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N. 2.835 - ore 17:00 - Martedì 11 Febbraio 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il collezionismo del vino cresce nel mondo, e di pari passo va il mercato delle aste di vino, riferimento per l’acquisto di grandi bottiglie, vecchie annate e rarità, e non sempre a prezzi da urlo, o più alti, rispetto ai canali tradizionali. Secondo “Wine Spectator”, il 2019 delle aste tra Usa, Uk, Svizzera ed Hong Kong, ha mosso qualcosa come 521 milioni di dollari, in crescita del 9% sul 2018. E se cresce l’Italia, con i grandi nomi come il Masseto, il Sassicaia o il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno, per citarne alcuni, a fare la parte del leone sono ancora i grandi nomi di Borgogna e Bordeaux, Domaine de la Romanée-Conti su tutti. |
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I trend sui consumi del vino a livello mondiale, il grande tema della sostenibilità declinato in tanti modi da firme di primissimo piano, la paura dei dazi Usa, ma anche le incertezze delle Brexit: sono i temi che tengono banco a Vinexpo Paris, edizione n. 1 del nuovo evento firmato da Vinexpo, in sinergia con Wine Paris, di scena nella capitale di Francia, da ieri al 12 febbraio. A far luce sui trend, ieri le analisi presentate da Wine Intelligence e Iwsr. Analisi che confermano una crescita della ricerca della qualità non solo nel vino, ma anche negli spirits, con i consumatori, soprattutto giovani, sempre più motore della “premiumisation”, e sempre più orientati al bere “meno ma meglio”. Con una crescente importanza di tutto quello che, lungo la filiera, vuol dire tutela dell’ambiente (tema al centro del ricco ciclo di incontri messo in piedi, in fiera, dal colosso del lusso Lvmh). Ma a tenere banco è anche l’attualità, che vuol dire, purtroppo, dazi Usa e Brexit. Sul fronte americano, in attesa di sapere, nei prossimi giorni, se arriverà un giro di vite sui vini europei, con il rischio di dazi fino al 100%, che sarebbero una catastrofe, anche per l’Italia, i francesi fanno i conti con quelli al 25% introdotti da ottobre sui vini fermi, che secondo diverse stime, negli ultimi due mesi dell’anno hanno portato ad un crollo, in Usa, tra il -35% ed il -40% in valore. Ma la preoccupazione è palpabile anche sul fronte Brexit, in attesa di capirne le evoluzioni commerciali. D’altronde, per la Francia, il mercato Uk vuol dire 1,3 miliardi di export tra vino e liquori. Una preoccupazione condivisa dall'Italia, che in Uk ha il suo terzo mercato (e che, a Parigi, non vanta una presenza massiccia, come in altre occasioni, con le realtà più rilevanti che sono, tra le altre, il Consorzio del Prosecco Doc e quello della Docg, quello del Chianti Classico, Italia del Vino Consorzio, Farnese Group, Italian Signature Wines Academy, Leonardo Da Vinci Spa, Settesoli, Santero e Tenute Piccini). Italia che, però, sul fronte della spumantistica, può consolarsi proprio con la Francia dello Champagne, grazie al Prosecco: per la Doc, quello francese è diventato addirittura il quarto mercato assoluto (fonte Nomisma Wine Monitor), mentre per la Docg si stima che le esportazioni verso la Francia siano cresciute ad una media del 21% all’anno negli ultimi 5 anni. |
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No all’aumento dell’Iva per hotel e ristoranti, una misura che metterebbe in crisi il settore. La Fipe lancia l’allarme, preoccupata per le conseguenze che potrebbero arrivare se fosse questa la strada intrapresa dal Governo. “Il Governo dice di voler ridurre le imposte sui ceti medio bassi - commenta, Roberto Calugi, dg Fipe - e per farlo propone di alzare l’Iva sul turismo, in particolare hotel e ristoranti, come se fossero soltanto i turisti stranieri a mangiare fuori casa o dormire in albergo. Ogni giorno 10 milioni di lavoratori pranzano nei bar e nei ristoranti, per necessità. Un aumento dell’Iva colpirebbe innanzitutto loro. Negli ultimi 10 anni l’occupazione nel settore della ristorazione è cresciuta del 20%. Mortificare uno dei pochi settori dinamici, capace di dare lavoro a 1,2 milioni di persone, non è certo una soluzione vincente per rilanciare l’economia”. |
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Una cantina con una profondità di annate che spazia fino al 1937, con il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno, referenze da tutte le Regioni, per un totale di 34.000 bottiglie, ed un valore stimato tra i 2,5 ed i 3 milioni di dollari. È la cantina del ristorante Babbo, a New York, nel cuore di Manhattan, uno dei ristoranti di Joe Bastianich e della sorella Tanya, e osservatorio privilegiato, con oltre 20.000 bottiglie stappate all’anno, delle tendenze di consumo sul vino italiano in uno dei suoi mercati più importanti in America, quello della grande Mela. A raccontarle, a WineNews, è il wine director Juan Pablo Escobar. “I nostri clienti chiedono Toscana e Piemonte su tutti. La Toscana per il successo di vini come Sassicaia, per la storia di territori come il Chianti Classico, per i grandi produttori di Brunello di Montalcino, ma anche per i vini di Bolgheri. In Piemonte, si va soprattutto su Barolo e Barbaresco, ma c’è anche una generazione di nuovi consumatori interessati a vini diversi, come Grignolino, Freisa o Ruchè. O come quelli dell’Etna, in Sicilia, ma anche di altre Regioni, con focus su varietà locali. E così si bevono vini della Costa d’Amalfi, in Campania, o i vini del Falerno o le Marche, con il Verdicchio, molto amato da chi beve vini bianchi, ma anche peculiarità come il Dertona, dai Colli Tortonesi”. |
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Se il vino italiano è associato nel mondo soprattutto ai grandi vini rossi, e, se da qualche anno, sono gli spumanti il traino dell’export, il Belpaese enoico è fatto anche di grandi denominazioni bianchiste. E alcune, nel 2019, da poco chiuso, hanno registrato crescite da record soprattutto all’estero, con l’export che è di gran lunga il mercato predominante per queste due realtà, ovvero il Pinot Grigio delle Venezie, che ha registrato un balzo delle vendite del +34%, ed il Lugana, che ha messo a segno un notevole +27%, secondo i dati dei rispettivi consorzi. |
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Da quando il Liv-ex, nel 2003, ha introdotto gli indici regionali, nessuno ha performato come il Burgundy 150, cresciuto in 16 anni del +445%, contro il +235% del Liv-ex 50, il +248% del Liv-ex 1000 ed il +202% del Liv-ex. Una crescita spettacolare quanto recente, come racconta il report “Burgundy: after the peak”, firmato dal benchmark del mercato secondario dei fine wine: l’offerta limitata, i raccolti bassi degli ultimi anni e la Sterlina debole hanno contribuito in modo determinante al boom registrato nel periodo tra giugno 2016 e dicembre 2018, durante il quale le quotazioni sono cresciute dell’86,2%. Da quel momento, però, qualcosa è iniziato a cambiare, ed il Burgundy 150 ha chiuso il 2019 con un calo dell’8,8%. Segnali di un momento difficile, ma crescono il numero di etichette di Borgogna scambiate, con l’annata 2018 pronta a prendersi la scena. |
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A WineNews Federico Rampini, corrispondente a New York per la Repubblica, nella cornice del Barolo & Barbaresco World Opening. “Da quando mi sono trasferito in Usa, venti anni fa, ho visto la progressione fenomenale del wine & food italiano. Eravamo i cugini poveri dei francesi, oggi siamo più forti. Il vino è cultura, non c’è spazio per i dilettanti, basta guardare alla California. La questione dazi non è ancora chiusa, aspettiamo l’incontro tra Trump ed Ursula Von der Leyen”. |
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