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WineNews
N. 4.096 - ore 17:00 - Venerdì 22 Novembre 2024 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Verona “Città della vite e del vino” Oiv
Il Veneto è la prima regione del vino italiano, per valori esportati, grazie al mondo “Prosecco”, ma anche alla Valpolicella, con i suoi Amarone, Ripasso, Recioto e Valpolicella. Territorio che ha in Verona la sua capitale, che, nei giorni di Vinitaly, diventa anche la “capitale” del vino italiano, ma che vanta anche il primato di “vigneto urbano” più grande d’Italia e luoghi di eccellenza come l’Antica Bottega del Vino, con la sua monumentale carta dei vini, tra gli altri. E ora, la città scaligera, potrà fregiarsi anche del titolo di “Città internazionale della vite e del vino” dell’Oiv - Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (dal 29 novembre). 
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
Tempo e generazioni, la “guida” dei Vignaioli Indipendenti nel passato, presente e futuro
Il tempo, risorsa sempre più preziosa, che è quello della natura, a cui prestare ancora più attenzione per far fronte al cambiamento climatico, ma che è anche quello delle generazioni che passano trasmettendosi tradizioni e saperi. È questo che “guida” la mano dei vignaioli indipendenti, che si occupano di tutto il ciclo produttivo del vino, dal vigneto, 10 ettari in media, alla cantina, dall’imbottigliamento alla commercializzazione di una produzione attorno alle 38.000 bottiglie l’anno, e che si impegnano costantemente per custodire e promuovere i loro territori, tra i più “fragili” e a rischio spopolamento in Italia, e dove l’agricoltura è la principale fonte di reddito (come racconta il loro “identikit” tracciato da Nomisma). In più di mille si ritrovano al “Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti” (23-25 novembre) della Fivi - che, ad oggi, ne riunisce più di 1.700 da tutte le regioni italiane, per oltre 17.000 ettari di vigneto, e dalle quali, con Piemonte, Veneto, e Toscana (117), a fare la parte del leone, con Campania e Calabria per il Sud, e l’Abruzzo per il Centro, mentre cresce l’Emilia-Romagna, arriveranno realtà come Guado al Melo e Montenidoli, da Perla del Garda a Gianfranco Fino, da Tornesi a Pojer e Sandri, da Tantini a Le Fraghe, da Pieropan a Fongaro, solo per citarne pochissime - a BolognaFiere, luogo eletto dai piccoli produttori e dagli artigiani del cibo, per incontrarsi ed incontrare gli appassionati di vino artigianale, di qualità e di territorio, del quale rappresenta uno degli eventi più importanti, per la possibilità di assaggiare e anche acquistare oltre 8.000 etichette. Nell’edizione n. 13, la n. 2 a Bologna, ci saranno anche i vignaioli Cevi-Confédération Européenne des Vignerons Indépendants e la Fioi-Federazione Italiana Olivicoltori Indipendenti. Tutti insieme, consegneranno i Premi “Vignaiolo come noi” al capitano della Virtus Segafredo Bologna, unico cestista italiano ad aver vinto un campionato Nba, Marco Belinelli, e “Leonildo Pieropan”, dedicato alla memoria di uno dei fondatori Fivi, a Sergio Mottura. E “Tempo e generazioni: passato, presente e futuro dei vignaioli italiani”, sono il fil rouge delle masterclass, con vere e proprie eccellenze dell’enologia italiana, dal Franciacorta al Sagrantino di Montefalco, dal Cannonau al Vinsanto, ed i vini delle vignaiole under 40. 
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I vini sfusi valgono un terzo dei volumi
Il mercato dei vini sfusi è una fetta minoritaria del commercio mondiale del vino: in valore, 2,3 miliardi di euro nel 2023 sugli oltre 32 del vino imbottigliato. Ma è ancora una voce importante sul fronte dei volumi, con oltre 3,2 miliardi di litri di sfusi che si sono mossi tra i Paesi del mondo, a fronte di più 6 miliardi di litri tra vini fermi e spumanti imbottigliati, secondo i dati dell’Observatorio Espanol del Mercado del Vino. La Spagna è di gran lunga il primo esportatore in volume, con oltre 1,4 miliardi di litri (prezzo medio di appena 0,49 centesimi al litro), davanti all’Italia (408 milioni di litri, a 0,79 euro al litro) e all’Australia (392 milioni di litri, a 0,77 euro al litro). Un segmento, quello degli sfusi, da guardare con attenzione, in un contesto di mercato in cui, in molti Paesi, la quota di etichette “private label” nella Gdo cresce.
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Focus
Tasca d’Almerita cede “Capofaro”, ma non i vigneti dell’isola
Un luogo magico e fuori dal tempo, incastonato in una delle più belle isole dell’arcipelago delle Eolie, che, dopo aver fatto innamorare, oltre vent’anni fa, la storica famiglia Tasca, ha colpito dritto al cuore un imprenditore italiano (di cui, ad oggi, non si conosce l’identità, ndr), che se ne è infatuato ed è riuscito ad acquistarlo, dopo una lunga trattativa: la griffe siciliana Tasca d’Almerita annuncia di aver raggiunto un accordo per la cessione del resort “Capofaro”, la propria struttura ricettiva situata nell’isola di Salina. L’azienda, focalizzandosi sul suo core business, ovvero il vino, continuerà a gestire tutti i vigneti e la produzione eoliana, con nuovi progetti di crescita, mentre lancia una strategia - con l’entrata di nuove figure-chiave - per le proprie cinque tenute diffuse in Sicilia. La trattativa su “Capofaro” non ha mai coinvolto (come erroneamente riportato in passato da qualche media, ndr), la proprietà della cantina Tasca d’Almerita, che rimane saldamente nelle mani della famiglia Tasca, tra le protagoniste indiscusse del Rinascimento enologico siciliano. “Oggi lasciamo la struttura ricettiva “Capofaro Locanda & Malvasia”, ma continuiamo a custodire le vigne a picco sul mare eoliano che danno origine a Capofaro, Didyme, e Vigna di Paola, le versioni dolce e secca della Malvasia”, spiega Alberto Tasca. 
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Cronaca
Caporalato, un nuovo caso in Borgogna
Un problema che interessa il mondo del vino e un’emergenza da risolvere. Il caporalato, riguarda le condizioni lavorative critiche che possono interessare i lavoratori e questo anche in posti di eccellenza dove le bottiglie vengono poi rivendute a peso d’oro. Un caso che sta facendo parlare arriva dalla Francia, dove una coppia di reclutatori di vendemmiatori è stata condannata ad otto mesi di reclusione, con sospensione della pena, per aver fatto lavorare degli stagionali rumeni in “condizioni indegne” (in approfondimento).
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Wine & Food
Balcani ed Est Europa, il vino italiano cresce: “Wine Vision By Open Balkan” con Vinitaly
In un mercato del vino sempre più complicato, aprire nuove frontiere è importante. Come sta facendo da anni il vino italiano nell’Est Europa, con risultati incoraggianti in Paesi come Albania, Austria, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria, dove nel 2023 le vendite dei nostri vini sono cresciute del +8,6% (per 250 milioni di euro), contro una media mondiale in calo del -1,6%, e con una performance anche migliore nel 2024, +13% tendenziale nei primi 8 mesi. E si rinnova il presidio di Vinitaly sull’Est Europa con la “collettiva” Italia di “Wine Vision By Open Balkan”, da domani al 24 novembre, a Belgrado. Un’edizione n. 3, (con 57 cantine) quella organizzata da Veronafiere con Agenzia Ice, che ha l’obiettivo di radicare la presenza del vino italiano non solo sui Balcani, ma su gran parte dell’Est Europa. 
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Consorzio Vini di Romagna
WineNews.tv
Dopo la grande siccità, la Sicilia del vino si interroga sulle nuove sfide della sostenibilità
In un 2024 in cui la Sicilia ha affrontato la peggiore crisi idrica della storia recente, e la vendemmia si è chiusa con -20% di produzione, produttori ed esperti si sono interrogati sulle nuove sfide della sostenibilità, nel “Simposio” n. 3 by Fondazione SOStain Sicilia del Consorzio Doc Sicilia e Assovini Sicilia, a Palermo: a WineNews, Alberto Tasca (Tasca d’Almerita), Antonio Rallo (Doc Sicilia, Donnafugata), Giulia Baccarin (Mipu), Mattia Filippi (Uva Sapiens), Luciano Brancadoro (Università di Milano), Giorgio De Rita (Censis) e Daniele Cobianchi (McCann World Group Italia).
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