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N. 2.653 - ore 17:00 - Giovedì 9 Maggio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Il gelo che si sta abbattendo sull’Europa, in una primavera decisamente fredda, continua a tenere in allarme i viticoltori. E per evitare che la temperatura scenda troppo, nelle vigne si accendono fuochi, con immagini di grande suggestione. E così, dopo in Germania, nella Sassonia, e in Francia, tra Bordeaux, Champagne e Borgogna, succede anche in Italia. E non solo nei vigneti dell’Alto Adige, come testimoniano, tra le altre, le immagini diffuse da cantine come la storica Abbazia di Novacella, ma anche nel centro Italia, dove a riscaldarsi con il fuoco sono state addirittura le vigne di Toscana (nella foto quelle di Tenuta di Trinoro, nel cuore della Val d’Orcia). |
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La Vite ad Alberello di Pantelleria è, probabilmente, il patrimonio Unesco più facile da legare al vino di Sicilia. Eppure, nel continente “enoico” dalle mille anime, scrigno di una varietà di vitigni autoctoni, antichi ed internazionali capaci di raccontare un articolato mosaico vinicolo, sono tanti, forse come in nessun altro luogo al mondo, i patrimoni dell’umanità che tra paesaggio, architettura e storia, si legano al vino, e che sono uno dei fil rouge di “Sicilia en Primeur”, a Siracusa (da oggi al 10 maggio), così che “la valorizzazione del vino passa anche attraverso la valorizzazione del territorio, e, contemporaneamente - spiega Alessio Planeta, presidente Assovini Sicilia - il vino diventa una delle chiavi di lettura più importanti della nostra Regione”. Ed è proprio grazie anche all’intreccio con tanta storia e bellezza, oltre che al rinascimento vinicolo vissuto dalla Sicilia nelle ultime decadi, che il vino è diventato uno dei pilastri del rilancio economico (con un giro d’affari di 550 milioni di euro) e d’immagine dell’Isola. Basta pensare, per citare “soltanto” i patrimoni Unesco, alle Città tardo barocche della Val di Noto, che puntellano uno dei distretti vinicoli più importanti dell’Isola, così come è Sito Monte Etna, territorio che è stato la stella recente del vino siciliano. O, ancora, le Isole Eolie, con le loro mille espressioni vinicole legate soprattutto alla Malvasia delle Lipari, passando per il Parco Archeologico e paesaggistico della Valle dei tempi di Agrigento, il sito archeologico più grande del mondo, con i suoi 1.300 ettari, dove i resti dei templi dorici vegliano anche sui vigneti, e con diversi progetti enoici che contribuiscono a mantenere in vita parco stesso, per fare solo alcuni esempi tra i tanti possibili. Una ricchezza culturale ed artistica che si riflette anche in una varietà vinicola fatta di 23 Doc e 1 Docg, massime espressioni della qualità del vino siciliano. Il cui ultimo frutto, quello della vendemmia 2018, è protagonista nei calici di “Sicilia en Primeur”. Una vendemmia “che in Sicilia è stata a macchia di leopardo, comunque buona, nonostante qualche pioggia nel periodo vendemmiale che però ha interessato solo qualche vigneto, e con punte di assoluta eccellenza sull’Etna e nei territori sudorientali”, ha commentato a WineNews Alessio Planeta.
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92,8 milioni di euro di bilancio consolidato, in crescita del 7,9% sul 2017, anche oltre alle attese, un Ebitda di 13,9 milioni di euro (15% su fatturato), un utile netto di gruppo di 2,8 milioni di euro, e un piano industriale 2019-2022 che prevede 105 milioni di euro investimenti (per arrivare ad un fatturato di 133 milioni e al raddoppio dell’Ebitda già a partire dal 2020): sono i numeri del bilancio del Gruppo Verona Fiere che include, oltre alla capogruppo Veronafiere Spa, firma del più importante evento del vino italiano, Vinitaly, che ha riconfermato all’unanimità Maurizio Danese alla presidenza, e che ha registrato ricavi per 82,4 milioni di euro, in aumento del 3,2% sull’anno precedente, anche le società Piemmeti Spa, Veronafiere Servizi Spa, Milanez&Milaneze, Verona Parma Exhibitions Srl (Vpe), Metef Srl e Medinit Srl. |
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Non si arresta il declino delle importazioni enoiche in Cina, dove, nei primi tre mesi del 2019, mostrano il segno meno sia i volumi, a quota 156 milioni di litri, il -22,3% sul 2018, che i valori, crollati a 782 milioni di dollari (-20,19%), come raccontano i dati di China Customs elaborati dall’Ice di Pechino, guidato da Amedeo Scarpa. Una dinamica che non risparmia nessuno: anzi, ad uscirne meglio, almeno relativamente, è proprio l’Italia, che limita lo slittamento ad un -25,7%, pari a 41,3 milioni di dollari di vino esportato nel primo trimestre 2019, mentre nel periodo gennaio-marzo 2018, quando le spedizioni viaggiavano con il vento in poppa, si arrivò a 55,64 milioni di dollari. Peggio fanno sia la Spagna (-32%, a 36,02 milioni di dollari) che, soprattutto, la Francia (-30,88%, a 195,02 milioni di dollari). Limitano i danni, ma non invertono la tendenza, nemmeno Australia e Cile, forti di accordi commerciali a dazi zero sulle esportazioni enoiche, in calo, rispettivamente, del -11,43% (a 197,83 milioni di dollari), e del -6,74% (90,07 milioni di dollari). Tante le cause, sottolinea l’Ice: dalle tensioni tra Usa e Cina ai magazzini pieni di stock da smaltire, ad un potere d’acquisto ancora non così forte tra i nati degli anni novanta, all’arretramento del mercato del vino nella Cina settentrionale, e non solo. |
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“È la cultura che deve diventare guida dell’economia. Un nuovo concetto di rigenerazione del Mediterraneo che restituisca al Mare Nostrum una visione in sintonia tra tutti i soggetti che intorno al mare vivono”. Parola del presidente di Slow Food Carlo Petrini, oggi a Genova al via di “Slow Fish”, kermesse di scena da oggi al 12 maggio, dedicata al “Mare, bene comune”, dove tra degustazioni, cooking show e laboratori, si riflette anche su temi legati ad ambiente e inquinamento dei mari. Con la plastica che è il nemico n. 1, con l’80% dei rifiuti spiaggiati. |
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Ai Wine Awards, gli Oscar del Vino, andati in scena a Bergisch Gladbach e firmati dalla prestigiosa rivista enogastronomica tedesca Der Feinschmecker, la Germania è tornata a premiare l’Italia del vino: Alois Lageder, a capo dell’omonima griffe dell’Alto Adige e inventore di Summa, con il “Lifetime Achievement 2019”, e il Bricco dell’Uccellone, la Barbera di Tenuta Braida di Giacomo Bologna, come “Wine Legend”, primo piemontese ad aggiudicarsi l’ambito premio, terzo italiano in assoluto (dopo Sassicaia nel 2009 e Ornellaia nel 2011). Sono solo gli ultimi di una serie di riconoscimenti da parte della Germania del vino all’eccellenza italiana, come quelli della rivista Meininger consegnati a ProWein, a leader del settore come la famiglia Mariani di Castello Banfi e Gaetano Marzotto, di Santa Margherita. |
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A WineNews le riflessioni di Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, e Vincenzo Boccia, alla guida di Confindustria. Con l’internazionalizzazione quanto mai necessaria, con i consumi interni stagnanti (e su cui incombe l’aumento dell’Iva), il bisogno di creare valore in una “filiera povera”, che è comunque “punta avanza del manifatturiero” del Paese, dove “piccole e grandi imprese sono complementari”. |
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