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WineNews
N. 3.559 - ore 17:00 - Mercoledì 30 Novembre 2021 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
Riscaldamento globale e Amarone
Gli effetti del Climate Change, e nello specifico del riscaldamento globale, con estati sempre più calde e siccitose, si avvertono in tutta la sua portata tra i filari dei grandi territori del vino italiano. Anche in Valpolicella, dove Cantina Valpolicella Negrar, punto di riferimento per la cooperazione per l’Amarone, ha anticipato di un mese, rispetto alla consuetudine, la pigiatura delle uve per l’Amarone, autorizzata dal 3 novembre dalla Regione Veneto, su richiesta del Consorzio di tutela, a causa proprio delle alte temperature che quest’anno hanno influito sulle varie fasi del ciclo vegetativo della vite, anticipandole tutte (continua in approfondimento).
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Primo Piano
Africa, un continente da esplorare, ma con tante possibilità da cogliere, per il vino italiano
Dal 15 novembre sul Pianeta siamo 8 miliardi e, secondo le Nazioni Unite, entro il 2050 il 25% della popolazione mondiale sarà costituita da africani. Mosaico di Paesi (54) con situazioni variegate, il Continente Africa risulta un mercato piuttosto oscuro (su cui si sono accesi, nei giorni scorsi, i riflettori a Wine2Wine, by Veronafiere), con uno spaccato delle opportunità per il vino italiano in Angola, Ghana, Kenya, Sudafrica e Nigeria, dove la rapida ascesa della classe media prefigura una crescita importante, che è interessante già oggi. Partendo dall’Angola, quattro volte l’Italia per estensione, con 33 milioni di abitanti. A parlarne Monteiro Deslandes, analista di mercato senior dell’Ufficio ICE di Luanda, aperto nel 2015. Molti i fattori favorevoli in questo senso: una popolazione molto “europeizzata”, per il forte impatto della colonizzazione portoghese; la presenza di diversi porti che la rendono raggiungibile; una popolazione al 99% cristiana; nessun limite al consumo di alcool e, cosa più importante, un mercato su cui, per l’influenza culturale, domina il vino portoghese, in inesorabile calo, e non quello francese. L’Italia è terza, dopo il vicino Sudafrica, ma nel 2020-2021 ha raddoppiato le sue esportazioni. Ancora, se in Ghana, come un po’ in tutta l’Africa, stanno crescendo tantissimo le bollicine, ed il Kenya vede crescere il business grazie ad una notevole presenza italiana ed allo sviluppo dell’e-commerce, una grande opportunità è rappresentata dalla Nigeria, seconda economia africana dopo il Sudafrica con 211 milioni di abitanti di religioni diverse, e che è uno dei Paesi africani con il più elevato consumo di bevande alcoliche pro capite, più elevate soprattutto tra i più giovani. Secondo gli ultimi dati Onu, avrà la crescita demografica maggiore nei prossimi 28 anni. Un orizzonte al 2050 interessante, dovuto alla numerosità “di giovani ambiziosi che cercano vini di qualità” a detta di Victor Ikem, fondatore e direttore di Drinks Revolution Limited. Infine, il Sudafrica, primo Paese produttore di vino in Africa, e mercato più maturo. Dove, secondo Nicolaas Wilem Smit, direttore di Cape Wine Group, e co-proprietario di Clear Mountain Wines, “le opportunità in Sudafrica si concentrano sugli spumanti e sui bianchi” (le riflessioni complete in approfondimento).
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Il dossier Prosecco tra Ue e Australia
Nelle lunghe trattative che portano ad accordi di libero scambio tra Unione Europea e qualsiasi altro Paese Terzo, il riconoscimento reciproco delle tipicità agroalimentari è uno dei fascicoli più caldi. Anche nel negoziato con l’Australia, dove il riconoscimento del Prosecco sta incontrando più di qualche problema. In Australia, infatti, la produzione di Prosecco, che a queste latitudini è prima di tutto un vitigno, è vitale per centinaia di vignaioli della King Valley, che producono ogni anno 15 milioni di bottiglie. E se in Italia, con la nascita della Doc Prosecco, nel 2009, ancorata territorialmente al paese friulano di Prosecco, il nome dell’uva diventò, definitivamente, Glera, qui nulla è cambiato, e il lavoro di lobbying dei produttori sul Governo di Canberra è sempre più pressante (continua in approfondimento).
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Focus
Erling Haaland brinda da (e con) Umberto Cesari
A soli 22 anni, ha già polverizzato decine di record calcistici: stella assoluta del calcio mondiale, Erling Haaland, attaccante del Manchester City, in pausa a causa della mancata qualificazione della sua Norvegia ai Mondiali in Qatar, si è concesso un’escursione in Emilia-Romagna, con destinazione primaria a Maranello, per acquistare una Ferrari. Ma, nella “Motor & Food Valley” dell’Emilia-Romagna e d’Italia, non è mancata una parentesi enogastronomica. E se il calciatore si è fermato nel celeberrimo Ristorante Montana di Fiorano, per un brindisi Erling Haaland ha fatto visita ad una delle sue cantine del cuore, la Umberto Cesari, guidata da Gianmaria Cesari, tra i riferimenti qualitativi del territorio romagnolo e del Sangiovese. “È un ragazzo di una semplicità unica - racconta, a WineNews, lo stesso Gian Maria Cesari - abbiamo visitato l’azienda, ed ha voluto fare una verticale di Tauleto, assaggiando l’annata 1998, la 2000, che è quella del suo anno di nascita, la 2003, e quella corrente in commercio che è la 2016”, racconta Cesari, che aggiunge: “Erling è un appassionato dei nostri vini, li beve quando è nella sua casa spagnola a Marbella, e li compra a Manchester. Abbiamo parlato a lungo di vino: oltre che amante dei nostri vini, è un grande appassionato dei vini spagnoli, a partire dall’Unico di Vega Sicilia” ...
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Cronaca
Una nuova norma per i “locali storici”
I locali storici d’Italia (nella foto il Florian di Venezia) sono un patrimonio economico e culturale importante per il Paese. Tutelarli è un dovere, inquadrarli con una normativa univoca e chiara una necessità. A cui, risponderà, finalmente, la norma Uni 11891-1, che sarà pubblicata domani, e che metterà fine “al caos amministrativo”, con un riferimento univoco nazionale. Tra le caratteristiche principali, i locali devono avere mantenuto al loro interno gli arredi originali ed essere in attività da almeno 70 anni. Ad annunciarlo la Fipe/Confcommercio.
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Wine & Food
Le competenze artigianali e la cultura della baguette Patrimonio Immateriale dell’Umanità
La Francia senza baguette e Tour Eiffel sarebbe come l’Italia senza pizza e Colosseo. Il tipico sfilatino di pane, che lo stereotipo vuole ben stretto sotto l’ascella di ogni parigino, è un  simbolo della tradizione gastronomica d’Oltralpe, tanto che l’Unesco ha riconosciuto le competenze artigianali e la cultura in senso lato della baguette Patrimonio Immateriale dell’Umanità. La storia della baguette, come racconta il critico gastronomico Gilles Pudlowski nel suo “Les trésors gourmands de la France”, inizia nella seconda metà del XIX, a Vienna. In Francia la sua fortuna è legata ad una legge del 1920 che vietava ai fornai di lavorare prima delle quattro di mattina, rendendo impossibile cuocere le tradizionali pagnotte rotonde in tempo per la colazione. Si decise allora di puntare sulla baguette, pronta in molto meno tempo.
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WineNews.tv
Da New York a Chicago fino a Los Angeles: vino e cucina italiana sulle tavole dei ristoranti Usa
Dalle tappe toccate dal Simply Italian Great Wines della Iem di Marina Nedic e Giancarlo Voglino, l’evoluzione della italiana, che sta vivendo una fase tutta nuova, emancipandosi dallo stereotipo della tovaglia a quadri e delle “fettuccine alla Alfredo” e guardando ai prodotti di qualità e alla tradizione, ma anche i trend nei calici, con un occhio attento a ciò che chiedono i più giovani, puntando su proposte originali e vini accessibili anche ai palati meno esperti.
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