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N. 2.968 - ore 17:00 - Mercoledì 19 Agosto 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Un’isola dove la vite è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, e un “piccolo grande” evento culturale promosso per conoscerla: prossima meta, Pantelleria, la Perla Nera del Mediterraneo, dove una nuova edizione, la n. 3, del “Pantelleria Doc Festival” (da oggi al 22 agosto), l’appuntamento promosso dal Consorzio dei vini Doc dell’Isola di Pantelleria, è un invito a scoprire un “tesoro” del vino italiano, tra visite alle cantine ed ai vigneti coltivati a Zibibbo in luoghi affascinanti, dalle contrade più agricole a quelle affacciate sul lago o sul mare, fino ai parchi archeologici, e degustazioni dei vini Doc, bianchi, spumanti, frizzanti, moscati e passiti. |
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Dopo mesi duri e difficili, la terra sembra restituire quella serenità che ci è stata sottratta dall’emergenza sanitaria e dal lockdown, con una vendemmia che promette grandi cose, a partire da quei territori in cui i primi grappoli sono già finiti in cantina, ossia la Franciacorta, il Trentodoc e la Sicilia, mentre nel resto del Paese, come sempre, saranno decisive le prossime settimane. Note rassicuranti anche sul fronte della manodopera, preoccupazione condivisa, almeno fino a qualche giorno fa, da tutto il mondo del vino, che è riuscito però a sopperire all’emergenza, come raccontano i protagonisti. “Ci aspettiamo un’ottima vendemmia, e servirebbe anche per tirarci su il morale, l’uva è sana e le quantità sono nella media”, dice Marcello Lunelli, responsabile tecnico e vicepresidente della griffe del Trentodoc Ferrari. “Dal punto di vista qualitativo l’uva è sana, e quantitativamente più abbondante di un anno fa. Dobbiamo sperare che regga il tempo, perché anche stanotte siamo stati colpiti da un temporale, nulla di tragico, ma siamo ancora a rischio”, spiega Silvano Brescianini, alla guida della Barone Pizzini e presidente del Consorzio Franciacorta. Dove, come sottolinea Maurizio Zanella, a capo di Ca’ del Bosco, la questione relativa alla manodopera è stata difficile da risolvere: “c’è bisogno dei lavoratori stagionali dell’Est Europa, che abbiamo fatto arrivare a nostre spese, accollandoci i costi delle quarantene e dei tamponi”. Tornando tra i filari, “la parte vegetativa inusualmente è uniforme, rigogliosa e di un bellissimo colore. Dal punto di vista della quantità siamo tra il medio e l’abbondante, la sanità invece è quella di un’uva immacolata, sembra dipinta da Caravaggio”, aggiunge Mattia Vezzola, enologo di Bellavista. E se in Sicilia, i primi grappoli sono finiti nelle cassette di Cantine Settesoli dove, come ricorda l’agronomo Filippo Buttafuoco, “la vendemmia è iniziata il 30 luglio, con uve generalmente eccellenti”, nel resto del Paese, come riassume Renzo Cotarella, ad della Marchesi Antinori, “le uve non hanno avuto problemi sanitari, soffrono un po’ la siccità, ma le varietà più tardive, come il Sangiovese ed il Cabernet, avranno modo di recuperare. Molto, dipende dal lavoro degli agricoltori nei mesi scorsi, specie in Toscana”. |
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Se le importazioni enoiche erano già in frenata dal 2018, la crisi Coronavirus non ha certo favorito la ripresa del commercio del vino verso la Cina, che, nei primi 6 mesi 2020, ha segnato un crollo verticale. L’Italia lascia sul terreno 6,27 milioni di litri, ossia il 32,5% rispetto all’export dei primi 6 mesi 2019, per un giro d’affari di 47,86 milioni di euro, in calo del 27,8%. Italia che, comunque, resta il quarto partner commerciale della Cina, dietro ad Australia (270 milioni di euro nel periodo, -20,9%), Francia (186 milioni di euro, -37,1%) e Cile (93,3 milioni di euro, -41,7%). Da segnalare, tra i pochissimi risultati positivi, il +16% a volume delle bollicine di Spagna, a fronte di un -39% di quelle italiane, che restano comunque leader, insieme a quelle francesi: entrambe in calo, a valore, del 30%. |
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Dopo un mese di trattative e di tensioni, il Comité Champagne ha finalmente trovato la quadra tra le tante anime di uno dei territori più prestigiosi al mondo - e più colpiti dalla crisi dei consumi dovuta al lockdown - decidendo un limite, per la campagna 2020, di 80 quintali di uva ad ettaro, che si tradurranno in 230 milioni di bottiglie prodotte. Vince la diplomazia, con un passo indietro sia dei Vignerons Indépendants, la cui linea era quella di non scendere sotto i 90 chili ad ettaro, per garantire margini di profitto sufficienti ai “recoltant manipulant”, ovvero coloro che producono Champagne solo da uve provenienti dai propri vigneti, sia delle grandi Maison, che spingevano invece per una riduzione ancora maggiore delle rese, a 60-70 quintali ad ettaro. Una decisione particolarmente drastica, se si considera che il limite, nel 2019, fu di 108 quintali ad ettaro, e nel 2018 di 102 quintali ad ettaro, quanto doverosa, visti i chiari di luna e, soprattutto, l’andamento dei consumi globali, che per lo Champagne disegnano un quadro persino peggiore della media. Nei primi 4 mesi 2020, infatti, le vendite si sono dimezzate, e, aspettando i dati ufficiali di maggio e giugno 2020 (su cui non c’è grosso ottimismo), secondo il Comité, le perdite, a fine anno, potrebbero toccare quota 1,7 miliardi di euro. |
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Dopo l’intoppo della prima stesura, e la successiva rettifica in Gazzetta Ufficiale, arriva il via libera al contributo a fondo perduto per i ristoranti che decideranno di acquistare prodotti agroalimentari made in Italy, come previsto dal Dl Agosto. La sovvenzione, finanziata con un plafond di 600 milioni di euro, riguarda come detto l’acquisto di prodotti di filiere agricole e alimentari, compreso il vino, e per conoscere criteri, modalità di richiesta e ammontare del contributo si aspetta ora il Decreto Ministeriale, entro metà settembre. |
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Non sarà mai come l’originale, ma certo che il “regalo” fatto dagli allevatori spagnoli agli Stati Uniti rischia di rivelarsi come uno dei peggiori boomerang che il comparto agroalimentare spagnolo, e forse europeo, abbia mai visto. Come raccontato dal “The Guardian”, ed in Italia da “Il Messaggero”, due prosciuttifici di Texas e Georgia hanno ottenuto l’autorizzazione all’importazione dei mitici maiali dalle zampe nere, ossia i “Pata Negra”, da cui si produce il più pregiato dei prosciutti, il Jamòn Ibèrico de Bellota. Certo, non basterà allevare lo stesso tipo di maiale per ottenere lo stesso risultato, ma il pericolo è quello di aprire la strada ad un prodotto comunque simile, che potrebbe conquistare a prezzi decisamente inferiori sia il mercato americano che quello sudamericano ed asiatico. |
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A WineNews le riflessioni di Raffaele Librandi, alla guida della cantina di riferimento del territorio presidente del Consorzio di Cirò e Melissa, il pensiero sulle denominazioni, nei 50 della Doc calabrese, di Francesco Liantonio, alla guida di Valoritalia, e Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc. Voci da un territorio che guarda allo sviluppo attraverso l’enoturismo, in sinergia tra imprese ed istituzioni, come spiega il sindaco di Cirò, Francesco Paletta. |
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