come la Vallarsa, in Trentino, dove si è scritta la storia della Grande Guerra. E dove è partito “98 Terrazze”, progetto (in approfondimento) con “capofila” la Proloco e che mette insieme produttori e abitanti per il rilancio del territorio a partire dal restauro dei terrazzamenti per produrre un vino “di comunità” da varietà storiche di vite per farsi conoscere.
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Wine & Food
Come cambia l’aperitivo degli italiani, un rito che affascina e mette al centro il food pairing
Nell’aperitivo all’italiana, ciò che non può mancare, oltre al drink, è il food pairing, finger food di qualità diventati un vero e proprio must. A dirlo 8 italiani su 10 (82%), che sostengono che il cibo che accompagna la bevuta in questo momento, non sia più solamente un’abitudine ma una vera e propria ritualità. È quanto emerge da uno studio promosso da Sanbittèr attraverso un monitoraggio dei principali social network, forum, blog e community lifestyle internazionali, che ha indagato così il territorio dell’aperitivo all’italiana dalle sue origini, legate al vino aromatizzato di Ippocrate, al suo sviluppo storico fino alle sue caratteristiche moderne, passando per il valore che ha per i turisti stranieri, per giungere poi ad un ulteriore approfondimento su quella che è la predilezione degli italiani, l’accompagnamento del food pairing (in approfondimento). 
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WineNews.tv
Storia e cultura come fil rouge del rapporto dell’uomo con il vino, dall’Impero Romano a oggi
A WineNews Ernesto Di Renzo, Antropologo dell’Alimentazione all’Università di Roma Tor Vergata. “Il cibo svela una pletora di significati che spesso non percepiamo, che orientano le nostre scelte. Il gusto si inscrive all’interno dei modelli che la cultura ci fornisce. Mangiamo e beviamo ciò che la cultura, in qualche modo, ci rende buono da mangiare e bere. La Doc Roma è un’operazione risarcitoria nei confronti di Roma, che con il vino ha un rapporto antico: la viticoltura faceva parte della strategia imperialista dell’Antica Roma, fondamento della “romanità” dei futuri cittadini”.
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