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WineNews
N. 2.823 - ore 17:00 - Venerdì 24 Gennaio 2020 - Tiratura: 31.110 enonauti,
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La News
Vino, il preferito dai ricchi di Cina
Il vino continua ad affermarsi, passo dopo passo, nella cultura cinese. A partire dalla classe più ricca, oggetto dell’ultimo “Chinese Luxury Consumer Survey” 2020 dell’Istituto Horun, che ha sondato le abitudini di 483 persone, dall’età media di 36 anni ed un patrimonio personale, in media, di quasi 6 milioni di euro. Tra questi, l’88% dichiara di bere abitualmente bevante alcoliche, con il vino che è la più gettonata in assoluto (39%), anche più del liquore icona della Cina, il Baijiu. Una preferenza, quella per il vino, che va per la maggiore soprattutto tra le donne, con la spesa media per una bottiglia che si aggira intorno ai 110 euro.
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Primo Piano
Qualità e food pairing, il vino italiano leader nelle wine list dei ristoranti di tutto il mondo
Per quanto globale, ogni mercato, quando si tratta di consumi di vino, si muove in maniera e su livelli di spesa media assai diversi. Così, come emerge dall’analisi di Wine Business Solutions su decine di migliaia di ristoranti nei sei mercati più grandi del mondo (Gran Bretagna, Cina, Canada, Usa, Germania ed Australia), nei locali Uk c’è il prezzo medio a bottiglia più basso (44,74 dollari), il prezzo medio più alto è in Cina (233,94 dollari a bottiglia), ed in mezzo, nell’ordine, troviamo Canada (50,64 dollari), Australia (54,77 dollari), Germania (61,25 dollari) e Stati Uniti (74,63 dollari). Ma dove stanno andando i mercati più maturi? Sette anni fa, Wine Business Solution aveva previsto uno spostamento dei consumi verso le etichette con un grande bagaglio storico, aspetto che ha spinto il vino italiano persino oltre le aspettative: oggi rappresenta il 24,1% dell’offerta delle wine list Uk (+19% sul 2015), poco dietro ai francesi, con una quota del 28,8%, ma in calo (-2%). In Canada, invece, la crescita è stata così sostenuta (+44% dal 2013) che oggi le etichette italiane rappresentano il 27% dei vini in lista al ristorante, al primo posto, con la Francia, superata di slancio, crollata ad una quota del 17,7% (-11,6%). Nei ristoranti Usa, al vertice ci sono le etichette nazionali, con una quota del 40,2%, in calo del -15% sul 2017, mentre i vini del Belpaese rappresentano il 26,1% dell’offerta enoica (+50% sul 2017), e quelli francesi il 12,2% (-20% sul 2017). In Australia invece i vini italiani arrivano dopo quelli di South Australia (29,7%) e Victoria (14%), con una quota nelle wine list dei ristoranti del 10,7% (+32% sul 2017), superando la Francia, al 10,1% (-9%). Infine, la Germania, dove le etichette tricolore, con una quota del 33%, hanno superato persino quelle di casa - al 31% - con i vini francesi al 17%. Insomma, l’Italia è la protagonista assoluta dei cambiamenti delle carte dei vini dei ristoranti in giro per il mondo, ed il merito non è, come si potrebbe facilmente presupporre, di Prosecco e Pinot Grigio. In carta si trovano vini da ogni Regione, e l’aspetto più importante è forse quello stilistico, che risponde appieno a ciò che cercano i ristoratori: vini che ben si accompagnano con il cibo, bianchi interessanti e rossi gustosi, eleganti e di medio corpo.
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Se il wine lover si scopre ... volubile
Tra le “Le quattro R”, ossia le aree tematiche in cui Wine Intelligence ha diviso le dieci tendenze che influenzeranno il mercato mondiale del vino nel 2020, c’è la “Repertoire”, che racconta il trend del passaggio sempre più frequente dal consumo di vino a quello di altre bevande, come la birra (“Switching out of wine”), ma anche una grande curiosità tra chi beve vino, sempre meno legato ad un pugno di varietà e sempre più incuriosito da ciò che si produce negli altri Paesi (“Shifting wine choices”). Cambiamenti guidati, ancora una volta, dai Millennials, con una coerenza di fondo, nel senso che non si tratta di tendenze repentine e minoritarie: il vino rosé, in questo senso, non è solo una moda tra le ragazze, ma cresce tra tutti i gruppi di consumatori, anche su fasce di prezzo premium (“Universal rosé”).
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Focus
Barolo e Brunello, il rischio dazi accelera gli ordini
La speranza, ovvia, è che i dazi Usa sul vino non diventino realtà. Ma intanto gli importatori prevengono i danni, anticipando gli ordini. A testimoniarlo, i sentiment che arrivano dai due territori più prestigiosi in Italia, Montalcino e Barolo. Da dove, apprende WineNews, le spedizioni verso gli States, non solo sono state anticipate, già dai primi di gennaio, ma rispetto alla media del periodo, sarebbero più che raddoppiate. Secondo i dati dei rispettivi Consorzi, relativi alle “fascette”: per il Barolo, tra il 1 dicembre 2019 ed il 20 gennaio 2020, sono state consegnate 300.000 unità in più (10%) sullo stesso periodo 2018-2019. A Montalcino, si è passati da 2 milioni di fascette tra novembre e dicembre 2018, a 3,5 milioni del 2019. Una situazione, tra l’altro, combinata con l’arrivo sul mercato di due annate attesissime, per qualità: la 2016 per Barolo e la 2015 per il Brunello di Montalcino. Annate che i Consorzi presenteranno nelle anteprime sul territorio (Grandi Langhe, ad Alba, il 27-28 gennaio, e Benvenuto Brunello, a Montalcino, dal 21 al 24 febbraio), ma anche in Usa. Prima con Benvenuto Brunello Usa (il 27 gennaio a New York ed il 29 a San Francisco), poi con “Barolo e Barbaresco World Opening” (4-5 febbraio, a New York), con 200 produttori, la cucina di Massimo Bottura, la musica de Il Volo e la conduzione di Alessandro Cattelan.
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Cronaca
Un calice di vino aiuta la vita: parola di Harvard
Una dieta sana, non fumare, fare attività fisica almeno 30 minuti al giorno, tenere sotto controllo il peso e concedersi un calice di vino, con moderazione e regolarmente, per vivere di più e meglio. Regole semplici per una buona vita, dettate dal buon senso e suffragate dalla ricerca, come dimostra l’indagine della Harvard University’s T.H. Chan School of Public Health, che ha analizzato i dati raccolti per decenni su oltre 140.000 persone. Scoprendo che chi ha osservato queste regole, compreso il bere moderato, ha vissuto meglio e più lungo di chi non l’ha fatto.
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Wine & Food
Wset, più di 10.000 diplomati nel mondo, tra gli “Educator of the Year” c’è AccademiaVino
Sono più di 10.000 in tutto il mondo i diplomati al Wset, il corso sul vino nato in Inghilterra nel 1969 ed oggi presente in 70 Paesi, in partnership con 800 scuole ed accademie enoiche. Solo nell’anno accademico 2018/2019, sono stati 665 i nuovi diplomati (il 25% in più dell’anno precedente), premiati ieri a Londra nella cerimonia annuale del Wset: un chiaro segnale di come chi ama il vino, e ancor più chi lavora nel mondo del vino, abbia sempre più voglia, e necessità, di una formazione di respiro internazionale, riconosciuta in tutto il mondo e che certifichi uno standard di competenze e conoscenze univoco. In questo senso, sono le 800 scuole in giro per il mondo il vero punto di forza, tra cui spicca AccademiaVino, in Italia, premiata - insieme alla Napa Valley Wine Academy ed alla Taiwan Wine Academy - come “Educator of the Year”.
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WineNews.tv
A WineNews, Roberto Henke, direttore del centro Politiche e Bioeconomia del Crea
“L’export agroalimentare continua a crescere nonostante il clima di incertezza, tra segnali di crisi e tensioni. È un settore che dà risultati positivi sia in termini di fatturati e valori sia di conquista di nuovi mercati, a partire dal Sudest Asiatico. Esiste ancora un potenziale, in Paesi ricchi che vedono nel prodotto made in Italy un simbolo del vivere bene italiano. Le eccellenze di Dop e Igp, dal vino al lattiero caseario, trainano questa crescita, nonostante la competizione sia sempre più forte. Prezzi dei vigneti a livelli quasi speculativi, ma in tanti territori investimento solido per il futuro”.
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