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WineNews
N. 4.169 - ore 17:00 - Martedì 11 Marzo 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Alta Langa “vino dell’anno” del Piemonte
Nella terra dei grandi rossi di Langhe, Roero e Monferrato, l’Alta Langa Docg, con le sue bollicine, è “Vino dell’Anno Regione Piemonte” 2025. Un riconoscimento ulteriore ad un vino nato da un’innovazione, primo Metodo Classico italiano pensato a metà Ottocento, e con un nuovo corso intrapreso dal Consorzio nato nel 2001 - e che, oggi, guidato da Mariacristina Castelletta, esprime 3,2 milioni di bottiglie (che puntano a diventare 6 milioni entro il 2030, ndr), tutte millesimate, per il 15% destinate ai mercati del mondo - arrivato ne “La Prima dell’Alta Langa”, nei giorni scorsi a Torino (nei prossimi giorni il racconto video su WineNews).
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
Vino italiano: 2024 da record nelle esportazioni, a 8,1 miliardi di euro (+5,5% sul 2023)
I dati aggregati vanno sempre interpretati, soprattutto se riferiti ad un mondo articolato e complesso come quello del vino italiano. Ma, intanto, in un contesto difficile dove le parole più gettonate sono calo dei consumi, dazi, salutismo o inflazione, il vino italiano, come da attese, saluta un 2024 con il record di sempre delle esportazioni in valore, a 8,1 miliardi di euro, +5,5% sul 2023, secondo i dati Istat aggiornati oggi. Una crescita economica che si accompagna ad un aumento anche dei volumi, sui 2,18 miliardi di litri nel 2024 (+3,2% sul 2023), ma da leggere alla luce della crescita degli spumanti, che hanno “rubato” quote di mercato ai vini fermi, con un export di 555,5 milioni di litri sui 495,7 del 2023 (+12%), per un valore di 2,3 miliardi di euro (+5%), con gli spumanti che rappresentano ormai oltre un quarto di tutte le esportazioni di vino italiano. Tra i vari Paesi, gli Usa si confermano, di gran lunga, il primo partner straniero delle cantine del Belpaese: in attesa di capire se e quando arriveranno i temuti dazi promessi da Trump, gli Stati Uniti hanno importato vino italiano per 1,9 miliardi di euro, in crescita del 10,2%, soprattutto grazie ad una fine anno che, per molti, è frutto di una piccola “corsa alle scorte” proprio per assorbire l’effetto di eventuali dazi. Cresce in valore anche la Germania, che fissa l’asticella a 1,18 miliardi di euro (+3,71%), praticamente stabile il Regno Unito, a 851 milioni di euro (+1%), mentre cresce fino a 447,8 milioni di euro il Canada (+15,3%), e cedono qualcosa la Svizzera, a 411,1 milioni di euro (-1,96%), e la Francia, a 304,6 milioni di euro (-0,88%). Tra gli altri partner, crescono i Paesi Bassi, a 257,1 milioni di euro (+10,1%), così come la Russia, a 230,6 milioni di euro, con un balzo del +45,6%, mentre perde qualcosa il Belgio, che si ferma a 227,5 milioni di euro (-1,6%). Tra i mercati più importanti, cresce la Svezia, a 189,6 milioni di euro (+3%), mentre tiene il Giappone, a 184,2 milioni di euro (+0,5%), e, ancora in Europa, chiudono con segno positivo l’Austria, a 163,5 milioni di euro (+14,3%), e la Danimarca, a 150,8 milioni di euro (+4,94%). Scende ben sotto “quota 100”, invece, la Norvegia, a 92,2 milioni di euro (-10,9%), mentre, in Asia, la Cina si ferma a 89,5 milioni di euro, con un calo del -10,2% sul 2023.
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“Gli ingredienti del caporalato”
Anche se al momento sembra essere uscito dal dibattito pubblico, il problema del caporalato, una piaga che interessa uno dei settori più forti ed iconici dell’economia italiana, l’agricoltura, continua ad esistere. Un fenomeno che ha interessato anche il mondo del vino nel recente passato e che si manifesta in vari modi: al contrario dell’opinione diffusa, ha una dimensione capillare, e quindi non solo al Sud, ma anche al Nord, in regioni in cui l’agricoltura si differenzia per maggiori profitti e investimenti. A confermarlo è il nuovo report “Gli ingredienti del caporalato - Il caso del Nord Italia” di Terra!, associazione ambientalista particolarmente sensibile al tema dello sfruttamento sul lavoro, che ha indagato in zone come Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia (con focus particolare sulle filiere del vino, in approfondimento).
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Focus
I grandi vini: sinergia tra territorio, vitigni e uomo
Dalla Borgogna alle Langhe, da Bordeaux a Montalcino, alla Val d’Orcia Patrimonio Unesco, le differenze sono tantissime, ma un tratto comune c’è: sono terre di grandi vini. Ed i grandi vini, i fine wines, non possono che essere “vini di luogo”, espressione della simbiosi tra suolo, vitigno e lavoro dell’uomo, così come un concerto è frutto di uno spartito (il suolo) e di strumenti (i vitigni) suonati a suo modo dal musicista (il produttore), capaci di raccontare molto di più di quello che è dentro al bicchiere, e di suscitare emozione. Riflessione non banale, oggi, in una narrazione del vino dove a fare “grande” una bottiglia sono spesso più i punteggi della critica ed i prezzi che altro. Messaggio ribadito nel ricordo del più grande maestro del Sangiovese e cultore della territorialità del vino, Giulio Gambelli, nell’appuntamento “Reincontrare Giulio Gambelli”, di scena a Rocca d’Orcia, con la regia di Podere Forte di Pasquale Forte, che ha riunito produttori da alcuni dei più importanti territori d’Italia e di Francia (con gli interventi, tra gli altri, di Jacky Rigaux, wine writer, critico, già professore all’Università di Bordeaux, Roberto Conterno, alla guida della cantina mito di Barolo, Giacomo Conterno, e Claude e Lydia Bourguignon, tra i più grandi consulenti agronomi del mondo, in approfondimento).
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Cronaca
L’Italia torna in copertina su “Wine Spectator”
Con un’intervista esclusiva, di fronte ad un calice di vino, di Marvin R. Shanken, editor & publisher “Wine Spectator”, a Piero Antinori, “leggenda” del vino di Toscana e mondiale con Marchesi Antinori, nella quale due tra i più influenti personaggi del vino ne ripercorrono gli ultimi 50 anni di storia, l’Italia, ancora una volta, torna in copertina sull’autorevole magazine Usa, nel numero di aprile, diffuso nel mondo nel periodo di Vinitaly 2025, a Verona (6-9 aprile), con il tasting-prologo “OperaWine” firmato “Wine Spectator” e Veronafiere.
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Wine & Food
L’agroalimentare chiude il 2024 a 69,1 miliardi di euro di export: è il record di sempre
È l’olio extravergine di oliva a trainare la crescita in valore dell’export made in Italy, con un aumento del 45% nel 2024 che fa posizionare l’“oro verde” davanti a salumi (+10%) e formaggi e latticini (+9%), anche se è il vino a restare la voce più pesante per un valore di 8,1 miliardi di euro (a +5,5% sul 2023). È l’analisi della Coldiretti, su dati Istat, riguardo le esportazioni delle regioni italiane che vedono l’agroalimentare tricolore chiudere l’anno a quota 69,1 miliardi di euro, stabilendo il record di sempre. Il segno positivo caratterizza anche tutti gli altri principali comparti del cibo italiano, dal +6% per ortofrutta fresca e per quella trasformata, al +5% della pasta. La prima voce in valore, come detto, resta il vino, seguito da ortofrutta fresca, ortofrutta trasformata, formaggi, pasta, olio, salumi e pesce.
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WineNews.tv
Tra nuove accise, tasse ambientali e trend, presente e futuro del mercato del vino Uk
Focus su uno dei partner fondamentali per l’Italia con Miles Beale, alla guida della “Wine and Spirit Trade Association”. “Il mercato è in piena evoluzione, il vino italiano è molto ben posizionato nel Regno Unito, sia nei consumi domestici che nel fuoricasa. Sicuramente ci saranno costi aggiuntivi per il settore con le nuove politiche del Governo, ma siamo fiduciosi che dalla fine del 2025 tornerà l’ottimismo. Innovazione e premiumisation saranno fondamentali, soprattutto per conquistare i giovani. Ma il vino italiano deve farsi conoscere di più dagli inglesi”.
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