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N. 3.125 - ore 17:00 - Martedì 30 Marzo 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Non solo un’asta, ma un segnale di rinascita e ritorno alla normalità. La vendita all’incanto firmata Gelardini & Romani andata in scena ad Hong Kong ha segnato una pietra miliare: 801 lotti battuti di fronte ad una platea di 99 compratori. Una scelta in netta controtendenza con la realtà degli ultimi 12 mesi, e che ha portato i suoi frutti: aggiudicazioni a 460.000 euro e incremento medio su base asta del 45%. Al top, una magnum di Cros Parantoux Henry Jayer 1993 (20.000 euro), 12 bottiglie di Barolo Riserva Monfortino Giacomo Conterno 1997 (12.300 euro), 6 bottiglie di Vosne-Romanée “Les Beaux Monts” Leroy 2001 (12.000) euro e 6 bottiglie di Masseto 2001 (5.300 euro). |
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Alla base della straordinaria qualità del made in Italy agroalimentare c’è il lavoro. Di donne e uomini: sono oltre 1 milione i lavoratori dipendenti solo in agricoltura, cui vanno aggiunti 460.000 tra lavoratori autonomi, coltivatori e imprenditori agricoli e i 380.000 dipendenti dell’industria alimentare. Numeri che fanno del settore primario una colonna dell’economia italiana, capace di resistere alla dura prova della pandemia, garantendo in questo ultimo anno l’approvvigionamento di ogni genere di prima necessità senza grandi problemi. C’è, da qualche anno, un cambiamento evidente nel lavoro nei campi: il boom delle esternalizzazioni, ossia dell’affidamento ad altre imprese dello svolgimento di alcune fasi del processo produttivo agricolo. Niente di nuovo, o che riguardi solo il mondo agricolo, ma di certo i numeri sono importanti (+18% negli ultimi tre anni), e portano con sé dinamiche non sempre limpide (su tutte la crescita smisurata delle imprese senza terra, perlopiù cooperative di lavoro agricole, +28% in cinque anni) e nodi, specie di natura legislativa e normativa, che hanno bisogno di essere sciolti. Argomenti al centro del webinar, organizzato da Confagricoltura “Le esternalizzazioni in agricoltura - Appalto di servizi labour intensive e somministrazione, rischi e opportunità”, cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il direttore dell’Area Lavoro e Welfare Confagricoltura, Roberto Caponi, il Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, Tiziana Nisini, il presidente di Adapt, Università Lumsa di Roma, Emmanuele Massagli, il Segretario generale Fai-Cisl, Onofrio Rota, della FlaI-Cgil, Giovanni Mininni e della Uila-Uil, Stefano Mantegazza. Come detto, accanto al tradizionale contoterzismo, che consiste nell’affidamento di una serie di lavorazioni ad un’impresa di servizi agromeccanici che li esegue con mezzi propri, si assiste allo sviluppo di altre forme di esternalizzazione (appalto) che riguardano fasi del processo produttivo meno meccanizzate, in cui prevale l’elemento umano e manuale (ad esempio la raccolta). Contestualmente, si sta diffondendo in agricoltura, e con una certa rapidità, anche la somministrazione di lavoro, fino a qualche anno fa illustre sconosciuta (gli interventi nell’approfondimento). |
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Non è una doccia fredda, perché la decisione del Ministero del Commercio Cinese era nell’aria, ma l’introduzione, da ieri, di dazi tra il 116% e il 218% sui vini australiani è un vero e proprio terremoto nel panorama del commercio enoico mondiale. L’Australia, vale la pena ricordarlo, aveva chiuso il 2020 come primo esportatore di vino in Cina, tanto in termini quantitativi (104 milioni di litri) che a valore (627 milioni di euro), in calo nell’anno della pandemia del 18%, ma comunque un giro d’affari importante. Anzi, fondamentale per l’intera filiera enoica del Paese, rappresentata dalla Australian Grape & Wine. La questione, ovviamente, non finisce qui, perché il Ministro del Commercio australiano, Dan Tehan, ha qualificato come “completamente ingiustificabile” la decisione di Pechino, dichiarando l’intenzione di rivolgersi alla World Trade Organization. |
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Il futuro del vino, nel lungo termine, passa da una sempre maggiore qualità e salubrità dei prodotti, e dalla sostenibilità dell’ambiente e del processo per realizzarli. Nel breve, tutto dipende dalla ripartenza e dalle vaccinazioni, ma è verosimile che, nel frattempo, più di qualche cantina italiana, soprattutto piccola, non riesca a superare questa traversata nel deserto. È la visione, in sintesi, di un imprenditore e produttore italiano abituato a costruire, letteralmente. Ovvero il Cavaliere del Lavoro Paolo Pizzarotti (l’intervista nell’approfondimento), alla guida del Gruppo Pizzarotti, di cui fa parte Impresa Pizzarotti, una delle più importanti e storiche realtà dell’edilizia italiana, fondata nel 1920 firma di tante grandi opere, come autostrade, ferrovie, aerostazioni e porti, in Italia e nel mondo, e da oltre 30 anni produttore di vino con la Cantina Monte delle Vigne, realtà con 40 ettari di vigneti (che, dalla vendemmia 2021, sarà interamente biologica) nella zona dei Colli di Parma Doc, tra il Parco Fluviale del Taro e il Parco Naturale dei Boschi di Carrega, nelle vicinanze della Riserva Naturale di Monte Prinzera. “Li Monti de le Vigne”, come Frà Salimbene de Adam, vissuto nel Duecento, scriveva nelle sue “Cronache medievali” parlando delle dolci colline di Ozzano Taro, rinomate da lungo tempo per l’arte della vinificazione. |
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Per le cantine italiane, appena sarà possibile ripartire con la normalità, la priorità sarà sostenere l’horeca, sbocco principale e primario dei prodotti a maggior valore aggiunto. Di certo serviranno anche gli eventi fisici, ed ottobre, Covid permettendo (ed è la speranza di tutti), sarà un mese particolarmente denso. Perchè se a Verona, dal 17 al 19 ottobre, sarà di scena “Vinitaly Special Edition”, a Milano, come noto da tempo, dal 2 al 10 ottobre, è di scena la “Milano Wine Week”, presentata oggi, tra degustazioni, forum, tour e collegamenti con le città del mondo. |
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Il vino biologico resta ancora una nicchia del consumo complessivo di vino, ma cresce costantemente. Secondo uno studio dell’Iwsr per “Millesimè Bio” (realizzato in epoca pre-Covid), nel 2023 i consumi nel mondo dovrebbero arrivare intorno ai 976 milioni di bottiglie, con una quota del 3,5% del totale. E ad eleggere i migliori è stato proprio il “Challenge” by Millesimè Bio. Otto le medaglie d’oro per l’Italia: il Rosso Piceno Doc 2019 di Velenosi, lo Chardonnay Doc Venezia 2019 di Villa Bogdano 1880, l’Amarone della Valpolicella 2016 de La Dama, il Vigneto di Toria Verdicchio dei Castelli di Jesi 2018 di Col di Corte, il Chiaramontesi Doc Sicilia 2018 di Orsogna, il Campolungo Barbera d’Asti 2019 di Cascina Vèngore, il Corvezzo Pinot Grigio delle Venezie 2020 di Corvezzo Winery ed il Matiù Rive di Scomigo Prosecco Superiore Docg 2019 de L’Antica Quercia. |
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Il suo percorso, la visione del futuro del vino italiano nel mondo, tra tipologie, stili del vino ed una comunicazione “che deve essere sartoriale, diversa per ogni target, e, al tempo stesso, accessibile. Viviamo in un mondo sempre più curioso, che vuole informarsi sul vino. Ora è il momento di vini contemporanei nello stile, vini “di piacere”, generosi. Per uscire dalla pandemia gli Usa sono imprescindibili, come l’Asia, a partire dal Giappone. WineNews? Un modello di comunicazione, in Italia e non solo”. |
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