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WineNews
N. 3.319 - ore 17:00 - Lunedì 27 Dicembre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti,
opinion leader e professionisti del vino
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La News
Francia e Italia, unite a difesa del vino
Il vino italiano non è solo nella lotta per una distinzione fattuale, storica e culturale dal resto degli alcolici all’interno dell’Ue, che con il “Beating Cancer Plan” ha messo nel mirino anche il consumo (e non solo l’abuso) di alcol, perché, come si legge nella relazione approvata dal Parlamento Europeo “non esiste un livello sicuro di consumo di alcol”. Il rischio reale è che i produttori di vino possano avere meno chance di essere ammessi alle graduatorie del bando per la promozione in ambito comunitario, e in Francia la presa di posizione più dura arriva dai Vignerons Indépendants: “una provocazione, una dichiarazione di guerra e una condanna per il vino”.
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Primo Piano
La corsa del vino bio, che oggi fa parte dei consumi abituali del 29% degli europei
Il vino biologico, ormai, fa parte del paniere dei consumi del 29% degli europei (erano il 17% nel 2015), e questo nonostante la percentuale di chi ha bevuto vino negli ultimi sei mesi sia stata appena del 73% (contro l’82% del 2015), come racconta il report “Évolution de la consommation de vin bio en Europe”, firmato da MillésimeBio e Ipsos, su tre mercati chiave come quelli di Germania, Francia e Regno Unito. L’81% degli europei, infatti, si dice preoccupato per il futuro del pianeta, e questo ha, inevitabilmente, delle conseguenze sulle abitudini di consumo: per il 77% è importante conoscere l’origine dei prodotti, il 63% ritiene il biologico una scelta migliore per la salute, e così il 48% degli europei acquista spesso prodotti bio. Tra cui, come visto, il vino, con il 36% dei francesi che acquistano abitualmente etichette bio, ben più del 27% dei britannici e del 23% dei tedeschi. La percentuale dei consumatori europei che ha invece bevuto almeno una volta un vino biologico è del 39% (contro il 30% del 2015). Anche in questo caso, i francesi sono molto più numerosi (54%), con il 33% dei tedeschi e ed il 29% dei britannici. Si tratta, essenzialmente, di un consumatore piuttosto giovane, visto che il 46% di chi ha approcciato le produzioni bio ha meno di 36 anni, mentre il 38% ha più di 55 anni. Tornando alle implicazioni ambientali delle proprie scelte di consumo, il 61% degli europei considera il vino bio più rispettoso dell’ambiente: è uno dei principali motivi per cui viene scelto allo scaffale, citato dal 54% degli europei, davanti alla semplice curiosità per un prodotto diverso (40%) e al fatto che sostiene una filiera più equa e sostenibile a livello economico e sociale (35%). In media, gli europei spendono 13,90 euro per una bottiglia di vino bio, contro gli 11 euro per una bottiglia di vino convenzionale. Il 63% degli europei è disposto a pagare di più per un prodotto che aiuti a preservare l’ambiente. Persino la pedagogia ha un suo ruolo nello spiegare il consumo di vino bio: il 38% degli europei che non ne hanno mai acquistato una bottiglia si considerano male informati, il 7% in più del 2015. Il 36% dei consumatori, invece, indica come freno all’acquisto il prezzo troppo alto, e il 23% la difficoltà di reperire i vini biologici in negozio.
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“Resistenti”: parla il Biodistretto del Chianti
L’apertura dell’Unione Europea ai vitigni “resistenti” anche per i vini a denominazione, secondo molti, come il professor Attilio Scienza, docente di viticoltura dell’Università di Milano e considerato un luminare del settore, è “una svolta epocale” per il settore, nella lotta al cambiamento climatico, con tutto quello che comporta. Ma c’è anche chi in questo vede un rischio per il futuro. Come l’associazione Biodistretto del Chianti, guidata da Roberto Stucchi Prinetti, produttore con Badia a Coltibuono, e di cui fanno parte tante realtà importanti e storiche del territorio del Chianti Classico, da Fontodi a Il Palagio, da Cafaggio a Castello d’Albola, da Conti Capponi a Felsina, da Dievole a Nittardi, da Lamole di Lamole a Villa Pomona, da Querciabella a Bibbiano, da Tolaini a Vignamaggio, a Castello di Meleto, per citarne alcune (le sue riflessioni in approfondimento).
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Focus
Ultimo brindisi al “padre” del Franciacorta, Franco Ziliani
L’Italia del vino perde uno dei suoi grandi pionieri, la Franciacorta, territorio tra i più importanti della spumantistica tricolore, il suo “padre fondatore”. Nei giorni in cui il mondo brinda, anche grazie alle bollicine lombarde nate dalla sua inventiva e dal suo genio, è venuto a mancare Franco Ziliani, pioniere e creatore del Franciacorta, fondatore della Guido Berlucchi e considerato uno dei “padri” della moderna enologia italiana. Nell’anno che ha celebrato il sessantesimo anniversario dalla prima bottiglia di Franciacorta da lui creata, “si è oggi improvvisamente spento il novantenne imprenditore che ha rivoluzionato le sorti di un’intera regione vinicola, creando i moderni vini di Franciacorta e dando così un nuovo destino al territorio delle colline intorno al Lago d’Iseo”, sottolinea una nota dell’azienda, oggi guidata dai fratelli Cristina, Paolo e Arturo Ziliani. Enologo determinato ed imprenditore vulcanico, nel 1955, chiamato dal conte Guido Berlucchi a Palazzo Lana in Borgonato per risolvere problemi di stabilità dei vini allora prodotti nella tenuta, propose la rivoluzionaria idea di “spumantizzare” quei vini, che non mostravano sufficiente “personalità”. Nel 1961 nacquero le prime 3.300 bottiglie di “Pinot di Franciacorta”, il “germe” di quello che sarebbe diventato il Franciacorta Docg.
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Cronaca
Il Chianti in Sud America
Tra le denominazioni più conosciute ed amate al mondo, il Chianti da qualche anno ha messo nel mirino i mercati del Sud America - da Cuba alla Colombia, in questi giorni, dal Messico a Panama - che hanno un potenziale ancora tutto da scoprire. Ma anche da conquistare, attraverso la “Chianti Academy”, nata per “formare i professionisti - e quindi importatori, distributori, venditori e giornalisti - di quei Paesi in cui il Chianti è ancora assente o muove appena i primi passi”, come racconta a WineNews (nell’approfondimento) Giovanni Busi, presidente del Consorzio Chianti.
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Wine & Food
Turismo e ristorazione, fioccano le disdette causa Covid: - 40% solo negli agriturismi
Tutti speravamo nelle festività di fine anno per lasciare definitivamente la pandemia alle spalle, ed invece, in poche settimane, il quadro è mutato drasticamente per effetto della variante Omicron. E prudenza e paura stanno pesando enormemente, ancora una volta, sul turismo e di conseguenza, sulla ristorazione. E così fioccano le disdette per le prenotazioni di San Silvestro e Capodanno in alberghi e ristoranti di tutta Italia. Un effetto domino, secondo la Cia/Agricoltori Italiani, che, negli agriturismi, per esempio, registra cancellazioni già del 40%, e in aumento, nel periodo tra Natale e l’Epifania. Il risultato è che la ricettività del mondo agricolo giù mette in conto “una perdita, in media, di 25.000 euro in 10 giorni per ogni struttura, ed un Capodanno a picco da recuperare, forse, puntando sulla consegna a domicilio”, secondo “Turismo Verde”.
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Etna, vertice qualitativo della Sicilia, tra zonazione, Docg e successo internazionale
Quando si parla di Sicilia del vino, la prima cosa che viene in mente è l’Etna, perla enoica dell’isola, che negli ultimi anni ha calamitato le attenzioni di critica, mercato e imprenditoria. Una crescita tumultuosa, che il Consorzio dell’Etna è chiamato a governare, che ha appena eletto alla presidenza Francesco Cambria, alla guida di Cottanera, azienda storica del vulcano. “Oggi gli ettari vitati sono più di 1.000, e non cresceranno per i prossimi 3 anni, per una produzione che supera i 4 milioni di bottiglie”.
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