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N. 4.190 - ore 17:00 - Giovedì 3 Aprile 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | Dazi universali per tutte le merci prodotte fuori dagli Usa al 10%, a partire dal 5 aprile, e poi le diverse aliquote per Paese o area geografica, il 20% nel caso dell’Unione Europea, compreso anche tutto il comparto del vino e dell’agroalimentare, dal 9 aprile (mentre sarebbero “salve” le merci in transito o già caricate sull’ultimo mezzo che deve arrivare poi negli States entro il 4 aprile): è la “road map” tracciata dal Presidente Usa, Donald Trump, nell’ordine esecutivo firmato ieri, con il n. 1 degli Stati Uniti che nel suo discorso di ieri sera, alle 22 ore italiane (in approfondimento) nel segno dell’“America First”, ha dettato alle economie del mondo. | |
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| | Mentre il quadro su dazi Usa prima promessi, e poi introdotti da Donald Trump, in quella che è stata, secondo il Presidente Usa, una nuova “dichiarazione di indipendenza economica”, si fa di ora in ora più chiaro, nella sua durezza e nelle sue tempistiche, oltre che dal mondo della politica dell’Italia e dell’Unione Europea, già al lavoro per limitare i danni e cercare una soluzione diplomatica più rapidamente possibile (anche se sono già pronti i contro dazi sui prodotti Usa, che potrebbero essere annunciati intorno a metà aprile, ndr), arrivano le reazioni delle organizzazioni di categoria, dei Consorzi e dalle imprese dell’agroalimentare e del vino italiano (da Unione Italiana Vini-Uiv a Federvini, da Ceev a Federalimentare, da Coldiretti a Confagricoltura, dalle Cooperative alla Cia-Agricoltori, da Legacoop Agroalimentare a Origin Italia, passando per tanti Consorzi e aziende focalizzate sull’export, come Edoardo Freddi International, in approfondimento) che hanno negli Usa un mercato fondamentale, con 7,8 miliardi di euro di esportazioni complessive nel 2024, di cui 1,9 miliardi solo di vino, con gli Stati Uniti partner n. 1 assoluto delle cantine tricolore. Tra chi si dice più preoccupato, chi predica prudenza, chi sottolinea una volta di più la necessità di diversificare i mercati di riferimento del vino italiano, a partire dal Sudamerica, grazie al recente accordo tra Ue e Mercosur, e chi non la vede troppo male, o, quanto meno, non tanto da cedere al panico, facendo leva su fattori come il buon rapporto qualità-prezzo dei vini italiani, storicamente un punto di forza dell’offerta tricolore, e sul fatto che un aumento del 20%, se in parte sarà assorbito dai produttori, in parte dal trade Usa ed in parte spalmato sul consumatore, almeno per un po’, seppur con fatica, potrebbe essere sostenibile. In ogni caso, la tensione è alta, anche perché, come sottolineano molti analisti, siamo davanti ad una situazione inedita, con i dazi che uno dei mercati di consumo più importanti del mondo impone su moltissime merci di tanti grandi produttori, Unione Europea e area asiatica, Cina inclusa, in testa, con conseguenze difficilmente prevedibili sul complesso dei consumi, e ancor di più su singoli settori, peraltro voluttuari, come quello del vino. | |
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| | Nel grande dibattito tra vino e salute, tra chi sostiene i benefici del bere moderato e “mediterraneo”, ai pasti, e chi condanna non già l’abuso, ma anche il solo consumo, sta entrando nella fase operativa un nuovo studio europeo, guidato dal professor Miguel A. Martínez-González, dell’Università di Navarra, che si chiama Unati (University of Navarra Alumni Trialist Initiative), finanziato dallo European Research Council (Erc) con 2,5 milioni di euro. Confronterà gli effetti dell’astensione totale e del consumo moderato di vino all’interno di un modello alimentare basato sulla Dieta Mediterranea, coinvolgendo direttamente oltre 10.000 adulti. L’annuncio è arrivato nel congresso “Lifestyle, Diet, Wine & Health”, promosso da Wine Information Council, Irvas e Wine in Moderation, a Roma, nei giorni scorsi. | |
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| | | Sempre più amato, soprattutto dalle nuove generazioni, attente al rispetto dell’ambiente ed alla sostenibilità, il vino prodotto “secondo natura” guarda al futuro, intercettando tendenze come leggerezza e bevibilità, il legame con i territori anche in un’ottica di enoturismo, l’interesse per le storie dei produttori, e l’abbinamento con una cucina buona e salutare. E lo fa, raccontandosi in un “trio” di eventi ormai consolidato (di scena, nei giorni di Vinitaly, a pochi passi da Verona): “Summa” da Alois Lageder (5-6 aprile) che trasforma il borgo di Magrè, in Alto Adige, in un luogo di incontro tra oltre 100 vignerons di tutto il mondo; “ViniVeri” a Cerea (4-6 aprile), che celebra, con più di 100 vignaioli dall’Italia e non solo, 20 anni della rassegna del Consorzio ViniVeri; e “VinNatur Tasting” a Gambellara (5-7 aprile), dove anche l’Associazione Vinnatur festeggia 20 anni, con 200 vignaioli dall’Italia e da diversi Paesi europei. Ma non solo: direttamente a Verona, negli anni, sono spuntati tanti piccoli eventi, che, in questo caso specifico, sfruttano il richiamo, come “Dwl-Drink With Love” (Musical Box, 6-8 aprile), “speak-easy enoico” di “amici produttori artigianali” che incontrano addetti ai lavori, e il nuovo “Vinari” (Crown Plaza Hotel, 7-8 aprile), dove fanno lo stesso i “Vi.Te - Vignaioli e Territori”, “fuorisciti” dalla fiera. | |
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| | | Un calice di Champagne da degustare comodamente seduti sul sedile di un aereo, magari sorvolando l’oceano, è da sempre un simbolo del lusso: ma le bollicine francesi potrebbero presto essere soppiantate da quelle made in England. Almeno a bordo della British Airways: la compagnia inglese sarà infatti la prima al mondo a servire - in First Class e Club World - gli sparkling wine nazionali (che, secondo le ultime ricerche di mercato, stanno vivendo un momento d’oro), puntando sulle marche più note, tra cui Nyetimber, Gusbourne e Sugrue South Downs. | |
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| | Al primo posto svetta, a sorpresa, la Bulgaria, con l’antica regione vitivinicola di Plovdiv; a seguire La Rioja, in Spagna, con Bilbao e l’iconico Museo Guggenheim a fare da cancello d’ingresso; poi l’intramontabile Bordeaux (n. 3), tra i più famosi territori del vino francese, e la Valle del Douro (n. 4), in Portogallo. Al quinto posto troviamo la prima meta italiana, ovvero la Toscana, seguita dalla regione della Champagne (n. 6) e dal Piemonte (n. 7). Infine l’Alsazia (n. 8) in Francia, la Mosella (n. 9) in Germania e Santorini (n. 10) in Grecia. Sono queste le 10 migliori capitali del vino in Europa del 2025 selezionate da “European Best Destinations”, noto sito di viaggi, attraverso un sondaggio tra oltre 280.000 amanti del vino di 82 Paesi. Plovdiv ha superato alcune delle regioni vinicole più iconiche del mondo grazie ad una tradizione vinicola che risale ad oltre 5.000 anni fa. | |
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| | | Dal salvataggio da parte della famiglia Nonino, alla nuova valorizzazione, mettendo insieme ricerca, qualità e territorio. Una delle tante facce del Friuli Venezia Giulia del vino (che la Regione racconterà a Vinitaly in una nuova expo dedicata al binomio vino-cibo) protagonista, nei giorni scorsi, del “World Pignolo Day”, nelle parole di Ben Little (Associazione Pignolo Fvg), Antonella, Cristina ed Elisabetta Nonino (Nonino), Silvio Jermann (Jermann), Marco Simonit (Simonit & Sirch), Giovanni Bigot (Perleuve), Tommaso Cerno (direttore “Il Tempo”) e Toni Capuozzo (giornalista). | |
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