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N. 2.856 - ore 17:00 - Mercoledì 11 Marzo 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi) ha chiesto a Veronafiere lo slittamento al 2021 di Vinitaly. La richiesta - spiega una nota Fivi - arriva per l’effettiva difficoltà delle cantine a conduzione familiare di essere fisicamente presenti a giugno, periodo in cui il lavoro in vigna è tanto, ma anche per la situazione di emergenza che coinvolge in questo momento non solo il nostro Paese, ma anche altri Stati europei e del resto del mondo. “Se Vinitaly 2020 verrà confermato - scrive la presidente Matilde Poggi - ci riserviamo di avviare un confronto con Veronafiere per valutare a fine emergenza i termini di una nostra eventuale partecipazione”. |
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La campagna segue i suoi ritmi, e non guarda al Coronavirus. Le operazioni di stagione tra i filari, come la potatura, vanno avanti come sempre, magari con qualche precauzione in più per la salute di chi lavora. Stessa cosa in cantina, per lavori come travasi o rimontaggi, perché il vino vive la sua vita, e dovrà farsi trovare pronto, quando l’emergenza, presto (speriamo) o tardi passerà, e le cose ricominceranno a marciare. In molti fermano le attività ricettive, le visite in cantina e le degustazioni, come ovvio, a tutela della salute di lavoratori e clienti, anche oltre il rispetto delle norme stabilite dal Governo. Nel frattempo, per i lavori di amministrazione e di ufficio, come tutti, le imprese del vino si attrezzano con lo smart working per quanto possibile, riprogrammando ferie e turnazioni, quel tanto che basta per mandare avanti delle attività che sono vive, e che devono far fronte, comunque, per fortuna, a qualche spedizione, soprattutto verso l’estero, in questa fase in cui la ristorazione italiana, e di conseguenza in consumi di vino nell’horeca, sono fermi, mentre la gdo e le enoteche, grazie ai consumi domestici, sembrano reggere un po’ meglio. Si guarda alle misure che prenderà al Governo, si dialoga con le banche per trovare soluzioni che garantiscano la necessaria liquidità, si lavora con i clienti italiani con il massimo della flessibilità, evitando di spedire vino alla ristorazione per non aggravarne le già complesse condizioni, si cerca di rassicurare l’estero perché i flussi commerciali non si interrompano, si spera che l’Europa batta un colpo, prorogando le scadenze per gli strumenti come l’Ocm Vino e i Psr, e si guarda al futuro. È il quadro che emerge da un’indagine WineNews che, per capire come il settore del vino sta resistendo alla crisi Coronavirus, ha sentito il parere di tante realtà diverse, da grandi aziende strutturate e con un management moderno, a piccolissime realtà a conduzione familiare, da medie aziende a grandi cooperative, dal nord al Sud del Belpaese. Nomi come Antinori, Feudi di San Gregorio, Allegrini, Masi, Planeta, Tasca d’Almerita, Arnaldo Caprai, Pio Cesare, Zymè, Le Fraghe, Marisa Cuomo, Maeli Paladin, Shenk Italian Wineries, Cantine Tollo, La Versa - Terre d’Oltrepò, Castello di Ama e Velenosi (i commenti dei produttori nell’approfondimento). |
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In questi giorni in cui stiamo a casa, e i nostri ritmi sono per forza rallentati, stappiamo un buon vino italiano, che abbiamo in cantina o che scegliamo di acquistare quando facciamo la nostra spesa oculata (oppure acquistandolo on line, perché no), sostenendo il made in Italy più che possiamo. È l’invito rivolto anche da WineNews, raccogliendo l’iniziativa che si sta diffondendo da più parti e rilanciata anche da “Decanter“ su “Radio2”. Un invito che possiamo rivolgere noi che ci occupiamo di questo mondo, vicino ai settori che in questo momento difficile sono fondamentali per il Paese e a chi è al lavoro senza sosta per salvarlo, in attesa che l’Italia torni “a fare l’Italia”, come sempre ha fatto nella sua storia, esportando la sua bellezza, fatta di arte, cultura, scienza, e anche di cibo e di vino, di cui il mondo non può fare a meno. |
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C’è chi sceglie di sospendere del tutto l’attività (come Osteria Francescana, Piazza Duomo e tanti ristoranti dell’associazione Le Soste), chi si riorganizza con l’asporto (come Da Vittorio della famiglia Cerea), chi riduce il servizio ma cerca di resistere, chi lancia campagne social per dire “siamo in piedi” e anche per raccogliere fondi per gli ospedali in prima fila: è la ristorazione italiana ai tempi del Coronavirus, un settore che, ricorda la Fipe, vale oltre 86 miliardi di euro in Italia, e come tutti, tra senso di responsabilità, normative per contenere e superare prima possibile il contagio, fa i conti con un crollo del mercato che mette in difficoltà gli operatori a tutti i livelli. Con le organizzazioni di categoria che, per sopravvivere oggi e ripartire domani, chiedono misure eccezionali, da un punto di vista fiscale, come la sospensione dei mutui e delle bollette delle utenze, una mediazione pubblica per rimandare il pagamento degli affitti dei fondi e così via, mentre qualcuno, soprattutto in Lombardia, chiede che venga imposta una chiusura totale delle attività, nella speranza che serva a superare più rapidamente l’emergenza. In ogni caso, come rilevato dalla Fipe, il 92% dei ristoranti italiani registra cali di fatturati superiori al 30%, in media, in questi giorni, e la preoccupazione che la situazione duri ancora a lungo è sensibile. |
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Anche la grande distribuzione si muove in aiuto degli ospedali che, in questi giorni, stanno vivendo momenti di emergenza legati alla diffusione del Coronavirus. Esselunga, catena di supermercati presente soprattutto nel nord Italia, ha deciso di donare 2,5 milioni di euro agli Ospedali e agli Istituti impegnati in prima linea nell’assistenza dei pazienti e nella ricerca scientifica contro il Coronavirus. Una delle tante testimonianze di solidarietà di imprese, squadre di calcio o personaggi famosi, come Armani, i Ferragni-Fedez, il Milan, a sostegno di ospedali e medici. |
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L’emergenza Coronavirus ha portato con se tante conseguenze per l’agroalimentare italiano, anche in termini di utilizzo di risorse importanti per promozione o investimenti, come quelle di Ocm e Psr. Per questo il Ministero delle Politiche Agricole, sollecitato dalle imprese e dalle organizzazioni di categoria, ha scritto alla Direzione Agricoltura della Commissione Europea, chiedendo una deroga dei termini e delle scadenze. In particolare, si chiede la proroga al 15 ottobre 2020 per l’erogazione dei saldi dei pagamenti diretti e al 31 dicembre 2020 quella delle misure a superficie dei Psr 2019, e, sul fronte Ocm vino, si chiedono deroghe “finalizzate ad assicurare maggiore flessibilità sull’esecuzione e sulla tempistica delle attività programmate, anche per quanto concerne la rendicontazione delle spese delle attività per il corrente esercizio finanziario”. Ora si aspetta la risposta dell’Europa. |
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La visione per il post Coronavirus di Oscar Farinetti. “Dobbiamo adattarci, e prendere le cose migliori di questa vicenda che inevitabilmente ci cambierà. Nell’immediato? Farei una patrimoniale dell’1%, che vorrebbe dire raccogliere da oggi a domani oltre 40 miliardi di euro, per stare vicini alla sanità e alle imprese, che vogliono dire anche salari, e che devono essere pronte per quando le cose ripartiranno. La difficoltà sarà raccontare nel mondo che l’Italia è un paese sano, e far tornare qui il mondo, ma ce la faremo”. |
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