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N. 2.675 - ore 17:00 - Lunedì 10 Giugno 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il Chianti Classico, territorio tra i più antichi e prestigiosi del vino italiano, continua a crescere forte: per i vini del Gallo Nero, fino ad oggi, il 2019 ha registrato un +8% nelle vendite, con la crescita maggiore che è del vertice della piramide qualitativa, quella Gran Selezione cresciuta del +16%, e che rappresenta ormai il 6% della produzione e che, insieme alla tipologia Riserva, “pesa” per il 37% delle bottiglie prodotte, ed il 50% del fatturato. A dirlo il Consorzio del Chianti Classico guidato da Giovanni Manetti, che sottolinea la tenuta delle quotazioni dei vini sfusi: “dal 2017 non si osservano fluttuazioni nel prezzo, con una media di 300 euro a ettolitro”.
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Valorizzare i territori ed i borghi d’Italia, contribuendo al problema crescente della concentrazione dei flussi turistici in poche grande città, grazie al fascino e al crescente interesse per le eccellenze dell’enogastronomia made in Italy, e per i loro luoghi e metodi di produzione, e fare da traino indiretto alle esportazioni del made in Italy agroalimentare: sono due degli effetti, e degli obiettivi da potenziare, del turismo enogastonomico in Italia, la cui importanza va al di là dei numeri già rilevanti, come emerso dal Meeting nazionale n. 1 delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori d’Italia, ieri a Montepulciano, una delle culle del Rinascimento della Toscana e patria del famoso Vino Nobile, dove si sono unite in Federazione Nazionale, che ne mette insieme 80 (da quelle del Friuli Venezia Giulia al Trentino Alto Adige, dall’Umbria ai Colli di Tortona in Piemonte) che toccano più di 1.000 aziende vitivinicole, 500 ristoranti, 147 prodotti a denominazione protetta tra vino, olio e altre eccellenze e tipicità. Turismo del vino e dei sapori su cui punta sempre di più il sistema Italia, come raccontato a WineNews da Maria Elena Rossi, direttore marketing Italia Enit - Ente Nazionale per il Turismo: “1 straniero su 4 si muove con una motivazione specificamente enogastronomica, e 2 italiani su 3 quando viaggiano sono spinti dall’interesse per l’enogastronomia. Il turismo italiano nel 2018 ha contato 430 milioni di pernottamenti, di cui 100 milioni generate da viaggi mirati all’enogastronomia”. Secondo i dati di Banca d’Italia elaborati dall’Enit, la spesa agroalimentare dei turisti in Italia è stata di oltre 12 miliardi nel 2017 (15,1% totale turismo). Con la spesa da parte degli stranieri per la vacanza enogastronomica che è quella che è cresciuta di più tra il 2017 ed il 2018, arrivata a 117 euro al giorno in media. Numeri in crescita, anche perchè “la tendenza generale del turismo è quella che porta verso il turismo dell’esperienza, e il turismo enogastronomico va proprio in questo senso. Il piano triennale approvato dall’Enit punta alla crescita del valore del turismo, di messa a sistema di valori come l’autenticità e la territorialità. Nel mondo dell’enogastronomia è evidente che c’è già molta strada fatta, ma tanto ancora c’è da fare. La sfida vera è generare flussi che portino valore”. |
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“Creare la cultura del vino rosa in Italia”. Anche per rilanciare i consumi di un tipo di vino che fa parte della storia del Belpaese, ma che, in controtendenza al resto del mondo, vede diminuire i brindisi rosè nella Penisola. È l’ambizione e la sfida di Rosautoctono, l’Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, che riunisce sei Consorzi di denominazioni in cui storicamente si producono vini rosa da uve autoctone - Valtènesi, Chiaretto di Bardolino, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte, Salice Salentino e Cirò, 25 milioni di bottiglie in totale - rilanciata nei giorni scorsi da Italia in Rosa, a Moniga del Garda. Dove è stato istituito il premio al Miglior Vino Rosato d’Italia della guida Gambero Rosso 2019, riconosciuto al Chiaretto Valtènesi Molmenti 2015 di Costaripa, la cantina di Mattia Vezzola (anche consulente enologo della griffe del Franciacorta Bellavista, ndr). |
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Legato storicamente al mare, per il commercio via nave, oggi il vino italiano scopre un legame nuovo con il “Mare Nostrum”. Secondo i dati di Wine Monitor, il 31% delle 408 Dop della Penisola, pari al 19% dei volumi complessivi prodotti, vanta areali con sbocco sul mare, ossia, spiega Denis Pantini di Nomisma, “con almeno un Comune di produzione sulla costa”, con Marche, Liguria, Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Molise e Abruzzo che presentano una percentuale “marittima” delle loro denominazioni di oltre il 75%. Un’incidenza singolare tra i principali Paesi produttori, destinata a crescere se si tiene in considerazione che - fatta eccezione per il Prosecco, che comunque in piccola parte si affaccia sulla costa - in Italia la produzione di vini “marittimi” è cresciuta negli ultimi anni del 45%, a fronte di un +13% degli altri vini. In questo scenario, anche il mercato sembra assecondare la tendenza: tra le 7 Regioni italiane cresciute nell’export di oltre il 90% nell’ultimo decennio, ben 4 presentano una forte incidenza di vigneti “marittimi”: Sicilia, Puglia, Abruzzo e soprattutto Marche, dove su 44 milioni di bottiglie Dop ben 36 milioni sono “marittime”. Numeri di scena nei 50 anni della Doc Bianchello del Metauro, con la regia dell'Istituto Marchigiano Tutela Vini, guidato da Alberto Mazzoni. |
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Il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti, organo consultivo Unesco, sembra essere favorevole al riconoscimento delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiande a Paesaggio Culturale Unesco. In attesa della riunione decisiva del World Heritage Committee dell’Onu, il 7 luglio in Azerbaijan, si riaccende la speranza del vino italiano più bevuto nel mondo, le cui esportazioni di Prosecco, nel complesso, nel 2019 hanno registrato un aumento del 25%, con la previsione di arrivare al valore di un miliardo di euro a fine anno. |
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La svolta naturalistica degli italiani coinvolge anche la riscoperta di vecchie pratiche, tra le quali la più eclatante è quella delle erbe spontanee e medicinali, tornate in auge dalla farmacia alla cosmetica, fino alla moda, con un boom che porta la domanda nazionale a 25 milioni di chili nel 2018. L’analisi della Coldiretti rivela che sono quasi 300 le piante officinali utilizzate in Italia e, secondo i dati riportati nel Piano di settore delle piante officinali, sono circa 3.000 le aziende agricole italiane impegnate con una superficie coltivata di oltre 7.000 ettari che coprono però appena il 30% del fabbisogno nazionale, con il restante 70% che viene soddisfatto dall’estero, con la Cina, evidenzia la Coldiretti, che è il principale produttore mondiale. |
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Le riflessioni di Ernesto Di Renzo, docente di Antropologia dei patrimoni culturali ed enogastronomici dell’Università di Roma Tor Vergata. “Non è solo il prodotto: il territorio, le cantine, i luoghi di produzione e così via sono quanto di meglio per rispondere alla domanda di esperienze, lì c’è la potenzialità del successo. Ma dobbiamo andare oltre il vino pensato come una categoria merceologica”. |
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