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N. 2.543 - ore 17:00 - Venerdì 30 Novembre 2018 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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La sua economia è in difficoltà, pur essendo la n. 8 del mondo nel complesso, così come la sua classe media. Ma il Brasile ha le carte in regola per diventare un mercato importante del vino, grazie a 29,7 milioni di bevitori di vino regolari, la cui stragrande maggioranza sceglie vino importato. Tanto che nel 2017 il Brasile ha importato vino dall’estero per 335,56 milioni di dollari, di cui 33,8 dall’Italia, quarto fornitore dietro a Cile, Argentina e Portogallo. Brand (85%) e vitigno (82%), le prime motivazioni di acquisto, che premiano soprattutto il vino rosso (82%). A dirlo i dati diffusi a wine2wine, il forum di Vinitaly, nei giorni scorsi a Verona. |
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Il Paese produttore di vino più competitivo del mondo, nel complesso, è l’Italia. E a dirlo sono i francesi. È il verdetto di uno studio firmato da Deloitte per FranceAgrimer, l’agenzia statistica del Ministero dell’Agricoltura francese (edizione n. 20), che ha valutato le performance dei principali produttori di vino secondo 6 parametri: dal potenziale produttivo alla situazione climatica ed ambientale, dalla capacità di penetrazione dei mercati alla diversificazione degli stessi e all’equilibrio dei flussi economici, dalle dinamicità della filiera e degli investimenti al contesto macroeconomico. E, su un indice fissato sulla scala di 1.000 punti, il Belpaese enoico è al top, con 659 punti (e con il primato assoluto sul fronte del potenziale produttivo, 152 punti, e del portafoglio dei mercati, con 146 punti), davanti alla Francia, con 653 punti (che primeggia, però, sul fronte della capacità di penetrazione dei mercati, con 174 punti, e per la dinamicità della filiera e degli investimenti, con 87 punti). Sul terzo gradino del podio c’è la Spagna (602 punti), e poi, staccate, vengono Australia (509), Cile (499, con il Paese sudamericano che primeggia nel parametro legato al clima e all’ambiente), Stati Uniti (492), Germania (469), Nuova Zelanda (466), Sudafrica (457), Argentina (391), Portogallo (361), Cina (345) e Brasile (312). Studio che, va sottolineato, è realizzato su dati del 2016, e con uno scenario, quindi, probabilmente diverso, in qualche misura, da quello attuale. Con tutte le rilevazioni economiche che vedono, tra le altre cose, la Francia crescere in maniera nettamente superiore all’Italia sui mercati internazionali. Ma che delinea, in ogni caso, i rapporti di forza tra i Paesi produttori, e che conforta, in qualche modo, una filiera del vino italiano che, nonostante questioni strutturali ataviche, come la iper-frammentazione del sistema produttivo, e criticità contingenti, come la difficoltà, negli ultimi anni, ad utilizzare i fondi Ocm per la promozione nei Paesi Terzi, resta traino del made in Italy agroalimentare. Varietà dell’offerta, vini versatili per i gusti del mondo e grande rapporto qualità prezzo, sottolinea Deloitte, i punti di forza del Belpaese. Che per crescere ancora dovrebbe migliorare in marketing e produzione. “Ma c’è fiducia, e l’Italia punta ad aumentare il suo volume d’affari del 30% nei prossimi 3 anni”. |
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I Millennials e la Generazione Z, entrambe generazioni giovani e tecnologiche: la prima comprende i nati tra i primi anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta, la seconda quelli nati tra la seconda metà degli anni Novanta ed il 2010. Lo studio Pwc presentato a Fico Eataly World indaga sulle loro abitudini in materia di media e social nella scelta di prodotti agroalimentari. E ciò che ne emerge è una fondamentale unione in materia di qualità e sostenibilità del prodotto e trasparenza dei produttori. Il 73% dei Millennials e il 76% della Generazione Z afferma infatti di essere disposto a pagare di più per la sostenibilità dei propri marchi di alimentari preferiti. E, sempre per entrambe, i canali più efficaci nella comunicazione in tema di sostenibilità sono le etichette. |
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Cuore storico e summa qualitativa del mondo Prosecco, il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg continua a crescere, in Italia (che vale quasi il 60% del mercato) e nel mondo, creando ricchezza in un territorio che si sviluppa su 8.088 ettari (di cui 274 nelle Rive e 108 nella collina del Cartizze, il vertice della qualità delle bollicine venete), divisi tra 15 Comuni, dove nella filiera del vino sono impiegate direttamente 6.245 persone, con un valore totale della produzione che supera il mezzo miliardo di euro. A dirlo i dati del “Rapporto economico annuale 2018”, curato dal Cirve. E così, alla vigilia dell’anniversario n. 50 dal riconoscimento della Denominazione (Doc dal 1969, Docg dal 2009), “le stime di Valoritalia per la chiusura del 2018 calcolano una produzione di 92,9 milioni di bottiglie (+1,7% sul 2017) e l’analisi presentata oggi dal Cirve - commenta il presidente del Consorzio, Innocente Nardi - ci inorgoglisce e conferma la nostra visione positiva del futuro”. Un futuro roseo, che poggia su un presente solido: il 2017 del Prosecco Docg si è chiuso complessivamente con 91,4 milioni di bottiglie prodotte (+1%) per un valore complessivo di 502,6 milioni di euro (+2%) e un prezzo medio a bottiglia di 5,50 euro (valore all’origine). |
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Appaiono dietro ai volti tesi dei soldati, sul ciglio delle trincee, in racconti e diari dal fronte; spuntano in foto provenienti da ogni fronte; vengono intonati nei canti nelle retrovie; ma compaiono anche per festeggiare una vittoria. Un dettaglio, la presenza di fiaschi, vigneti e bottiglie nella Prima Guerra Mondiale, testimoni nel dramma di quotidianità ed umanità, raccontata, nel Centenario della fine degli scontri, nel volume “Il vino nella Grande Guerra, fronte italiano 1915-1918” voluto dal Consorzio Vini Venezia. |
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Chef a domicilio: ecco la nuova ricetta degli italiani per sopravvivere alla preparazione di pranzi e cene con parenti ed amici. Con le festività e le vacanze natalizie, alle porte, almeno a cucinare nelle case italiane ci pensano gli home chef: secondo l’Osservatorio di ProntoPro le richieste sono aumentate di oltre il 30% solo nell’ultimo bimestre, e il trend di crescita continua in vista di Natale e Capodanno. E cresce anche il conto: quanto si spende in media per uno chef a domicilio? 54 euro a commensale, il 37,5% in più sul 2017, e per le tavole delle feste i costi aumentano in media del 47%. Gli chef a domicilio più cari della Penisola sono quelli di Milano e Firenze. Dal lato opposto della classifica, gli home chef di Potenza e Ancona. Tra i più richiesti, sui primi gradini del podio ci sono quelli di Milano e Roma e, a seguire, di Napoli. |
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Da uno degli eventi più amati, la mission dei Vignaioli Indipendenti raccontata da Camillo Favaro (Benito Favaro), Armin Kobler (Weinhof Kobler), Celestino Gaspari (Zymè), Giuseppe Speri (Speri), Luigi Maffini, Francesco de Franco (Avita), Andrea Picchioni, Giovanna Prandini (Perla del Garda), Andrea Matrone (Cantina Matrone), Giovanna Tantini, Francesco Fenech (Fenech), Paolo Trimani (Colacicchi), Walter Massa (Vigneti Massa), Matilde Poggi (Le Fraghe e presidente Fivi) e Elisabetta Fagiuoli (Montenidoli). |
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