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WineNews
N. 3.930 - ore 17:00 - Giovedì 4 Aprile 2024 - Tiratura: 31.215 enonauti,
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La News
Il “Winemakers’ Winemaker” 2024 
Considerato un pioniere dello Chardonnay in Nuova Zelanda, grande sostenitore del tappo a vite che ha esteso a tutta la produzione della cantina di famiglia, la Kumeu River Wines, e dei lieviti indigeni, il Master of Wine Michael Brajkovich è stato eletto come “Winemakers’ Winemaker” 2024 dal “The Master of Wine Institute”. Un riconoscimento che, ad oggi, è stato vinto solo una volta dall’Italia, con Angelo Gaja, nel 2019, e che, nelle altre edizioni, è andato a personalità come Jean-Louis Chave, Peter Sisseck, Peter Gago, Paul Draper, Anne-Claude Leflaive, Egon Müller, Alvaro Palacios, Eben Sadie e Jean-Claude Berrouet.
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Primo Piano
L’Italia regina della diplomazia mondiale a difesa dei valori culturali ed economici del vino
Il vino in Italia è un settore da 13,8 miliardi di euro di fatturato alla produzione, il 10% del totale dell’agroalimentare, coinvolge 241.000 imprese viticole e 33.000 aziende vinificatrici, con 7,8 miliardi di euro di export. Ma è anche, o soprattutto, storia, cultura, ricchezza diffusa e presidio dei territori. Per questo l’Italia, può e deve essere una delle grandi potenze in prima linea a tutela di un prodotto che oggi, da più parti, per i cambiamenti sociali in atto ma anche per volontà politiche dal sapore neoproibizionista, è messo a rischio. Ed è per questo che, nei 100 anni dalla fondazione dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino - Oiv, presieduta dal professore italiano Luigi Moio, il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha chiamato a raccolta i colleghi ed i rappresentanti di 30 Paesi del mondo, che si riuniranno nel “Wine Ministerial Meeting” in Franciacorta, il 12 aprile, per poi fare rotta su “Opera Wine” by Wine Spectator, il 13 aprile, e su Vinitaly, dal 14 al 17 aprile, a Verona, “dove mostreremo al mondo la capacità dell’Italia di creare valore intorno al vino, la nostra eccellenza nel controllo della filiera, ma anche la nostra storia, la nostra cultura del vino, anche attraverso opere che arriveranno dal Museo del Vino di Torgiano della famiglia Lungarotti, e la capacità di fare innovazione, con esposizioni e spazi più da vedere e da vivere, che da raccontare oggi”. Parole dello stesso Francesco Lollobrigida, oggi, al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, in Sala Cavour, al tavolo con il presidente Veronafiere, Federico Bricolo, ed in collegamento con il presidente Oiv Luigi Moio, da Digione, il presidente Ice, Matteo Zoppas, ed il celebre nutrizionista Giorgio Calabrese. E se quest’ultimo è tornato a sottolineare come “il vino è un alimento liquido, consumato con moderazione, nel quadro di una alimentazione corretta e di uno stile di vita sano, non solo non fa male, come qualcuno si ostina a sostenere, ma è addirittura benefico”, il presidente Oiv Moio ha sottolineato come questo appuntamento che riunisce i Governi dei Paesi più importanti per il vino del mondo in Italia arrivi in un momento importante (continua in approfondimento).
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La corsa della cucina italiana verso l’Unesco
Chissà che presto non vada ad unirsi a compagni prestigiosi e conosciuti in tutto il mondo, sicuramente tra i simboli vincenti del made in Italy, come la Dieta Mediterranea o l’arte del “pizzaiuolo” napoletano. Già, perché la Cucina Italiana è ora formalmente in gioco per la corsa a diventare patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. La conferma arriva dal Governo, e sarà l’unica candidatura italiana per il ciclo 2024-2025. La candidatura nasce nel 2023 su impulso della Fondazione Casa Artusi, dell’Accademia Italiana di Cucina, del Collegio Culinario e della rivista “La Cucina Italiana”, ed è stata elaborata da un gruppo di esperti, coordinato da Pier Luigi Petrillo e da Elena Sinibaldi. Il dossier, adesso, sarà sottoposto ad una lunga e complessa valutazione da parte di un organo di esperti mondiali che concluderà il proprio esame a dicembre 2025.
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Focus
Weekend aperti, giovani ed esperienze: cresce l’enoturismo
Un fatturato in crescita dell’11%, anche se con un numero medio di visitatori in cantina in calo del 6%, frutto comunque di una concorrenza in costante aumento; uno scontrino per prenotazione che si fa sempre più “pesante” (109 euro, +18% sul 2022), la “destagionalizzazione” che sta crescendo (così come le offerte proposte ed i clienti “affezionati”) con le visite che vanno sempre più “forte”, grazie alle disponibilità ad aprire nei weekend con il wine-lovers sempre più desideroso di esperienze ricorrenti (96,5%) piuttosto che di partecipare ad eventi (3,5%), utili comunque per mitigare l’impatto della stagionalità. E poi i giovani, sono loro i più “curiosi” ed interessati a far visita alle cantine e questo lascia ben sperare per il futuro del settore. Appaiono, pertanto, in salute i numeri dell’enoturismo italiano, come si evince dai dati pubblicati nel “Report Enoturismo e Vendite Direct-to-Consumer 2024”, realizzato dall’impresa tecnologica Divinea con l’intento di supportare le imprese del settore vitivinicolo e gli esperti del settore per cogliere le opportunità legate alla vendita diretta e all’enoturismo, attraverso un’analisi dei dati. Il 2023 ha segnato un cambio di marcia per l’enoturismo in Italia: le esperienze si sono diversificate e le aziende attrezzate per accogliere i visitatori anche nel weekend.
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Cronaca
Contadi Castaldi e Chef Express “in volo”
Il grande vino italiano (come la ristorazione, di tutti i livelli) punta sempre più sul canale travel, presidiando stazioni e aeroporti del Belpaese e non solo. Ultimo progetto, in ordine di tempo, è quello che vede uniti uno dei giganti della ristorazione da viaggio, Chef Express del Gruppo Cremonini, ed una delle griffe del Franciacorta, Contadi Castaldi, del Gruppo Terra Moretti, che hanno celebrato il primo brindisi del nuovo sparkling bar dell’Aeroporto Milano Bergamo (Oro al Serio), dopo l’esperienza di successo dell’Aeroporto di Catania.
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Wine & Food
Il Friuli Venezia Giulia del vino saluta uno dei suoi padri nobili: si è spento Marco Felluga
Il Friuli Venezia Giulia del vino saluta uno dei suoi padri nobili: si è spento Marco Felluga, tra i primi ad intuire le potenzialità qualitative del Collio, insieme, seppur con percorsi imprenditoriali diversi, al fratello Livio Felluga (scomparso nel 2016, all’età di 102 anni). Marco Felluga, classe 1927, aveva fondato nel 1956 la sua prima cantina, la Marco Felluga, a Gradisca di Isonzo, per poi acquisire una delle tenute più celebri del territorio, Russiz Superiore, nel 1967. Ed aveva ricoperto per due mandati il presidente del Consorzio Vini Collio.
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Castello del Terriccio
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Consorzio Vini di Romagna
Tenuta Sette Ponti
Bosca
WineNews.tv
Chianti Classico, per molti il territorio più bello al mondo, anche grazie al “genio delle donne”
Storia e presente con Monica Raspi (Pomona) a Laura Bianchi (Castello di Monsanto), da Angela Fronti (Istine) a Sophie Conte (Fattoria Tregole), da Federica Mascheroni Stianti (Castello di Volpaia) a Barbara Widmer (Brancaia), da Ilaria Tachis (Podere La Villa) a Alessandra Casini (Bindi Sergardi), a Carlotta Gori e Giovanni Manetti, direttrice e presidente del Consorzio Chianti Classico.
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