Se questo messaggio non è visualizzato correttamente clicca qui
|
N. 3.284 - ore 17:00 - Venerdì 5 Novembre 2021 - Tiratura: 31.116 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
|
|
|
|
|
|
Dai territori più importanti del vino mondiale continuano ad arrivare segnali importanti che vanno nella direzione di una viticoltura sempre più rispettosa dell’ambiente. L’ultimo, in ordine di tempo, arriva da Pomerol, Denominazione del grande territorio di Bordeux (dove ricadono realtà di primissimo piano come Château Pétrus o Château Lefleur, per esempio). Nel nuovo disciplinare di produzione, sono vietati tutti diserbanti chimici, mentre è obbligatorio il controllo “meccanico o fisico della copertura erbosa dei vigneti”. Così ha stabilito la Denominazione guidata da Jean-Marie Garde, che è anche il presidente della Fédération des Grands Vins de Bordeaux. |
|
|
|
|
Non finisce quasi mai sotto i riflettori, eppure il Canada, Paese placido, sconfinato e sostenuto da un’economia solida, per il vino italiano è diventato un mercato imprescindibile, dove, nei primi 7 mesi 2021, ha esportato bottiglie per 209,4 milioni di euro (10,6% sullo stesso periodo 2020, dati Istat analizzati da WineNews). Un dato che non sorprende, specie se volgiamo indietro, al 2020, lo sguardo. Nell’anno della pandemia, come ricorda un’analisi Wine Intelligence, il mercato enoico in Canada è cresciuto del 5% per i vini fermi e del 4% per gli spumanti sul 2019, stando ai dati Iwsr. I motivi sono piuttosto semplici: nonostante la crisi globale, infatti, l’economia canadese si è scoperta straordinariamente resiliente, la perdita dei posti di lavoro è stata contenuta, e i redditi delle famiglie - con i ristoranti chiusi e l’impossibilità a viaggiare, una voce di spesa assolutamente rilevante - cresciuti addirittura del 9,95%. Soldi che, come è facile immaginare, sono rimasti nelle tasche dei canadesi, con ben poche possibilità di spenderli. Una di queste possibilità è, appunto, il vino. A partire da quello locale, una produzione di nicchia, ma di grande qualità, capace di spuntare prezzi medi molto più alti del vino importato. Acquisti che sono passati integralmente da rivenditori sotto l’egida dello Stato, come la Lcbo - Liquor Control Board of Ontario, supermercati, negozi di liquori indipendenti (in British Columbia e Alberta) ed e-commerce, esploso anche qui nei mesi del lockdown e scelto dal 14% dei wine drinkers. Un trend positivo che, però, deve fare i conti con un cambiamento importante nel panorama dei consumatori di vino. In alcuni segmenti, con le restrizioni alla socializzazione ed alla possibilità di mangiare fuori, unite alle maggiori risorse economiche, i consumi di vino sono addirittura raddoppiati, ma altri hanno invece deciso di spostarsi su superalcolici e birra, un contrasto emerso dal “ Canada Portraits”, l’analisi sui consumatori di vino canadesi, firmata sempre da Wine Intelligence (nell’approfondimento). Dalla cui sintesi, emerge che il vino in Canada ha vissuto un buon 2020 e sta vivendo un buon 2021, con un’ampia fascia di consumatori venuti fuori durante questi 18 mesi di limitazioni che hanno esplorato tipologie diverse ed etichette sempre più costose. |
|
|
|
|
Adattarsi alle novità richiede sempre un po’ di tempo. Come quelli in tema di etichettatura degli alcolici, vino incluso, che, dal 2023, dovranno riportare in etichetta tutta una serie di informazioni nutrizionali, che sarà possibile fornire anche in forma digitale attraverso un’etichetta digitale. Servizio previsto da U-Label, la piattaforma di etichettatura elettronica messa in piedi dal Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins e SpirtsEurope (di cui fanno parte anche Unione Italiana Vini - Uiv e Federvini), presentata nei giorni scorsi a Bruxelles, e che consentirà alle imprese di fornire tutte le informazioni previste dalla legge, “traducendole” in automatico in tutte le 24 lingue dell’Unione Europea. Piattaforma che avrebbe dovuto essere online dal 1 novembre, per una prima fase di test “sul campo”, ma che invece, debutterà dal 1 dicembre. |
|
|
|
|
|
Il vino importato torna a volare in Cina dove, dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia, l’economia è tornata a girare a pieno ritmo, così come i consumi e, di conseguenza, le importazioni enoiche. Che, dopo la flessione del 2020 (-27%) ha già recuperato il terreno perduto, facendo anche meglio del 2019, con l’Italia che, complice l’Australia fortemente penalizzata dalle misure antidumping (-84,5% in valore nei primi sei mesi del 2021 sul 2020), si ritrova al terzo posto tra i maggiori esportatori di vino in Cina, dietro a Cile e Francia, con 75,5 milioni di euro di vino spedito nei primi 7 mesi 2021, per una quota del 10,3% e un prezzo medio a bottiglia cresciuto del 15%. Una corsa destinata a proseguire sui binari di “Icon Italy”, il roadshow organizzato da Vinehoo - piattaforma che importa e distribuisce vino online da un milione di utenti registrati - insieme alla italiana BWine School che porta le cantine del Belpaese in giro per la Cina, in due le tappe, l’11 dicembre a Shanghai e il 18 dicembre a Guanzhou. Ma qual è, oggi, la percezione che i consumatori cinesi hanno del vino italiano? Alta acidità, tannino marcato, molto astringente in bocca: così viene descritto il vino italiano e queste sono anche alcune delle principali difficoltà che spiegano il perché dall’Italia arrivi in Cina solo il 10% del vino importato, secondo Vinehoo. |
|
|
|
|
|
Fare mercato e al tempo stesso cultura del prodotto, per raccontare le “storie di territori, lavoro e persone, che fanno le cose con cura”: nasce, con questa filosofia, “La Grande Bottega Italiana”, la nuova piattaforma digitale ideata da Davide Rampello, Stefano Merlo e Luigi Barbarini. “Il cibo è un messaggio originale, unico e raro. Acquistare sapori e saperi dell’Italia artigianale - spiegano i tre ideatori del progetto - significa vivere l’esclusività di un rapporto da valorizzare e consolidare. Agricoltori, allevatori, casari, pastai e vignaioli sono beni culturali viventi”. |
|
|
|
|
Il vino incontra il sociale e raggiunge un nuovo traguardo in direzione della sostenibilità: Tinazzi, Gruppo guidato dalla famiglia Tinazzi con oltre 100 ettari di vigneti di proprietà tra Veneto e Puglia, apre il nuovo Wine Shop in cantina a Lazise, un luogo che sarà il punto di partenza ideale dell’“Italian Wine Experience” targata Tinazzi, tra la Tenuta Valleselle di Bardolino e Poderi Campopian in Valpolicella. Ma che è anche un progetto particolare. Seguito da Reverse, laboratorio nato dall’idea di Federica Collato, Nicola Gastaldo e Michele Pistaffa, uno dei laboratori da cui provengono gli arredi è “Reverse IN”, nel penitenziario di Montorio, a Verona, parte del progetto “Made in Carcere”, in cui i detenuti vengono assunti e formati per produrre a mano gli arredi, come la parete espositiva che accoglie tutti i vini delle linee di Tinazzi. |
|
|
|
|
|
Cala l'export, che si attesta a 6,9 milioni di bottiglie spedite nel 2020 nel Belpaese, per 146,8 milioni di euro di fatturato, ma non la passione dell'Italia per lo Champagne, di cui è quinto importatore al mondo. Una crescita continua, frenata solo dalla pandemia, raccontata da chi lo Champagne lo produce, Bastien Collard de Billy (Pol Roger), e lo importa e distribuisce, Roberta Cenci (Compagnia del Vino), Massimo Sagna, Luca Cuzziol e Luca Pellegrini (presidente Società Excellence). |
|
|
|
|