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WineNews
N. 3.554 - ore 17:00 - Mercoledì 23 Novembre 2022 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
Pandolfini, exploit per Gianfranco Soldera
Superano le stime, in certi casi anche abbondantemente, le assegnazioni dei lotti principali messi all’asta da Pandolfini, pochi giorni fa, a Firenze. Il top lot, da previsioni, è la verticale di Sassicaia di Tenuta San Guido (1968-2019), a 33.480 euro. Ma l’exploit è quello delle doppie magnum di Sangiovese 100% Case Basse di Gianfranco Soldera, con la 2010 aggiudicata a 32.240 euro, sensibilmente al di sopra della quotazione iniziale (10.000/20.000 euro), e la 2006 a 31.000 euro. Sono bottiglie studiate dallo stesso Gianfranco Soldera, per eventi di beneficenza o per essere regalate agli amici più cari, di cui al mondo esistono solo pochissimi esemplari.
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Primo Piano
“Liv-Ex Power 100”, Tenuta San Guido-Sassicaia n. 1 degli italiani. Brilla il Tignanello (Antinori)
In un mercato di nicchia ma importante come quello degli investimenti in fine wine, i trend possono cambiare in mondo repentino, seguendo valutazioni sulle annate, classifiche, passioni, ma anche logiche che possono essere puramente economiche, se non speculative. Come racconta il sostanziale stravolgimento nella “Liv-Ex Power 100”, firmata dalla piattaforma Liv-Ex, in partnership con “The Drinks Business Magazine”, che ogni anno mette in fila i marchi “più potenti” nel mercato dei vini di pregio. L’asso piglia tutto di questa edizione, è la Borgogna, che, in classifica, piazza ben 39 vini, il suo massimo storico, 6 in più sul 2021, mentre arretrano soprattutto Bordeaux, con 25 (-5) e l’Italia con 12 (-2), ora tallonata dalla Champagne a 9 (+1), e con gli Usa che salgono a 8 (+2). “Per la prima volta in assoluto, nessun vino di Bordeaux figura nella Top 10”, sottolinea il Liv-Ex. Le prime 10 posizioni, infatti sono tutte di Borgogna e Champagne (altro territorio in grande spolvero): al top assoluto, c’è Leory, davanti ad Arnoux-Lachaux, Leflaive, Armand Rousseau, Prieure Roch, Dom Perignon, Louis Roederer, Romanee-Conti, Jaques-Frederic-Mugnier e Krug. Tra gli italiani, il top brand resta la Tenuta San Guido, ovvero il Sassicaia, alla posizione n. 30, davanti a Giacomo Conterno (32), dove nasce il mito “Monfortino”, ma non solo, e poi a Gaja (39), riferimento del Barbaresco, e ancora Masseto (40), top brand del gruppo Frescobaldi, Bartolo Mascarello (42), mentre sale nella “Top 50” il Tignanello di Antinori, al n. 49, che non solo è uno dei pochissimi vini italiani a migliorare la sua posizione sul 2021 (era al n. 65), ma è anche il vino tricolore con le migliori performance assolute, “grazie alla combinazione di un elevato volume di scambi (settimo posto assoluto) e quindi di un elevato valore commerciale totale. Ed è il vino italiano più “economico” della Top 100, con un prezzo medio alla cassa di 1.076 sterline”, spiega il Liv-Ex. Ancora, nella “Top 100”, per l’Italia, si trovano altri top brand come Comm. G.B. Burlotto (n. 57), Bruno Giacosa (60), Ornellaia (80), Quintarelli (n. 84, e vino italiano cresciuto di più dal 2021, scalando ben 98 posizioni), Giuseppe Rinaldi (85), e Poggio di Sotto, uno dei riferimenti storici del Brunello di Montalcino (n. 96, altra crescita monstre sul 2021, quando era al n. 167).
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Dop e Igp, il futuro tra Italia ed Ue
Oltre al loro indiscusso valore economico (19,1 miliardi di euro alla produzione), intorno a Dop e Igp si possono fare tanti ragionamenti, e scrivere idee di futuro che sanno di legame con il territorio di qualità, di sostenibilità ambientale, economica e sociale, di integrazione con l’offerta culturale italiana, di lotta allo spopolamento delle aree interne e marginali, per i quali sono, spesso, il più importante, se non unico, motore economico. Dop e Igp che, come ha detto il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida vanno difese e potenziate, e sulle quali, ha ricordato l’eurodeputato Paolo De Castro, hanno davanti grandi opportunità ma anche rischi da evitare nella riforma del regolamento Ue sulle Indicazioni Geografiche (di cui De Castro è relatore, ndr). Riflessioni emerse nella tavola rotonda del Rapporto Qualivita-Ismea n. 20, ieri, a Roma (in approfondimento).
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Focus
Francesco Illy (Podere Le Ripi) “acquista” Mastrojanni
E il Polo del Gusto del Gruppo Illy restò, temporaneamente, “senza vino”. Se Riccardo Illy non ha mai fatto mistero di voler acquisire, possibilmente entro il 2022, un tenuta a Barolo, intanto, il gruppo che riunisce le attività extra caffè della holding della famiglia triestina, in una operazione di profondo riassetto societario e familiare, ha ceduto la cantina Mastrojanni, tra i riferimenti qualitativi di Montalcino, a Francesco Illy, già produttore con la celebre cantina Podere Le Ripi. Con lo stesso Francesco Illy che, nel contempo, ha ceduto ai fratelli Anna, Riccardo ed Andrea, il suo 20% di Gruppo Illy (con una non dichiarata, ma probabile ed importante, liquidazione economica, ndr), di fatto, uscendone definitivamente (la nota ufficiale in approfondimento).  Due realtà diverse, Le Ripi e Mastrojanni, oggi sotto la stessa proprietà, quella di Francesco Illy (che, a fine 2018, aveva acquisito Marchesato degli Aleramici, nella zona di Pian delle Vigne. Che, stando ai rumors WineNews, dovrebbero, comunque, restare distinte ed autonome, e proseguire ognuna per la sua strada. Mentre sono in corso, ed altri sono attesi nei prossimi mesi, ulteriori investimenti da parte dello stesso Francesco Illy, sempre sul territorio del Brunello di Montalcino.
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Cronaca
Barolo 2022, annata di resistenza e resilienza
“Sono due le parole che identificano l’annata 2022 del Barolo: resistenza e resilienza”. A dirlo è Luca Sandrone, riassumendo il pensiero degli storici produttori di Barolo dell’Associazione Deditus (Azelia, Cordero di Montezemolo, Sandrone, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Poderi Gianni Gagliardo, Poderi Luigi Einaudi, Prunotto e Vietti), sull’ultima vendemmia nelle Langhe. Che è stata tra le più atipiche degli ultimi anni e all’insegna dell’adattamento climatico, ma al termine della quale non possono che dirsi sorpresi della qualità ottenuta. 
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Wine & Food
A Italian Wine Brands il 100% delle società della famiglia Barbanera per 41,9 milioni di euro
Italian Wine Brands, primo gruppo del vino italiano non cooperativo, con un potenziale da oltre 400 milioni di euro di fatturato, cresce ancora, con l’acquisto, per 41,99 milioni di euro, del 100% della storica società familiare Barbanera, fondata negli anni Settanta del Novecento a Cetona, attiva oggi nella vinificazione, produzione e vendita di vini nel segmento premium, con le etichette delle linee Duca Di Saragnano, Barbanera e Collezione Famiglia Barbanera, tra Toscana, Puglia e Sicilia, tra cui spiccano i Nobile ed i Rosso di Montepulciano. L’operazione prevede anche che Barbanera reinvesta in Italian Wine Brands 26,31 milioni di euro, arrivando a detenere una partecipazione pari al 6,95% del capitale sociale del Gruppo, e  Sofia Barbanera, responsabile commerciale Europa e Usa di Barbanera, entrerà nel Cda di Italian Wine Brands.
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La sfida al cambiamento climatico e i temi al centro della Slow Wine Fair 2023
A WineNews Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine: “La sfida del futuro, al centro della Slow Wine Fair 2023, è portare i produttori a fare gruppo, confrontandosi tra loro, ma anche con gli agronomi che lavorano sul campo e con le Istituzioni per portare avanti la ricerca scientifica, che in Italia è piuttosto carente” ; e Domenico Lunghi, direttore delle manifestazioni dirette da Bologna Fiere: “Il nostro progetto è diverso dalle classiche manifestazioni del vino, nasce dalla comunione di intenti con Slow Food, con cui condividiamo la stessa filosofia, che da 35 anni ispira il Sana”.
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