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WineNews
N. 2.815 - ore 17:00 - Martedì 14 Gennaio 2020 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
Addio al filosofo Roger Scruton
“Il vino italiano è strettamente connesso ai paesini, ai territori da cui proviene e a varietà particolari che rappresentano l’intensità di una vita “localizzata” e, quindi, ha un grande significato filosofico. Il rapporto tra soggettività ed oggettività è un binomio difficile da risolvere, perché il gusto è soggettivo, ma se ne può discutere, per il vino non è poi così importante come in altri campi, ad esempio in architettura”. Così parlava, a WineNews, Sir Roger Scruton, filosofo britannico punto di riferimento del pensiero liberale e conservatore, scomparso dopo una lunga malattia, che al vino dedicò il saggio “Bevo dunque sono”, che gli valse il Premio Masi nel 2016.
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Primo Piano
Dall’Europa agli States, gli operatori tutti contrari a nuovi dazi sul vino. La diplomazia al lavoro
24.000 dichiarazioni contro nuovi dazi sul vino europeo ed italiano firmate da fornitori, importatori, distributori, piccole aziende e consumatori americani: con questo bilancio, fa sapere Unione Italiana Vini (Uiv), si è chiusa la consultazione pubblica lanciata dal Dipartimento del Commercio Americano, sulla possibile applicazione di nuovi dazi, fino al 100%, che l’amministrazione Trump potrebbe far scattare sulle produzioni enoiche del Vecchio Continente, e che fanno tremare i produttori. Un segnale forte, che potrebbe giocare un ruolo decisivo sulla decisione finale da parte degli Usa, insieme alle tante iniziative che si sono concretizzate negli ultimi tempi. A livello italiano, dopo la lettera del Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova per sollecitare la massima attenzione sul tema al Commissario Ue al Commercio Phil Hogan, in queste ore in missione a Washington, anche il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha risposto alla filiera, sottolineando che “stiamo profondendo ogni sforzo per assicurare un’efficace e tempestiva tutela del nostro export di settore”. D’altronde, quanto nuovi dazi sarebbero pesanti per il settore, lo dicono i numeri dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor: “complici anche le scorte accumulate nei mesi precedenti, i vini fermi francesi sottoposti all’extra-dazio del 25% hanno registrato un calo di vendite negli Usa del 36% a valore nel solo mese di novembre sullo stesso mese 2018”, ha detto il direttore Veronafiere Giovanni Mantovani. L’Italia, per ora salva dai dazi, secondo l’Osservatorio, nel 2019 chiuderà le vendite in Usa a +5%, sfiorando 1,8 miliardi di euro, quasi il 28% dell’export globale di vini made in Italy. Dato che dice, una volta di più, quanto siano fondamentali gli Usa per l’Italia. Intanto, il Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev) e il Wine Institute, le due principali organizzazioni del settore vitivinicolo nell’Unione Europea e negli Stati Uniti, hanno firmato un documento congiunto (con il plauso, sul fronte italiano, di Unione Italiana Vini e Federvini) chiedendo di arrivare ad un accordo che prevede “zero dazi” per le importazioni di vino su entrambi i fronti. Del resto, Usa ed Ue sono reciprocamente il principale mercato del vino, e l’interscambio tra le due sponde dell’Atlantico, nel 2018, ha mosso 4,6 miliardi di euro.
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Brunello, Barolo e Valpolicella e i dazi
I dazi Usa spaventano anche i grandi territori del vino italiano. È palese la preoccupazione, mista ad un senso di impotenza. “L’allerta è altissima, per Montalcino gli Usa valgono il 20-30% del fatturato, - spiega a WineNews il presidente del Consorzio del Brunello, Fabrizio Bindocci - c’è chi ha spedito vino già ad inizio gennaio per arginare il problema, ma si può fare poco, se Trump non ascolta”. Gli fa eco Matteo Ascheri, presidente del Consorzio del Barolo: “già la sola incertezza sta creando problemi. Gli Usa sono fondamentali, ci stiamo investendo tanto, i dazi sarebbero davvero controproducenti”. “Siamo preoccupati soprattutto per i vini di fascia media, come il Valpolicella, che in Usa esporta il 17% del totale, e il Ripasso. Ma rischia anche l’Amarone, che negli Usa raccoglie a valore il 15% dell’export”, dice Olga Bussinello, direttore del Consorzio Valpolicella ...

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Focus
Gaja: “investire in ricerca con i fondi della promozione”
Tra lotta al riscaldamento climatico, preferenze e stili di consumo che cambiano, ed una naturale evoluzione propria di ogni settore, anche per il mondo del vino è fondamentale, e lo sarà sempre di più, investire in ricerca. Necessità condivisa, almeno a parole, tanto dalle imprese quanto dal mondo accademico, ma su cui raramente, almeno in Italia, ma non solo, si investe con convinzione a livello sistemico, sia nel pubblico che nel privato, fatta eccezioni per alcuni casi virtuosi che pure non mancano. E spesso, il freno primario, deriva dal reperimento dei fondi necessari. Sul tema, arriva la “proposta-provocazione” di uno dei produttori più ascoltati del vino italiano, Angelo Gaja. La cui idea, nella formula, è semplicissima: “si tratta di vedere come potrebbe essere investito parte del finanziamento pubblico, distraendolo dalla ripetitiva azione di stimolo all’export (altro aspetto fondamentale, vista la sempre maggiore incidenza delle esportazioni nei fatturati delle cantine, ndr) a beneficio di tutti gli operatori del settore vinicolo”, concentrandosi, sottolinea Gaja, in particolare su portainnesti più resistenti ai cambiamenti climatici, nuove varietà adatte alla produzione dei vini a denominazione italiani più resistenti a malattie e così via. Una proposta che, di certo, non mancherà di far discutere.
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Cronaca
Cdp, 10 milioni di euro per Giv
Cassa Depositi e Prestiti conferma il proprio sostegno al made in Italy ed al settore primario, supportando, con un finanziamento da 10 milioni di euro finalizzato a nuovi investimenti nelle cantine di produzione, il Gruppo Italiano Vini, che raggruppa 15 cantine in 11 Regioni, per più di 1.600 ettari di vigneto ed un fatturato di 388 milioni di euro nel 2018, di cui il 75% all’estero, commercializzando vini con marchi storici come Nino Negri, Bolla, Santi, Cavicchioli, Re Manfredi, Castello Monaci e Tenuta Rapitalà.
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Wine & Food
Non solo Usa, l’Indonesia blocca le importazioni di alcolici dall’Unione Europea
Mentre l’Europa del vino è con il fiato sospeso, in attesa di sapere che ne sarà dei nuovi dazi minacciati dagli Stati Uniti, dall’altra parte del mondo, in Indonesia, il più grande Paese islamico del mondo, scatta il blocco alle importazioni di alcolici dall’Unione Europea. Una decisione, quella di Giacarta, che risponde alla volontà di Bruxelles di mettere al bando l’olio di palma come combustibile per trasporti tra il 2023 ed il 2030, considerato una risorsa non più sostenibile o rinnovabile, oltre che responsabile della deforestazione di tanti angoli di mondo. Una notizia che l’Indonesia ha mal digerito, visto che le esportazioni di biodiesel verso la Ue valgono 400 milioni di euro. Scatta così lo stop alle licenze di importazione, con il Governo che chiude lo sbocco ad un mercato che, per l’Italia, vale poco più di due milioni di euro.
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Dalle Langhe, tra Italia e Usa, riparte il 2020 del vino italiano. A WineNews Matteo Ascheri
Il presidente del Consorzio di Barolo e Barbaresco: “territorio in salute ed in crescita, nonostante una 2019 complicata in vigna e mercati incerti”. Il 27 e 28 gennaio il debutto delle nuove annate per “Grandi Langhe”, ad Alba, il 4 e 5 febbraio a New York per Barolo & Barbaresco World Opening con i palati top d’America e non solo, Massimo Bottura, Il Volo e Alessandro Cattelan. “Vogliamo fare crescere il prestigio dei nostri vini, partendo dagli Usa e da una delle sue capitali, ma con un messaggio rivolto a tutto il mondo”.
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