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WineNews
N. 3.572 - ore 17:00 - Martedì 20 Dicembre 2022 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
Fine wines, un investimento da regalare
In un momento storico in cui il vino è al primo posto tra i beni di investimento di lusso più performanti, i fine wine diventano non solo bene rifugio, ma anche un regalo perfetto per Natale. In un formato tutto nuovo, pensato da Vindome, che offre la possibilità a wine lovers e collezionisti di investire e gestire direttamente tramite smartphone il proprio portfolio di vini, senza intermediari o broker. Si tratta, in sostanza, di un “Gift Certificate” che permette di regalare vini rari e in edizioni esclusive, di difficile reperibilità sul mercato, direttamente ex-Chateâu, caratteristica che ne incrementa ulteriormente il valore.
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Primo Piano
Il vino del futuro, tra le regole dei disciplinari delle Doc, e la creatività delle Igt
“Ogni azienda ha un pensiero sulla qualità che si esprime nella ricerca di una “stella” enologica, quel vino in cui si mette il cuore. E qui due mondi si scontrano, quello della creatività consentita dalle Igt e quello delle regole dei disciplinari delle Doc”. Così Davide Gaeta, docente di economia all’Università di Verona (ed amministratore della cantina della Valpolicella Eleva, con l’enologa Raffaella Veroli), ha stimolato ad un confronto, nella sua cantina, sul valore innovativo di vini “oltre le regole” delle Denominazioni, che riflettono una visione del produttore, con Maurizio Ugliano, professore di enologia dell’Ateneo veronese, e due produttori “puristi” delle Doc, Marco Sartori di Roccolo Grassi, griffe della Valpolicella, e Mattia Vezzola di Costaripa, cantina simbolo della Valtènesi. “Considerando che il 60% del vino mondiale è prodotto in Paesi extra Ue che non usano appellazioni o le usano in modo differente - ha proseguito Gaeta - è lecito chiedersi se Doc e Igt possano convivere sullo stesso territorio o se serva “revisionare” il loro rapporto”. Secondo Sartori, la funzione della Doc è anche quella di conferire identità forti ai vini. “Però - ha aggiunto il produttore della Roccolo Grassi - non abbiamo il coraggio di svecchiare i disciplinari che potevano andare bene negli anni Sessanta del Novecento, agli albori della nascita di molte Doc. Dobbiamo tornare a fare selezione massale ed a valutare in modo corretto i millesimi. La grande annata esiste se ci sono anche quelle piccole”. “Il grande vino deve avere tre caratteristiche - ha detto Mattia Vezzola, anche lui focalizzato sulla Doc, raccontando una conversazione con Denis Dubourdieu, che è stato uno tra gli enologi più importanti al mondo - deve costare molto e da 200 anni, a testimonianza che il mondo intero lo reputa grande. Deve provenire da viti passate di padre in figlio per tre generazioni che le hanno migliorate con almeno tre cicli di selezione genetica. E, infine, il grande vino deve avere la capacità di mantenere la propria identità molto a lungo negli anni”. E a tirare la sintesi, in conclusione, è stato Ugliano: “lo sforzo deve andare oltre il miglioramento della qualità intrinseca e dell’assaggio del vino, ed innestare aspetti umanistici al di là di Doc e Igt. La qualità spiegata e tangibile rende il prezzo insindacabile”.
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Si torna a brindare quanto nel 2019
I problemi non mancano, tra inflazione, guerra, caro energia e recessione in vista. Ma in Italia e nel mondo c’è voglia di brindare, come prima, più di prima. Tanto che, in Italia, nei trenta giorni intorno alle festività, si stapperanno tra i 75 ed i 78 milioni di bottiglie di spumante (in linea, nei massimi, con i 78,4 milioni del 2019), per un valore di 280-290 milioni alla produzione, che diventano 700 al consumo. Con la sole notte di Capodanno che vedrà saltare tra 36 e 29 milioni di bottiglie di spumanti, per un valore al consumo intorno ai 400 milioni di euro. A dirlo le prime stime dell’Osservatorio spumanti Ovse-Ceves, guidato da Giampietro Comolli. Secondo cui ci sarà anche un’ulteriore crescita del +8,5% all’estero, dove salteranno tra i 225 ed i 240 milioni di tappi di spumanti italiani.
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Focus
Dal vino alla birra, sarà un Natale “premium”
Cosa berranno gli italiani durante le feste? Birre, gin e vermouth premium, champagne e grandi rossi nazionali. A ciascuno la sua bevanda preferita, ma per tutti il “fil rouge” sarà la ricerca della qualità. La fotografia scattata da Partesa, società specializzata nei servizi di vendita, distribuzione, consulenza e formazione per il canale horeca, ci mostra come gli italiani nel bicchiere amano “coccolarsi”. Guardando al vino, sorridono le bollicine ad iniziare dallo Champagne, scelto non solo per il momento dei brindisi, ma anche a tutto pasto, con etichette capaci di accompagnare perfettamente sia piatti di pesce sia sapori più decisi. Gettonate anche le richieste per gli spumanti italiani, dai grandi nomi come Franciacorta e Trentodoc, alla crescente attenzione per gli sparkling del Sud Italia, senza mai dimenticare il Prosecco. L’inverno ed i grandi ritrovi a tavola favoriscono i vini rossi, con protagoniste le grandi denominazioni, come Barbaresco, Barolo, Brunello di Montalcino, Chianti e le produzioni del Meridione, che stanno vivendo una sorta di rinascimento. Da tenere d’occhio, sempre secondo Partesa, l’evoluzione dello stile dei passiti, avviata dai Sauternes: non più solo “vini da meditazione”, come amava definirli il grandissimo Luigi Veronelli, ma sempre più abbinabili alla parte gastronomica, dai formaggi al dessert.
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Cronaca
La Doc Roma punta ai giovani
Raccontare Roma significa anche raccontare quel vino e quelle vigne che si sono legate fin dall’inizio alla storia della Città Eterna. Un binomio di storia, cultura e gusto che per troppo tempo non ha trovato la giusta comunicazione, penalizzando i vini laziali e denominazioni dalle grandi potenzialità come la Roma Doc. Proprio per uscire da questo cono d’ombra, il Consorzio Roma Doc si è alleato con l’Università di Tor Vergata per mettere a punto una strategia comunicativa fatta dai giovani per i giovani (in approfondimento).
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Wine & Food
Il Tavernello, vino italiano più bevuto al mondo, guida il fatturato di Caviro a 417 milioni
Tra grandi etichette, griffe e territori tra i più prestigiosi al mondo, il vino italiano più bevuto, sia a livello nazionale che internazionale, è ancora oggi un’icona popolare come il Tavernello, il vino in brick, e brand di punta di Caviro, nato nel 1983 e diventato ormai un vero e proprio simbolo del made in Italy enoico. Capace, nei suoi primi 40 anni, di guidare la crescita di quella che è la più grande cooperativa vinicola d’Italia - con 12.000 viticoltori e un totale di 36.000 ettari di vigneti, per 27 cantine socie coordinate da una squadra di 50 enologi - che ha chiuso l’anno fiscale 2021/2022 (al 31 agosto 2022) con un fatturato consolidato di oltre 417 milioni di euro, ed un incremento del 7,1% sull’esercizio precedente, grazie principalmente all’export e all’economia circolare.
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Consorzio Vini di Romagna
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Mbe Fieramente
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WineNews.tv
Appassionati di editoria enogastronomica, come WineNews? I libri da mettere sotto l’albero
WineNews ha chiesto ad alcune tra le più importanti case editrici italiane i volumi di prossima uscita che raccontano il vino e il cibo, ma anche quelli che sono da sempre best, top e long sellers, in un mercato che per le Feste vive uno dei momenti più importanti, sull’onda della passione per il wine & food: da Chiara Cauda (Slow Food Editore) ad Andrea Fattizzo (Edizioni Ampelos), da Marco Bolasco (Giunti Editore) a Elisabetta Tiveron (Kellermann Editore), da Tatjana Pauli (“Il Cucchiao d’Argento” - Editoriale Domus) a Sara Vitali (Cinquesensi Editore).
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