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N. 2.760 - ore 17:00 - Martedì 22 Ottobre 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Dopo il riconoscimento Unesco per “Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene”, i luoghi dove è nato lo spumante italiano più famoso del mondo guardano al futuro, con tutti i 29 Comuni dell’area coinvolta dal sito Unesco chiamati a sottoscrivere un nuovo disciplinare urbanistico insieme alla Regione Veneto, con il presidente Luca Zaia a tracciare la rotta: “la mia idea è sempre stata quella di non autorizzare nuove costruzioni per l’ospitalità turistica, ma di valorizzare quanto già esiste. La vera sfida sarà catalogare i piccoli immobili rurali presenti e permettere ai loro proprietari di riqualificarli con destinazione turistica”. |
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“Qui le vigne sono grandi perché c’è il tufo che allatta la pianta”. È il detto dei vecchi viticoltori. È il Vulture. Batte qui la storia enologica della Basilicata figlia della Magna Grecia. Alle pendici del “gigante dormiente”, batte ad un ritmo nuovo e vivace la vita agricola legata a quell’antico vitigno portato dai coloni intorno al VIII secolo a. C.. Sui terreni resi tufacei dalle ceneri è in corsa un comparto che sogna di portare la voce lucana ad emergere dal coro dell’offerta del vino italiano e che sta contagiando e trainando l’intero scenario produttivo della Regione. Alle porte del Congresso Assoenologi n. 74, in programma a Matera dal 31 ottobre al 3 novembre, con il tema “Vino come cultura” (e con la presenza confermata del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte), la Basilicata del vino si prepara ad emergere sotto i riflettori. La raccontiamo (nell’approfondimento) in un ideale viaggio di scoperta che la attraversa, tra testimonianze del passato, del presente e aspirazioni per il futuro. Con progetti recenti, come, partendo dal Vulture, quello dell’azienda agricola Le Nuvole, che mescola metodi di viticoltura ancestrale, con il minimo intervento nella vinificazione, e impegno sociale, o ancora quelli storici, di lungo corso, come quelli della Paternoster, tra le cantine di riferimento del territorio, nata nel 1925, e da qualche anno sotto l’egida della famiglia veneta Tommasi. O ancora, esperienze come quelle della Cantina Sociale di Venosa, o della Re Manfredi Terre degli Svevi del Gruppo Italiano Vini, realtà che in modo diverso, con percorsi diversi, hanno aperto la strada in cui si sono inserite anche piccole aziende come Elena Fucci o Mastrodomenico, tra le altre, diventate firme della Basilicata contemporanea. C’è chi ha investigato la maturazione e l’invecchiamento dell’Aglianco, come Cantine del Notaio, chi percorre oggi la via dei “cru” aziendali, avendo vigneti in tante zone diversi, come Basilisco, del gruppo Feudi di San Gregorio. E chi ha creato e investe nelle altre denominazioni della Regione, come la Doc Matera, quella delle Terre Alte della Val d’Agri, dove il vitigno principe è il Primitivo, o del Grottino di Roccanova dove regna il Sangiovese. Tante facce di un terra che è ancora un diamante grezzo dell’enologia italiana, che punta a brillare più che mai. |
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Prodotti in vigneti “estremi”, con un’altitudine superiore ai 500 metri sul livello del mare, in terreni con una pendenza superiore al 30%, con le vigne piantate su terrazze e gradoni, che caratterizzano una viticoltura per lo più di montagna, ma presente anche sulle piccole isole: è la carta di identità della viticoltura “eroica”, come definita dal Cervim, che arricchisce e caratterizza tanti territori del vino italiano, dalla Valtellina a Pantelleria, e che si candida a diventare Patrimonio Unesco. Messaggio rilanciato nei giorni scorsi, a Milano, nel convegno promosso dal Cervim e dalla Regione Lombardia. “È più che mai necessario mantenere e valorizzare i vigneti in zone estreme come l’arco alpino, caratterizzati da vitigni autoctoni, che, tra le altre cose, rappresentano un segno concreto della biodiversità”, ha sottolineato il presidente Cervim, Roberto Gaudio. |
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La Corte di appello del Tribunale di Venezia, nei giorni scorsi, ha messo la parola fine all’annosa querelle sull’uso del nome “Amarone” tra il Consorzio Vini della Valpolicella e le Famiglie Storiche che, dal 2009, raggruppano 13 cantine storiche tra le più importanti della denominazione: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato. La sentenza di appello, dalle indiscrezioni raccolte da WineNews, avrebbe confermato quella dell’ottobre 2017 a favore del Consorzio, che ordinava alle “Famiglie dell’Amarone d’Arte” (questa all’epoca la denominazione del raggruppamento, ndr), tra le altre cose, di rimuovere dalla denominazione sociale qualsiasi riferimento totale o parziale alla Docg Amarone della Valpolicella, ivi inclusa la parola Amarone, accertava la nullità del relativo marchio italiano e ne vietava l’uso, ordinandone anche la rimozione dalle bottiglie di vino. La sentenza - secondo i rumors - sbloccherebbe anche le sospensive concesse dalla sentenza di primo grado alle Famiglie Storiche, obbligandole alla pubblicazione della sentenza su importanti testate giornalistiche a diffusione nazionale, e al pagamento dei danni per l’uso improprio del marchio collettivo tutelato dal Consorzio Vini della Valpolicella. |
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Cresce il mercato di botti, barrique e tonneaux, almeno dal punto di vista francese: secondo i dati della Fédération des Tonneliers de France, infatti, nel 2018 la produzione è stata di 670.000 unità, per un fatturato di 475 milioni di euro, pari al +3,2% sul 2017, anno di contrazione. Il mercato francese, con un terzo delle vendite, conserva il titolo di leader mondiale: dietro la Francia, si classificano gli stessi paesi del 2017, ovvero Stati Uniti, Spagna, Australia e Italia. |
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Se la grande critica della ristorazione mondiale ha un peso notevole nel decretare il successo di chef e ristoranti, anche la voce del popolo, ha un ruolo rilevante. E per i Travelers’ Choice Restaurants 2019, premi firmati dalla piattaforma TripAdvisor, è il ristorante Villa Crespi dello chef Antonino Cannavacciuolo a rappresentare l’Italia nella classifica mondiale dei migliori ristoranti di lusso, e lo fa dall’alto del terzo gradino del podio mondiale, dietro al Trb Hutong di Pechino, n. 1, e l’Epicure di Parigi. Nella top 10 dell’alta cucina del Belpaese, invece, dietro a Villa Crespi, ci sono Da Vittorio a Brusaporto, Lido ’84 a Gardone Riviera, VUN Andrea Aprea e Seta, a Milano, il Ristorante alle Corone a Venezia, Uliassi a Senigallia, l’Ensama Pesce a Sala Bolognese, Il Buco di Sorrento e La Pergola a Roma. |
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A WineNews lo chef che arriva dal 2 stelle Michelin Locanda Margon di Trento, e Annalisa Casagrande responsabile didattica del Mart, uno dei musei di arte moderna e contemporanea più importanti d’Italia e d’Europa. Dove, da oggi, la passione per la cultura artistica e per quella culinaria, l’estro creativo e la valorizzazione delle produzioni agricole del territorio, parlano una lingua comune capace di affascinare appassionati d’arte e gourmet. |
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