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WineNews
N. 4.195 - ore 17:00 - Martedì 8 Aprile 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Manager del vino, nuovo master
Un percorso didattico nato per formare giovani talenti destinati a ricoprire ruoli strategici nelle imprese vitivinicole italiane: il Consorzio Italia del Vino, con Luiss Business School, lancia “Wine Business Program” 2025, rivolto a laureati e studenti universitari. L’obiettivo è colmare il divario tra accademia e impresa, fornendo competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro. Il progetto è stato presentato oggi a Verona da Roberta Corrà, presidente Consorzio Italia del Vino, Raffaele Oriani, Dean Luiss Business School, e Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere. Vinitaly sponsorizzerà una borsa di studio. 
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
Usa, se il dazio “scorre” in avanti e non si moltiplica lungo la filiera, effetti negativi contenuti
Tra chi non teme grandi impatti e chi si dice molto preoccupato, chi spera in un improvviso (ma ad oggi improbabile) dietrofront dell’imprevedibile Trump e chi teme addirittura un aggravio, tra chi guarda al solo impatto settoriale sul vino e chi mette in conto uno shock recessivo dell’intera economia mondiale, dei dazi Usa abbiamo già detto tanto (a partire dalla “road map” americana per l’entrata in vigore, e dalla risposta, ad oggi, decisa dall’Ue), e continueremo ovviamente a farlo, altro non fosse perché gli Stati Uniti sono il primo mercato del vino italiano in assoluto, con 1,9 miliardi di euro nel 2024, da cui dipendono in maniera importante le sorti di molte cantine e molti territori tricolore (e di cui, nei giorni di Vinitaly 2025 a Verona, abbiamo raccolto il sentiment). Ma c’è anche chi ha provato a fare i conti su cosa davvero succederà ai prezzi delle bottiglie sul mercato, secondo due scenari diversi, uno più favorevole al trade, e uno che andrebbe più incontro ai consumatori, partendo dal fatto che il “Three-Tier System”, che prevede la catena, obbligatoria, produttore-importatore-distributore-retail (con regole che cambiano anche da Stato a Stato, ndr), di fatto, vede il costo della bottiglia moltiplicarsi per 5 volte nel percorso dalla cantina italiana al consumatore americano. Come Luca Castagnetti, di Studio Impresa, secondo la cui lettura per WineNews, “il dazio deve “scorrere” in avanti e non moltiplicarsi”. Con un impatto dei dazi su una bottiglia (spiegato nel dettaglio in approfondimento) che parte dall’Italia a 4 dollari e che oggi arriva allo scaffale a 20, dunque, che potrebbe essere importante, e quindi di altri 4 dollari aggiuntivi, arrivando a 24 al consumo, o di “solo” 0,8 centesimi, e quindi portando il prezzo a 20,8, se il trade americano (cosa non semplice e scontata), collaborerà. “L’effetto del primo caso è una sicura e importante contrazione del numero delle bottiglie vendute a causa del prezzo troppo elevato - sottolinea Castagnetti - che però permette ai vari attori della distribuzione di mantenere i loro margini garantiti dall’incremento del 20% della base imponibile ad ogni passaggio. L’effetto del secondo caso è una piccola contrazione del numero delle bottiglie vendute, con il prezzo finale al consumatore che, nel nostro caso, aumenta solo del 5%”. 
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I vini “No-Lo” a 2,4 miliardi di dollari nel 2024
Un mercato che è ancora una nicchia, ma destinato a crescere, anche in Italia, e da vedere non come “antagonista” al vino tradizionale. Per farlo, serve anche una svolta rapida, richiesta dal mondo del vino, per agevolarne la produzione. “Zero alcol e attese dal mercato”, il focus di scena oggi a Vinitaly 2025, a Verona, con in prima linea l’Unione Italiana Vini-Uiv, ha acceso i riflettori sul mercato dei “No-Lo” (no e low alcol). Un mercato globale che attualmente vale 2,4 miliardi di dollari e che punta a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028 secondo l’analisi dell’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly, su base dati Iwsr. Per i no e low alcol è previsto un Cagr in volume del 7% nel periodo 2024-2028, a differenza di un -0,9% del totale vino e +8,1% in valore (è +0,3% il totale vino) nello stesso periodo (in approfondimento).
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Focus
Fine wine e fine dining valgono 58 miliardi di euro
Quella dei fine wine è una nicchia sì, ma fino ad un certo punto. Perchè il mercato delle etichette di pregio (ancora per la maggior parte francesi, ma con l’Italia in forte crescita) vale 30 miliardi di euro nel mondo, che arriva a 58 miliardi, con i 28 del fine dining, valore raggiunto grazie ad una crescita del 27% dal 2022 al 2024, di cui l’Europa, accogliendo la metà dei circa 14.000 ristoranti di fascia alta nel mondo, per i quali i vini rappresentano, in alcuni casi, fino al 40% dei ricavi, per un valore di 6-7 miliardi. Ed è un mercato che negli anni è cresciuto in maniera costante, fino allo stop della pandemia, e che poi ha vissuto un rimbalzo importante, almeno fino al 2024. E anche ora che le turbolenze economiche sono più forti che mai, e lo scenario quanto mai incerto, è un settore che sembra destinato a resistere meglio degli altri, forse, e addirittura a crescere ancora, da qui al 2030, a patto che le imprese sappiano stimolare la domanda, rispondendo a quella richiesta di lusso esperienziale sempre più forte, e ad ampliare verso Oriente un mercato che è ancora prevalentemente occidentale, tra Europa e Usa, con una necessità di ampliare l’orizzonte resa ancora più impellente dalla questione dazi. Emerge dal primo Altagamma-Bain Fine Wines and Restaurants Market Monitor (in approfondimento), presentato a Vinitaly.
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Cronaca
Il “vino del domani” per Iswa
Il vino è tra le più longeve tradizioni d’Italia, ma il suo futuro appartiene a chi ha il coraggio di innovare. La masterclass “Il vino del domani: 9 visioni di eccellenza” con la wine educator Cristina Mercuri, a Vinitaly 2025, ha esplorato la capacità dei produttori di Italian Signature Wines Academy-Iswa (Fontanafredda, Bellavista, Allegrini, Villa Sandi, Frescobaldi, Caprai, Masciarelli, Feudi di San Gregorio e Planeta, per 35 milioni di bottiglie ed oltre 550 milioni di fatturato), di ridefinire l’identità dei loro vini e territori, come già hanno fatto in passato.
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Wine & Food
La “Cucina Italiana” candidata all’Unesco è la valorizzazione di un sistema culturale
“Un rito che ci unisce, un’anima che ci parla, non è solo cibo”. È questo, e molto altro, la cucina italiana, nella “poesia” scritta di getto da Massimo Bottura. Un atto d’amore, quotidiano, che parla di territorio, cultura, storia, accoglienza, famiglia, gesti, la cucina italiana, che spera e vuole diventare Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il verdetto sulla candidatura de “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale”, arriverà a dicembre 2025, dopo il voto del Comitato Unesco di Parigi. Ed un fatto storico per l’Italia, perché “è la candidatura di un sistema culturale, perché la cucina italiana siamo tutti noi”, ha detto Maddalena Fossati Dondero, direttrice della storica rivista “La Cucina Italiana”. Messaggi arrivati da Vinitaly 2025 a Verona, nel convegno “La cucina italiana e il valore della candidatura a Patrimonio dell’Umanità: tra tradizione e futuro”.
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Masottina
WineNews.tv
Il vino in gdo, tra calo complessivo dei consumi e trend, guardando al futuro
Le riflessioni delle imprese e dei responsabili del beverage delle più importanti insegne della distribuzione italiana - da Coop a Conad, da Carrefour a Md, tra le altre - che resta comunque il canale n. 1 per la vendite di vino italiano, nonostante una flessione in volume nel 2024, che sembra continuare anche nel 2025, aspettando l’effetto della Pasqua, come spiegano i dati di Circana. Mentre allo scaffale si affacciano anche i vini a basso tenore alcolico ...
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