Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 2.922 - ore 17:00 - Martedì 16 giugno 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
Un bottiglia di Romanée Conti 1991 (stimata tra i 10.000 ed i 20.000 euro), 6 di La Tache 1998 (15-30.000 euro), sul fronte francese; una mini-verticale di Masseto (2006-2011, stimata tra i 3.500 ed 7.000 euro), grandi formati come la magnum di Sassicaia della leggendaria annata del 1985 (2.000-4.000 euro), passando per la doppia magnum del mito Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno, annata 1999 (3.000/6.000 euro), mentre la singola bottiglia italiana più preziosa in catalogo è quella di Barbaresco Riserva Speciale Bruno Giacosa 1961 (2.500/5.500 euro). Sono i pezzi pregiati dell’asta di Pandolfini, il 17 e 18 giugno a Firenze. |
|
|
|
|
Da qualche tempo, già prima del Covid, il mondo del vino italiano e quello della finanza avevano iniziato ad incontrarsi con più intensità. Se poche sono ancora le cantine quotate in Borsa (Masi e Italian Wine Brands, entrambe sul listino Aim), di più sono quelle che vedono fondi di investimento nel proprio capitale, sia in quote di maggioranza che di minoranza (nomi come Zonin 1821 che vede come socio di minoranza la 21 Invest di Alessandro Benetton, o Farnese Vini, guidata da Valentino Sciotti, oggi controllata dal fondo Usa Platinum, o ancora la stessa Masi, che vede come nuovo socio di minoranza la Red Cirlce Investment del patron di Diesel Renzo Rosso, solo per fare degli esempi). Altre realtà, anche importanti, negli ultimi anni hanno emesso minibond (da Tenute Piccini a Velenosi, da Tasca d’Almerita a Cantina Offida), altri ancora, come Collina dei Ciliegi, produttrice di Amarone della Valpolicella, sperimentano la via della vendita “en primeur”. E non mancano linee di credito vedono come garanzia proprio le grandi bottiglie di vino, fino a strumenti che trasformano il liquidità persino il magazzino, come Supply@me, di cui abbiamo scritto qualche giorno fa. Esempi di una finanza che, a causa del Covid, sarà sempre più importante per il mondo del vino. Che, intanto, tra marzo e maggio 2020, solo in Italia, ha perso qualcosa come 2 miliardi di euro, “equivalente al 20% dei ricavi non più recuperabili nel 2020”. A dirlo l’analisi presentata oggi da Davide Gaeta docente dell’Università degli Studi di Verona (e produttore con la cantina Eleva), nel webinar organizzato da Foragri, con L’Informatore Agrario, Vite & Vino e Centro Studi Management DiVino. “Ora - ha detto Gaeta - servono misure urgenti di politica economica per recuperare la crescita dei consumi. Una leva potrebbe essere rappresentata dalla riduzione di qualche punto dell’Iva”. In ogni caso, i bilanci delle cantine ne risentiranno, con gli utili che, secondo Luca Castagnetti, direttore del Centro Studi Management DiVino, saranno in ribasso per le cantine piccole (-3,6%) e medie (-2,3%), mentre terranno di più le grandi (+1,1%, a fronte di un +5,7% negli ultimi anni): “esploderà il fabbisogno di strumenti finanziari, con un incremento che per le imprese da 3 a 10 milioni di euro sarà di 7 volte superiore rispetto al periodo pre-Covid”. |
|
|
|
|
“Si deve ripartire dai territori, dal legame con la terra, dall’agricoltura di qualità, dal wine & food made in Italy. Frasi sulla bocca di tanti, in ogni epoca, e spesso anche i questi giorni in cui si ognuno scrive la sua ricetta per superare la crisi imposta dalla pandemia. Ma nel piano Colao presentato al Governo (mentre il manager ha salutato tutti ed è di ritorno verso Londra, ndr) e al centro degli Stati Generali dell’Economia a Roma, di specifico sul comparto agricolo, non c’è nulla di nulla. A sottolinearlo Slow Food, che sottolinea come “il piano Colao riporta l’Italia a quando nasceva Slow Food, più di trent’anni fa e si dimentica del suo vero tesoro: la produzione agricola e alimentare di piccola scala”. Un errore enorme: come sottolinea Cinzia Scaffidi dell’Università di Pollenzo, “intorno all’agricoltura si devono posizionare i tavoli di costruzione del futuro”. |
|
|
|
|
|
In era di Covid si viaggia via web, con il calice in mano: dal Chianti Classico alla Champagne, dal Napa Valley a Bordeaux, dalla Rioja alla Borgogna, dalla Barossa Valley al Douro, da Long Island a Paso Robles, da Jerez a Long Island, da Monterey County alla Willamette Valley, dal Sudafrica a Washington, sarà di scena, domani, “Wine On Earth Taste-A-Thon”, maratona di degustazione virtuale che attraverserà Italia, Australia, Francia, Giappone, Portogallo, Spagna, Sudafrica e Stati Uniti, firmata da Wine Origins Alliance, associazione che mette in rete 26 delle Denominazioni di Origine del vino più importanti del mondo, legate insieme dal concetto del legame profondo dei propri vini con i territori in cui nascono. L’Italia, come detto, sarà protagonista con i vini del Consorzio del Chianti Classico, con la degustazione guidata dal sommelier Lorenzo Tesi, miglior sommelier d’Italia 2019, alle ore 18. “Wine Origins Alliance ha l’obiettivo di spiegare quanto sia importante il ruolo della provenienza e del terroir nella qualità e nell’unicità dei vini. La sensibilità dei consumatori verso questi fattori non è mai stata così forte come in questo periodo di pandemia. Questa prima degustazione virtuale globale promuove il carattere universale di questi valori” ha affermato Vincent Perrin, direttore generale del Comité Champagne. |
|
|
|
|
|
Il vino è un “family business”. E così, in Usa, nasce una nuova alleanza tra Allegrini, una delle famiglie più importanti del Belpaese enoico, e Trinchero, alla guida della Trinchero Family Estate, la seconda realtà “familiare” più grande del vino d’America e del mondo, dopo Gallo. Una collaborazione, quella tra Allegrini e Trinchero, focalizzata su San Polo, la cantina in terra di Brunello di Montalcino del gruppo Allegrini (guidata dalle figlie Caterina e Carlotta), mentre continua la partership con Lux Wine di Gallo, per i vini della Valpolicella e di Bolgheri. |
|
|
|
|
Sagre, un must in Italia, soprattutto d’estate. Ma, da sempre, anche elemento di discordia tra ristoratori e chi le organizza, dalle Pro Loco alle associazioni di volontariato o di partito, spesso più come forma di finanziamento (con regimi fiscali agevolatissimi rispetto alle imprese, ndr) che come momento di valorizzazione del territorio. E in piena crisi Covid-19, fa discutere più che mai il via libera dato da molte Regioni alla possibilità di organizzarle, pur sempre nel rispetto delle norme generali e di sicurezza imposte alla ristorazione che, però, realisticamente, sarà difficilissimo far rispettare. “È uno schiaffo alla ristorazione, il colpo di grazia ad un settore già in grande difficoltà” ha detto a WineNews Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe/Confcommercio. Secondo cui, di 42.000 sagre che ci sono ogni anno in Italia, 32.000 sono “false”, senza legami con i prodotti del territorio. |
|
|
|
|
|
A WineNews Massimo Tuzzi, tra i top manager del vino italiano (ex ad Zonin1821): “fondamentale non cedere alla svendita per fare cassa subito. Dalla pandemia dobbiamo imparare ad ascoltare più di prima i mercati. Le grandi realtà hanno spalle più solide, i piccoli più agilità per reagire alla crisi, ma tutti sono in sofferenza, e ognuno deve trovare la sua strada. Ma tutto il settore dovrà fare i conti non con un mondo che sta cambiando, ma che è già cambiato”. |
|
|
|
|