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N. 3.257 - ore 17:00 - Lunedì 4 Ottobre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Come accaduto più volte negli ultimi anni, la Borgogna, che è alle prese con una vendemmia 2021 decisamente scarsa (con perdite sui bianchi anche del -80% e sui rossi stimate tra il -30% ed il -70%), andrà incontro ad un aumento dei prezzi dei suoi vini. Ma nel territorio da cui arrivano alcune delle etichette più prestigiose e costose del mondo, come quelle di Romanée-Conti, La Tâche, Armand Rousseau o Leflaive, solo per citare qualche esempio, ci si interroga se questo ennesimo probabile aumento dei prezzi potrà essere sostenuto ancora a lungo dai negociant e dai consumatori. Una riflessione ricorrente, e che è da porsi anche in alcuni dei territori più importanti del vino italiano (nell’approfondimento) ... |
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La scienze e la ricerca, nella storia dell’uomo, hanno avuto - ed hanno - un ruolo fondamentale. Non solo per rispondere alle domande che ci poniamo ogni giorno, ma anche e soprattutto per risolvere le sfide e gli ostacoli cui il mondo ci mette di fronte. Vale per ogni ambito, compreso il vino, che - come non ci stanchiamo di scrivere - ha di fronte forse la più dura da quando accompagna la civiltà: l’adattamento ad un cambiamento climatico repentino e la resistenza alle malattie della vite. Sfide che la vite ha già affrontato in passato, vincendo quelle con il clima, ma anche perdendo quella con la Fillossera, almeno in Europa. A salvare la vite, alla fine, è stata sempre la scienza, o meglio, la genetica, come ha raccontato il professore Attilio Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano, dal convegno “Verso una nuova agricoltura: il ruolo della genetica e del vivaismo”, che ha seguito l’inaugurazione del “VCR-Research Center”, l’avveniristico centro di ricerca dei Vivai Cooperativi Rauscedo, cui hanno preso parte i professori Michele Morgante e Andrea Testolin dell’Università di Udine, il dottor Riccardo Velasco, direttore del Crea-Ve, e Paolo De Castro, coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo. “Il genere era per Linneo la pietra angolare della classificazione ed il criterio di classificazione si basava sui caratteri del fiore. Con Darwin, 100 anni dopo, la classificazione diventa scendente, naturale, evoluzionistica, parte da un progenitore comune e snobba il valore della specie, ma per Linneo, che era un creazionista, come per Darwin, che era invece un evoluzionista, il limite stava nella definizione stessa di specie”, spiega Attilio Scienza. “Gli ultimi studi sono stati fatti da botanici, perlopiù cinesi e nordamericani, che ci raccontano come la vicinanza genetica delle nostre vite da vino sia più con quella americana che con quella europea. L’origine comune delle specie asiatiche ed americane è stata recentemente dimostrata dall’analisi del Dna plasmidiale, che ipotizza il centro d’origine primario del genere in America e la successiva migrazione in Eurasia”. Insomma, non esistono veri e propri fattori di discriminazione tra le specie americane e quelle eurasiatiche (l’intervento completo in approfondimento). |
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La sostenibilità ambientale, diventata negli ultimi anni obiettivo comune a tutto il mondo agricolo, per il vino è una necessità - sentita tanto dai consumatori quanto dai produttori - già da tempo, almeno dalla fine del Novecento. Non sorprende, quindi, che la superficie vitata convertita alla produzione organica nel mondo sia cresciuta, tra il 2005 ed il 2019, ad un ritmo del 13% annuo, come testimonia il report “World Organic Vineyard” dell’Oiv, guidata dal professor Luigi Moio. Al 2019, in 63 Paesi del mondo di ogni continente si contavano 454.000 ettari “bio”, il 6,2% del vigneto mondiale. In termini di peso specifico, i Paesi europei sono quelli in cui la quota di vigneti organici è mediamente più alta, con l’Italia in testa, dove la viticoltura bio rappresenta il 15% delle superfici vitate complessive, seguita da Francia e Austria, al 14%. |
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La pandemia ha cambiato senza dubbio l’equilibrio tra i canali distributivi del vino, ha creato occasioni di consumo diverse, e accelerato cambiamenti già in atto. Ma alla fine, le grandi sfide da affrontare per il vino italiano, sono sempre le stesse: la costruzione di un valore aggiunto ancora lontano dai livelli di altri, francesi in testa; il “fare squadra”, o “sistema”, che dir si voglia, tra imprese, territori e player della filiera; raccontare meglio la grande varietà, ricchezza e diversità del vino italiano, sempre più legata al valore del made in Italy come “ombrello”; far crescere la managerialità all’interno di un sistema imprenditoriale molto, o troppo, parcellizzato; trovare nuovi modi di comunicare con una platea che è sempre meno “business” e sempre più “consumer”. Sfide che, dunque, sono esattamente quelle che erano sul tavolo prima dell’irrompere del Covid-19, di cui alla “Milano Wine Week”, di scena dal 2 al 10 ottobre, nella città meneghina, hanno parlato i vertici di organizzazioni come Coldiretti, Federdoc e Assoenologi, di consorzi come quello del Prosecco Doc, del Prosecco Docg, del Chianti, del Lugana, dell’Asti e del Brunello di Montalcino, e di cantine come Santa Margherita, Pasqua, Montelvini, Valdo, Masottina e Genagricola (le riflessioni nell’approfondimento). |
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Finita la raccolta delle uve nei territori del vino, è tempo di “viverla” in città, con le boutique dei luxury brand del “District” più famoso e glamour di Milano che tornano ad ospitare le più prestigiose griffe del vino italiano ed internazionale e le loro celebri etichette, rinnovando il connubio sempre più “fashion” tra vino & moda. Dall’11 al 17 ottobre, torna “La Vendemmia di MonteNapoleone”, l’evento firmato da MonteNapoleone District con esclusive degustazioni nei negozi “icona” del Quadrilatero della moda milanese. E molto altro. |
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Che si tratti di un ristorante, di un albergo o in genere di una location di ospitalità e turismo, igiene e pulizia sono i principali fattori presi in considerazione nella scelta di un alloggio per le vacanze degli italiani ai tempi della pandemia, ma spesso le strutture ricettive non sono state in grado di comunicare le procedure corrette per garantire la massima sicurezza, con la conseguenza che il 76% dei turisti le ha scartate. A dirlo è un’indagine di Arexons. Dal sondaggio online è emerso che il 20% non è andato in vacanza, mentre chi lo ha fatto ha preferito strutture di piccola dimensione in grado di garantire la giusta riservatezza, come piccoli hotel (32%), appartamenti (30%) e b&b (17%). Sono restate “al palo”, invece, le strutture grandi e affollate. Un segnale importante da cogliere, anche per il mondo del wine & food. |
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A WineNews le riflessioni del Sottosegretario alle Politiche Agricole con delega al vino: “serve un grande lavoro a livello tecnico-giuridico ma anche comunicativo e diplomatico. Siamo in una fase storica in cui in Europa si affronta il tema dell’agroalimentare con troppa superficialità, mettendolo in contrasto con salute e ambiente. Il tema della tutela delle denominazioni è centrale, è alla base del valore aggiunto dell’agricoltura di qualità, italiana ma non solo”. |
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