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WineNews
N. 4.133 - ore 17:00 - Lunedì 20 Gennaio 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
José Mourinho, produttore di vino
Amato dagli interisti per il clamoroso “Triplete” del 2010 (scudetto, Coppa Italia e Champions League), tra gli allenatori più vincenti e ancora in attività del calcio moderno, anche José Mourinho, come tanti altri personaggi del mondo del calcio (da Luciano Spalletti ad Andrea Barzagli, da Andres Iniesta a Leo Messi, da Andrea Pirlo a Hernanes, per citarne solo alcuni), sbarca nel mondo del vino. E non poteva che chiamarsi “The Special One”, soprannome che ne ha caratterizzato la carriera, e arrivare dal suo Portogallo, e dalla regione del Douro, il suo primo vino “pensato per essere condiviso con qualcuno di veramente speciale” …
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Primo Piano
Economia e salutismo pesano sul mercato del vino. Che deve riuscire a conquistare la GenZ
Ricavi ridotti, non solo per le vendite in calo, ma anche per l’aumento dei costi, di produzione e del denaro, sono fattori che molti produttori di vino stanno toccando con mano, guardando ai bilanci, e che, con ogni probabilità, saranno “sgraditi ospiti” anche nel 2025. Ma a pesare sugli operatori sono anche, o soprattutto, le incertezze e i timori per quale potrà essere l’evoluzione del mercato globale del vino nel medio-lungo periodo. A ribadirlo è anche il Rapporto “Situazione congiunturale del settore vino in Italia nel 2024 ed esigenze rispetto alle traiettorie future”, firmato da Ismea, che sottolinea come “si registra una diffusa consapevolezza rispetto al fatto che, sebbene nel 2023 la posizione internazionale del vino italiano sia rimasta solida e i dati sui primi otto mesi 2024 indichino una crescita delle esportazioni italiane, una contrazione generale del mercato danneggerebbe in modo grave la sostenibilità complessiva del sistema del vino italiano nel suo attuale assetto”. Eppure, un ulteriore calo dei consumi sembra lo scenario più probabile, tra economie in difficoltà, salutismo crescente e non solo. Ismea, l’Osservatorio del Mercato Europeo del Vino e altri esperti del settore, spiega il rapporto, identificano tre fattori principali che contribuiscono al calo del consumo di vino. Inflazione e recessione economica in primis, con la riduzione dei redditi disponibili che ha portato a un minor consumo di vino, e con l’impatto di questo fattore che potrebbe diminuire con la ripresa economica. A seguire, le preoccupazioni per la salute e cambiamenti sociali, con una maggiore consapevolezza dei problemi di salute che ha portato ad una riduzione del consumo di alcol, in una tendenza che si prevede a lungo termine. Infine, il cambiamento delle preferenze, con i consumatori che, sottolinea Ismea, preferiscono sempre più altre bevande alcoliche, come birra e superalcolici, rispetto al vino. La speranza, per una ripresa della domanda, è legata alla capacità di conquistare i giovani e adattare l’offerta, secondo gli analisti. Anche perché i Boomer, che hanno guidato la crescita del mercato, diminuiscono fisiologicamente, con il “bersaglio grosso” che diventa la GenZ, anche se “la capacità di comunicazione del sistema delle imprese del vino viene giudicata strutturalmente ancora inadeguata”.
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Champagne, non si festeggia
Se esiste un modo universalmente riconosciuto per fare festa e brindare, almeno in Occidente, è stappare una bottiglia di Champagne: e visto che le bollicine francesi stanno vivendo una crisi strutturale (le esportazioni globali sono diminuite del 9,2% nel 2024, attestandosi a 271,4 milioni di bottiglie), vuol dire che “questo non è il momento di festeggiare, con l’inflazione, i conflitti in tutto il mondo, l’incertezza economica e un atteggiamento di attesa politica in alcuni dei più grandi mercati, come la Francia e gli Stati Uniti d’America”: è questa la convinzione di Maxime Toubart, co-presidente del Comité Champagne, secondo cui le bollicine francesi sono il “vero barometro dell’umore dei consumatori”. Nonostante le difficoltà, il mondo dello Champagne punta a mantenere gli obiettivi ambientali e conquistare nuovi mercati. 
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Focus
Usa e vino: giù le vendite ma cresce l’export, temendo i dazi
Donald Trump, da oggi, è ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti. Ed il mondo del vino (e non solo) Ue, guarda con grande attenzione ai dazi promessi in campagna elettorale. Ma da più parti si ipotizza che, oggi come allora, qualche importatore abbia anticipato gli ordini per far fronte al mercato dei prossimi mesi, evitando eventuali problemi (e anche grazie ai vantaggi di un euro che ha perso un po’ di terreno sul dollaro nelle ultime settimane, e che rende i prodotti europei più appetibili). Cosa che spiegherebbe anche la discrasia tra i dati delle vendite di vino Usa e le importazioni. Secondo il report di “SipSource”, strumento di rilevazione della “Wine & Spirits Wholesalers of America”, nel 2024 c’è stato un -6,2% in valore e un -7,2% in volume, nelle vendite di vino. Andamento da cui sembra “immune” il vino italiano, che è leader tra i vini importati (che valgono più di un terzo del mercato del vino Usa) che, secondo i dati Istat sui primi 10 mesi 2024 analizzati da WineNews, cresce in valore del +8,2%, a 1,59 miliardi di euro, molto meglio della media italiana (+5,7%). Solo nei prossimi mesi, dunque, si capirà se il dato italiano, come già successo in passato, è “potenziato” dalla paura dei dazi, o se effettivamente le etichette tricolore, tra le più amate dagli americani, hanno una marcia in più.
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Cronaca
Israele punta sulle viti antiche
Gli effetti negativi del cambiamento climatico mondiale, che impattano pesantemente anche sulla produzione di vino, potrebbero essere contrastati grazie ad antiche varietà di uva sopravvissute per secoli nel deserto del Negev, in Israele: lo affermano i ricercatori della “School of Archaeology and Maritime Cultures” dell’Università di Haifa, che studiano anche le pratiche agronomiche che hanno supportato la loro longevità. La speranza è che queste ricerche possano essere applicate in futuro a tutte le regioni vitivinicole del Mediterraneo.
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Wine & Food
Dolci made in Italy, nei primi 10 mesi 2024 fatturato a 8,7 miliardi (+14,5%): traina il gelato
Un fatturato nel 2023 pari a 9,3 miliardi di euro (+9% sul 2022) e che nei primi 10 mesi del 2024 fa registrare 8,7 miliardi di euro (+14,5% rispetto ad un anno fa). Il settore dolciario in Italia si dimostra in salute e con numeri positivi, così come confermato da Matteo Zoppas, presidente Agenzia Ice, nel suo intervento all’inaugurazione del “Sigep World”. A trainare il comparto è il gelato artigianale, uno dei pilastri dei consumi fuori casa per un volume d’affari di 5 miliardi di euro, export oltre i 100 milioni di kg e vendite in aumento del 19%, con primo mercato gli Usa. Durante l’evento di Rimini, a fare il punto sul foodservice è stato Circana che ha spiegato come, a livello europeo (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) la spesa sia tornata sopra ai livelli pre-pandemia, passando dai 309 miliardi del 2019 agli attuali 336 (+9%).
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Castello del Terriccio
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Masottina
WineNews.tv
Il ruolo dell’enotecario cambia: sempre più un “consulente” dei clienti e selezionatore di vini
Le riflessioni di Luca Sarais, consigliere Vinarius e guida di Cantine Isola a Milano. Il valore aggiunto, nell’era digitale, è il “fattore umano”. “Dobbiamo legarci ai clienti, essere un riferimento, anche nel consigliare cantine da visitare, anche se venderanno qualche bottiglia in più loro e qualcuna in meno noi. Serve collaborazione, tra colleghi e tra parti della filiera, bisogna creare una rete. Il “problema” giovani? Un falso mito, i giovani non si sono mai avvicinati al vino prima dei 25 anni, per mancanza di conoscenza e di capacità di spesa. Ma serve un approccio diverso”.
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