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N. 2.626 - ore 17:00 - Lunedì 1 Aprile 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Poche cose come il vino riescono a far incontrare culture e linguaggi diversi. È così per La Grola, vigneto-icona della Valpolicella, da 40 anni di proprietà della famiglia Allegrini, negli anni al centro di limited edition firmate da artisti come Manara, Kandinsky, e non solo. E che ora si fa fulcro dell’incontro tra Occidente ed Oriente, con l’etichetta firmata dal visionario giapponese Hiroyuki Masuyama, che ha raccontato il vigneto fotografandolo per 24 ore. “Il vino è simbolo di incontro - spiega Marilisa Allegrini – e come imprenditori sappiamo che non c’è niente di meglio delle contaminazioni culturali per sviluppare anche il business individuale”. |
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Il terroir di cui prendersi cura con attenzioni da “buon padre di famiglia”, soprattutto pensando alla sostenibilità di suolo e ambiente; l’importanza fondamentale di non mettere i valori economici davanti a quelli umani e culturali, la preoccupazione per le altissime quotazioni dei vigneti che possono creare problemi, anche in un territorio come la Borgogna. Sono tanti gli spunti su cui riflettere, che arrivano, nell’intervista di WineNews, ad Aubert De Villaine, co-proprietario di una delle cantine più prestigiose del mondo, Domaine Romanée-Conti, icona della Borgogna, e protagonista dell’ultimo mezzo secolo di uno dei territori più storici ed importanti nel panorama mondiale, incontrato, nei giorni scorsi in Val d’Orcia, patrimonio Unesco, nelle Giornate Giulio Gambelli, volute da Pasquale Forte, alla guida della cantina Podere Forte, ormai uno dei punti di riferimento della Toscana del vino. “Il terroir è un luogo che l’uomo ha riconosciuto come adatto alla produzione di un vino con un carattere. L’uomo comprende il terroir ed è capace di trovare i mezzi per fargli esprimere tutto il potenziale al livello più alto”, ha spiegato De Villaine. Un terroir che va trattato con la logica del “buon padre di famiglia, e da agricoltori, perchè l’agricoltore non vuole che la terra perda la sua ricchezza”. E la crescita dell’attenzione per la terra, secondo De Villaine, è stato uno dei cambiamenti più importanti nella Borgogna (come a Romanèe Conti, diventata prima biologica, e poi biodinamica), degli ultimi 50 anni. Di certo, la crescita ed il successo della Borgogna enoica nel mondo, hanno portato ad una crescita stellare sia delle quotazioni dei vini che dei vigneti (che nei cru più prestigiosi, secondo l’agenzia francese Safer, hanno sfiorato in 14 milioni di euro ad ettaro, e partono da un minimo di 3 milioni di euro ad ettaro). Ed “è una tendenza pericolosa, perché può essere pregiudiziale per i cambi di proprietà, intesi sia come eredità che come acquisto. È una situazione preoccupante, della quale dovrebbe occuparsi l’autorità pubblica”. Anche perchè, spiega ancora De Villaine, “la conservazione delle tradizioni e della storia della Borgogna, e dei suoi tanti piccoli e preziosi “climat” è nelle mani delle piccole realtà a conduzione familiare, fondamentali anche per la continua ricerca della longevità dei vini”. |
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Ridurre le rese massime di uva per ettaro per i vini generici e varietali, valutarne la coerenza e l’appropriatezza al mercato per quelli a denominazione, sfruttare di più e meglio tutti i meccanismi di governo dell’offerta, per evitare squilibri di mercato, sui vini Dop, e porre più attenzione sul governo dei superi, dei declassamenti e delle stesse riclassificazioni, e non solo: sono le proposte lanciate dall’Alleanza delle Cooperative, segmento che vale più della metà della produzione di vino italiano, per voce della coordinatrice del settore vino, Ruenza Santandrea. “Per intervenire sul settore prima che vada in difficoltà in uno scenario in cui l’offerta produttiva di vino nazionale è ai massimi (55 milioni di ettolitri nel 2018, +29% sul 2017) e l’export ha corso solo in valore (6,2 miliardi) calando però dell’8% nei volumi”. |
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Continuano a crescere soprattutto le bollicine, nei consumi degli italiani, meglio di vini rossi e bianchi, anche in questo avvio di 2019. Tendenza che emergone dall’Osservatorio Signorvino, la più importante catena di enoteche d’Italia (16 store in tutta Italia, da Torino a Merano, da Verona a Bologna, da Firenze a Castel Romano, ultima apertura e prima nel Lazio, ndr), che muove oltre 1.500 etichette di 250 cantine del Belpaese, ed un fatturato di 31 milioni di euro. Dalla ricerca, come detto, si conferma il peso delle Regioni più importanti sul mercato enoico: l’80% delle vendite a valore è fatta di vini provenienti da Veneto (35%), Toscana (15%), Piemonte (13%), Lombardia (12%) e Trentino Alto Adige (10%). Una crescita dei consumi a valore stimata nel +6%, da Signorvino, col le fasce di prezzo più dinamiche che sono quelle tra i 50 ed i 100 euro a bottiglia (+15%, per un peso sulle vendite dell’11%) e quella tra i 6 ed i 9,9 euro (+12%, per un peso sulle vendite del 16%), anche se quasi la metà delle vendite è nella fascia tra i 10 ed 29,9 euro (48%, in crescita dell’8%), mentre i vini tra i 30 ed i 49,9 euro pesano per il 20% (e crescono del 9%). Tra le denominazioni più in crescita, spiccano il Lugana tra i bianchi (+34%), il Lambrusco tra i rossi (+31%) e l’Alta Langa tra le bollicine (+43%). |
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Tra le mille curiosità che si fanno largo nel mondo del vino, da qualche anno è in voga la tendenza di affinare il vino nelle profondità del mare. Pioniera in questo senso, in Italia, è la cantina ligure Bisson, con il progetto “Abissi” (che, nei giorni scorsi, ha inaugurato la sua nuova cantina). E proprio lo spumante Abissi, insieme ad altri vini affinanti in fondo al mare, da cantine come Tenuta del Paguro, Santa Maria La Palma o Arrighi, e lo Champagne di Jamin saranno protagonisti di un evento a tema firmato dai Sommelier Ais l’8 aprile, a Vinitaly. |
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Il brand Toscana, nel vino e non solo, è uno dei più forti che l’Italia può offrire. Un brand costruito nei secoli, dalla Firenze del Rinascimento ai giorni nostri. Ed ora i nomi del vino più importanti della Regione, tornano a puntarci forte, per rilanciare e valorizzare, e dare un’identità a quell’Igt Toscana sotto cui finiscono oltre 76 milioni di bottiglie, per un valore alla produzione di 380 milioni di euro, e 12.400 ettari rivendicati. È l’obiettivo dei nuovi vertici dell’Ente Tutela del Vino Toscana Igt, che ha eletto presidente Cesare Cecchi, alla guida della storica realtà del Chianti Classico, e vede nel suo Cda big del vino regionale, dall’ad della Marchesi Antinori Renzo Cotarella ad Enrico Viglierchio, dg Castello Banfi, da Sandro Sartor, ad Ruffino, a Paolo Gamberi, dirigente della Frescobaldi, per citarne alcuni. |
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Secondo il docente di Diritto Agrario all’Università di Firenze, “le Dop funzionano se tutta il sistema dell’offerta funziona. E su questo si deve migliorare, si deve alzare l’asticella. Ed è un compito che spetta tanto ai Consorzi di Tutela, che ai singoli produttori, perchè le cose funzionano dove tutta l’offerta crescere di livello, sia in qualità che sul fronte della presenza e del posizionamento sui mercati”. |
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