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WineNews
N. 2.920 - ore 17:00 - Venerdì 12 Giugno 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
Il rating del vino secondo la Cina
Uno degli aspetti più complicati per un degustatore, è rendere in maniera sintetica le caratteristiche organolettiche di un vino, in modo da comunicare al consumatore cosa aspettarsi nel bicchiere. Compito per cui ci vuole un patrimonio di riferimenti condivisi: profumi, sapori, assaggi. Difficile se di mezzo c’è una distanza culturale, linguistica e gastronomica siderale. Come quella che separa l’Occidente dalla Cina. Che, in questi anni, ha studiato un suo sistema di rating: il Cwe - Chinese Wine Evaluator, creato da esperti del settore basandosi su lunghe ricerche sui consumatori cinesi di vino, sulla loro cultura del cibo e le loro abitudini alimentari.
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Primo Piano
Tra Borgogna e Bordeaux, quanto costa fare il vigneron Oltralpe
Diventare vignaioli costa. Non solo in termini di fatica e sacrificio, ma anche, più prosaicamente, da un punto di vista economico. E costa ancora di più se decidiamo di farlo in Francia, dove i prezzi dei vigneti sono, in alcuni casi, irraggiungibili. Certo, ci sono, come in Italia, enormi differenze di prezzo, e territori meno blasonati assolutamente alla portata, ma dalle quotazioni che emergono dal report di Safer - Società per lo sviluppo del territorio e l’insediamento rurale, analizzate da WineNews, l’aspetto che salta immediatamente all’occhio sono i 6,5 milioni di euro ad ettaro vitato nella Borgogna Grand Cru, valutazione in crescita del 4% sul 2018, con picchi di 15,5 milioni di euro ad ettaro nelle compravendite del 2019: essere Romanée-Conti, o Armand Rousseau, o Leflaive, non è decisamente per tutti. E se fare i vigneron in Cote d’Or, in media, presuppone un investimento di 735.000 euro ad ettaro, la Gironda è decisamente più accessibile. La media è infatti di “appena” 117.900 euro per un ettaro di vigna, ma si va dai 15.000 euro dei vini generici ai 2,3 milioni di euro di Pauillac (+5%), la casa di griffe come Château Lafite-Rothschild, Château Latour e Château Mouton-Rothschild. Scendendo sotto i due milioni di euro (ma con picchi di 4,5 milioni ad ettaro), a 1,9 milioni di euro, ecco i vigneti di Pomerol. Ancora più basse le quotazioni di Margaux, il terroir di Château Margaux e Château Palmer, dove un ettaro vitato costa in media 1,3 milioni di euro (+18%), ma può arrivare a 2,5 milioni. Stessa quotazione media di Saint-Julien, denominazione in rapida ascesa grazie a produttori come Château Beychevelle. Sorprende, limitatamente al contesto delle quotazioni di Bordeaux, Saint-Emilion, dove i prezzi medi si aggirano sui 290.000 euro ad ettaro vitato (+7%). Il terzo grande terroir di Francia, ma forse il primo per immaginario, considerando la popolarità dei grandi nomi delle bollicine francesi, da Taittinger a Dom Pérignon, è quello, sconfinato, dello Champagne. Diviso essenzialmente in tre macro territori: la Marna, dove il prezzo medio dei vigneti è di 1,2 milioni di euro ad ettaro (-2%, ma sfiora l’1.7 milioni di euro in Côte des Blancs), l’Aube, a quota 957.000 per ettaro vitato (-4%), e l’Aisne, dove i vigneti costano 870.000 ad ettaro (+2%).
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La pandemia non affossa i consumi
Il lockdown e la chiusura di attività economiche, bar e ristoranti in giro per il mondo ha di fatto spinto i consumi, e quindi il commercio, di vino in una spirale da cui ci vorrà del tempo per uscire. Lo hanno raccontato, in questi mesi, tanti dei più importanti produttori italiani a WineNews, facendo bilanci spesso drammatici, seppure limitatamente ad un periodo di due o tre mesi, con qualche eccezione, come quella della Svezia. Che emerge anche dall’analisi di Wine Intelligence sugli effetti della pandemia nei consumi di vino, disegnando un quadro meno preoccupante di quanto ci si aspetterebbe. Almeno in Germania, Svezia e Olanda, Paesi per molti aspetti simili, sia dal punto di vista socioeconomico sia dal punto di vista dell’impatto sul mercato enoico, decisamente inferiore alle attese.
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Focus
Michelin, i bookmakers su Cracco, Vissani e Cannavacciuolo
La pandemia ha paralizzato il mondo, ma la forza e la voglia di ripartire sono più forti di tutto. Specie tra i fornelli dei ristoranti stellati Michelin, che, nella corsa alla stella, o alla sua riconferma, verranno giudicati anche sulla capacità di adattarsi al mondo che cambia, come ha raccontato qualche giorno fa il direttore internazionale della Rossa, Gwendal Poullennec. Che in cantiere ha un’edizione 2021 che deve fare i conti con oltre la metà dei locali stellati ancora chiusi nel mondo, ma che non ha alcuna intenzione di recedere dal proprio compito. Tenendo ovviamente in conto il contesto in cui gli chef ed i ristoratori si trovano ad operare. E allora, da qui a novembre, quando sarà presentata l’edizione italiana, torneranno rumors ed indiscrezioni, alcune delle quali viaggiano già sui canali delle scommesse online, bancate da uno dei maggiori siti di scommesse, Stanleybet. Il più quotato? Carlo Cracco, con la riconquista della seconda stella, persa nel 2017, pagata a 2,5 la posta. Poco meno della terza stella del Ristorante Villa Crespi di chef Antonino Cannavacciuolo, quotata a 2,75, e quindi assai probabile secondo i bookmakers, pronti a scommettere anche su Gianfranco Vissani: le probabilità di tornare ai fasti delle due stelle sono decisamente alte, con una quota di 3,5.
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Cronaca
L’allarme del Chianti
“Siamo rimasti soli. Nonostante gli annunci del Governo le nostre aziende stanno cercando di superare questa crisi senza precedenti facendo affidamento esclusivamente sulle proprie forze. Non ci aspettavamo che la distanza fra i problemi delle imprese e le Istituzioni fosse così abissale. Senza alcun sostegno, nei prossimi mesi il 40% della Toscana sarà in vendita. È arrivato il momento di mobilitare tutto il mondo del vino toscano”. È l’allarme, drammatico, lanciato da Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti.
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Wine & Food
Coldiretti: un manifesto per la via italiana al Cyber Food
Un manifesto per la prima via italiana all’agroalimentare 4.0, che passa per tecnologie, sicurezza e controlli 100% made in Italy. A proporlo, dall’Innovation Day dedicato alle innovazioni tecnologiche, dal campo alla tavola, organizzato nei giorni scorsi dal Ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, è la Coldiretti. Che ha individuato sei pilastri: accelerare la transizione digitale, fornire agli agricoltori supporto alle decisioni agronomiche in tempo reale, creare consapevolezza e cultura nel consumatore su provenienza e caratteristiche dei prodotti adottando la tracciabilitàdigitale, incentivare modelli economici equi, sostenere lo sviluppo di canali di vendita digitali per le filiere corte, sviluppare brevetti made in Italy. Come ha ricordato l’ad di Bonifiche Ferraresi Federico Vecchioni, citando il Ministro Marcora, “se non difendete l’agricoltura, morirete di fame”.
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Sabellico: tecnologia e social ci hanno tenuto in contatto con produttori e lettori
Così come in cantina e in vigna, il lavoro dei degustatori, nonostante il lockdown, è andato avanti spedito. E, come racconta a WineNews Marco Sabellico, curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, “l’1 settembre manderemo in stampa la nuova edizione. In questi mesi abbiamo imparato ad usare tecnologia e social, restando in contatto con i produttori e con chi ci legge. Speriamo che sia stata una parentesi, ma qualcosa resterà. Continueremo ad andare per cantine ed eventi, come abbiamo già ripreso a fare”.
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