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WineNews
N. 3.798 - ore 17:00 - Lunedì 25 Settembre 2023 - Tiratura: 31.183 enonauti,
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La News
“Te la bevi? Non bertela troppo”
Affermare la cultura del “bere con moderazione”, propria del modello mediterraneo di approccio al vino e alle bevande alcoliche, oggi, che ogni forma di consumo viene messa in discussione, è più importante che mai. Ed è importante che, a diffondere questa cultura tra i giovani siano i giovani stessi, con il supporto delle organizzazioni del settore. Come succede con “Te la bevi? Non bertela troppo”, campagna promossa da Federvini, con il Comune di Roma Capitale, e realizzata dagli studenti dell’Università Sapienza, guidati dal professor Alberto Mattiacci, nel progetto “No Binge. Comunicare il consumo responsabile”.
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
E se il vino fosse nato nel lungo viaggio dell’uva dall’Asia Occidentale all’Iberia, 8.000 anni fa?
A volte, non basta la genetica per mettere in fila gli eventi sulla linea della storia, nel modo giusto, e ricomporre un mosaico fatto di tante, tantissime tessere. Il caso del vino, in questo senso, è emblematico: la domesticazione della vite è avvenuta in momenti diversi ed in luoghi diversi, e non è semplice stabilire chi sia stato il primo popolo a fermentare le uve e produrre il primo vino. Più si va indietro nel tempo, del resto, e più cresce l’incertezza, e più diventa importante fare ordine. È l’obiettivo di un nuovo e massiccio studio - pubblicato su “Scientific American” - sulla domesticazione della vite, che ha coinvolto un gruppo internazionale di ricercatori che ha raccolto e analizzato 2.503 varietà di uve da tavola e da vino domesticate e 1.022 varietà di vite selvatica, da cui è stato estratto il Dna per riuscire a determinarne i modelli delle variazioni genetiche tra di esse, così da fornire un quadro più chiaro di quella che possiamo definire come le “preistoria del vino”, ribaltando diverse narrazioni comunemente accettate su quando e dove gli esseri umani hanno iniziato a coltivare la vite per produrre vino nel mondo. Tra i temi emersi da questo studio, come si legge nell’articolo di “Scientific American”, il fatto che l’uva selvatica crescesse in Asia Centrale, diffondendosi verso Ovest quando i primi esseri umani migravano in quella direzione. I dati genetici contenuti nello studio, però, “correggono” questa storia, come rivela il team guidato da Wei Chen, ricercatore senior presso l’Università di Agricoltura dello Yunnan, in Cina, e uno dei leader dello studio. I dati genetici indicano infatti che tra i 400.000 ed i 300.000 anni fa l’uva cresceva naturalmente in tutto il Continente eurasiatico occidentale e centrale. Circa 200.000 anni fa, quindi, il clima freddo e secco dell’Era Glaciale uccise lentamente la vite nella regione centrale del Mar Mediterraneo, dividendo l’habitat della vite in due aree isolate: una a ovest del mare (oggi Portogallo, Spagna e Francia) e una a est (grosso modo le attuali Israele, Siria, Turchia e Georgia). Ma l’aspetto più interessante, facendo un rapido salto in avanti nel tempo, riguarda la nascita stessa del vino, e quindi della vinificazione (continua in approfondimento) ...
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Giorgio Napolitano e il vino
“Il vino è l’emblema delle nostre tradizioni, della storia, della cultura e del lavoro”. Parole, pronunciate il 9 aprile 2010, dal primo Presidente della Repubblica Italiana ad omaggiare il vino con la sua presenza, a Vinitaly. La prima volta per un Capo dello Stato nell’evento più importante del vino italiano, fu quella di Giorgio Napolitano, inquilino del Quirinale dal 2006 al 2015, che si è spento nei giorni scorsi, a Roma, alla veneranda età di 98 anni. Domani i funerali di Stato. Nel nostro approfondimento, un ricordo dei tanti momenti di contatto tra Napolitano, da Presidente delle Repubblica, ed il mondo del vino. Che è, “anche l’emblema della forza delle diversità nell’unità, perché le differenze sono fondamentali per non rischiare di appiattirsi su identità che non ci appartengono”. Parole sempre attuali.
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Focus
Oscar Farinetti e la chiusura di Fico Eataly World
“Tra le cose che non mi sono venute propriamente bene diciamo che Fico è una di queste, anche se a me continua a piacere da morire. In genere gli imprenditori quando una cosa va male dicono “non siamo stati compresi”, invece la probabilità è che su questo progetto sono io che mi sono spiegato male”. Con Fico Eataly World a Bologna, il patron Oscar Farinetti non è riuscito a replicare il successo di Eataly, tanto che, con queste parole, a “Uno, nessuno, 100Milan” su “Radio24”, ha annunciato che il più grande Parco del cibo italiano aperto nel 2017 a Bologna e ribattezzato la “Disneyland del cibo”, chiuderà il 31 dicembre 2023 e riaprirà ad aprile 2024. “I soldi ce li metto io - ha detto Farinetti - si chiamerà “Grand Tour Italia” e rappresenterà il viaggio nell’Italia delle Regioni: si entrerà in Valle d’Aosta e si uscirà dalla Sicilia e dalla Sardegna, raccontando la biodiversità, con le osterie Slow Food, grandi aree didattiche, Regioni che porteranno le loro feste locali e folkloristiche. Sarà strepitoso, bellissimo”. Recentemente la famiglia Farinetti ha acquisito il 100% della società di gestione, la Fico srl, con il figlio Andrea Farinetti presidente e Piero Bagnasco ad. Fico ha chiuso il 2022 con 400.000 visitatori, una perdita da 6,5 milioni di euro, debiti per oltre 18 milioni e un patrimonio netto negativo per 10 milioni. 
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Cronaca
“Le Banquet des Merveilles” 
Una brocca di cristallo di Emile Gallé, una ciotola a forma di ravanello di Franz Bergmann, ma anche un letto Guimard, rari pezzi del Seicento e dell’Art Nouveau, creazioni contemporanee e prestiti da musei e collezionisti privati: si chiama “Goûter le Monde, Le Banquet des Merveilles”, la prima mostra di Maison Perrier-Jouët, iconico brand di Champagne, a Château Perrier, a Epernay, fino all’11 dicembre, un viaggio nella storia delle proprie collezioni e di quelle del Musée du vin de Champagne et d’Archéologie régionale di Epernay. 
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Wine & Food
Formaggi Dop, nella dispensa di 1 ristorante su 4, ma solo il 10% li valorizza nel menu
I formaggi Dop sono di casa in 1 ristorante italiano su 4 (25,3%), ma solo 1 su 10 (10,2%) li valorizza riportandone la corretta denominazione nel menu. A rivelarlo uno Studio Griffeshield per Afidop (Associazione dei Formaggi Italiani Dop e Igp), su un campione rappresentativo di 21.800 ristoranti e presentato, oggi, a Roma, al Ministero dell’Agricoltura, con il Ministro Francesco Lollobrigida. Un’occasione non sfruttata appieno per un comparto che, con 4,68 miliardi di euro di valore alla produzione e 56 denominazioni, rappresenta il 59% del valore del cibo Dop, Igp ed Stg del Paese e detiene il primato mondiale per numero di produzioni casearie certificate. E per valorizzare questo patrimonio, è al via un protocollo tra Fipe-Confcommercio e Afidop. “Dobbiamo spiegare che cosa c’è dietro i formaggi Dop - per il Ministro - in termini di produzione e trasformazione”.
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Tenuta Sette Ponti
WineNews.tv
Medium del territorio, e della contemporaneità italiana: le bollicine del Franciacorta
Il segreto del successo degli spumanti nelle parole dei wine lovers: festa, allegria, leggerezza, buonumore, abbinabilità, leggerezza, felicità, benessere, amicizia, convivialità, le parole chiave secondo gli appassionati. Con una visione corroborata da quella degli “addetti ai lavori” (come Fabrizio Nonis, conduttore tv), da un territorio in festa. Cresciuto, nel suo appeal, anche grazie a partnership importanti del Consorzio del Franciacorta, con la Guida Michelin, la Mille Miglia, gli Emmy Awards e non solo ...
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