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N. 2.674 - ore 17:00 - Venerdì 7 Giugno 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Arrivano buoni segnali, dalla prima parte dell’anno, per i consumi di vino in Italia. Con le vendite che, per il vino confezionato, nel canale “food”, secondo i dati Nielsen aggiornati al 21 aprile 2019, diffusi da Federvini, hanno toccato i 588,6 milioni di euro (+5,5% sullo stesso periodo del 2018) per 2 milioni di ettolitri (+2,1%). E continuano a crescere ad un ritmo ancora più elevato le vendite di spumanti, tendenza degli ultimi anni che non accenna a diminuire, e che da inizio anno fa segnare un robusto +21,9% a volume, ed il +22% a valore, nelle vendite delle bollicine. E cresce, anche lo Champagne, a +2,3% in volume, e a +12,5% in valore. |
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Per l’Italia del vino, potrebbe essere il momento di fare il grande salto di qualità in Cina. Perché, al di là dei numeri di oggi, ancora piccoli, l’appeal dei vini italiani cresce, tanto nel mercato delle aste che della ristorazione, al contrario di quelli di Francia, oggi leader assoluti, a partire da Bordeaux, che però iniziano a “stufare” (al netto del mito di Borgogna Romanée-Conti, che gioca una partita tutta sua) appassionati e collezionisti. Un cambio di passo possibile, a patto, però, di non perdere tempo, con i produttori che devono presidiare il mercato (e puntare forte sulla ristorazione cinese) anche per compensare l’assenza di una distribuzione “italiana” strutturata, con le perle del vino del Belpaese che entrano sempre più nel mirino dei “negociant” di Bordeaux, che forse prima degli italiani stessi hanno capito che il vento sta cambiando. Una opportunità, per ora, ma un possibile “collo di bottiglia” in futuro. È, in estrema sintesi, il punto di vista, a WineNews di Raimondo Romani, alla guida con Flaviano Gelardini della Gelardini & Romani Wine Auctions, l’unica casa d’aste specializzata in vini italiani, e da 8 anni di stanza ad Hong Kong, dove ha sviluppato, da 5 anni, anche l’attività di distribuzione, esclusivamente di vini tricolore, con un osservatorio di lungo corso, e privilegiato, sulle dinamiche ed i cambiamenti di quello che da tutti è considerato il più grande mercato del vino del prossimo futuro. “Se guardiamo al solo mercato delle aste, per esempio, che è dominato dai compratori asiatici, vediamo che la distanza che c’era tra Francia ed Italia, almeno nella grande fascia dei 1.000 dollari a bottiglia, non c’è più. Bordeaux non tira più come un tempo, ora la star è la Borgogna, che poi è essenzialmente Domaine de La Romanée Conti, che con il 5% delle bottiglie scambiate vale un quarto del mercato, e che fa storia a se. Ma per il resto, noi abbiamo tante etichette competitive quanto e più dei francesi, con i grandi nomi di Toscana e Piemonte, con alcune griffe dell’Amarone, e l’Etna, che crescerà tantissimo. Ma vale anche per il mercato in generale, e per la ristorazione cinese, da conquistare. Siamo difronte alla possibilità di fare un vero cambio di passo, ma dobbiamo essere coscienti che non abbiamo nulla di meno degli altri in termini di cultura e di qualità del vino, ed affermarlo con orgoglio”. |
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L’alta ristorazione è capace di generare un’economia che va ben al di là del fatturato di un locale, impattando sulla crescita turistica di borghi e città, sui posti di lavoro e sulla rivalutazione sociale di interi patrimoni storici ed artistici. Come racconta la case history del ristorante “Del Cambio” di Torino, risorto cinque anni fa ed oggi esempio tangibile di “investimento ad impatto”, un progetto moltiplicatore di valore condiviso, come emerge dallo studio del centro di ricerca Tiresia della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui l’82% dei cittadini dichiara che il rilancio e la valorizzazione del Del Cambio sia un valore per la comunità, riconoscendogli un ruolo nel rilancio del turismo enogastronomico. Un investimento, in sostanza, capace di generare valore ad ogni livello: culturale, artistico, storico e turistico. |
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Il progresso è quando le nuove tecnologie e l’innovazione migliorano la tradizione. E nel vino, siamo già nell’era dello “smart wine”, perché i produttori più illuminati hanno compreso che adottare le nuove tecnologie digitali in vigna significa produrre il vino in modo più naturale, diminuendo fertilizzanti ed altri sostanze nocive, che introdurre la blockchain vuol dire andare oltre la tracciabilità assicurata della fascette Doc e Docg e firmare un patto di fiducia con il consumatore finale, perché si rendono visibili e condivisibili tutte le tappe della filiera della produzione del vino. E ancora che con gli strumenti digitali si comunica in ottica di micro-marketing, dialogando direttamente con chi sceglie i vini e chi li compra, e rafforzando i valori del proprio brand, attraverso il racconto in prima persona di storie appassionanti, come quelle che può proporre ogni produttore vitivinicolo in Italia. Argomenti al centro del Premio Gavi La Buona Italia, che oggi nella terra del celebre bianco del Piemonte, ha premiato cantine dalla grande storia, ma pioniere anche della contemporaneità, la Marchesi de’ Frescobaldi, ma anche con riconoscimenti speciali per Smart Wine in Vigna a Guido Berlucchi, per la Smart Wine Blockchain a Cantina Placido Volpone e per Smart Wine nell’Accoglienza alla Marchesi Antinori. |
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Negli agriturismi della Lombardia verrà venduto solo vino (e pesce) prodotto in Lombardia. È una proposta destinata a far discutere, ma è mossa da un principio condivisibile, la volontà e l’esigenza di promuovere le produzioni locali, come spiega l’assessore all’Agricoltura della Lombardia Fabio Rolfi. “L’obiettivo è chiaro: negli agriturismi lombardi devono esserci prodotti lombardi. Grazie a questa legge gli agriturismi saranno veri e propri ambasciatori del nostro territorio. Dobbiamo puntare sulla distintivitá del nostro agroalimentare”. |
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La Toscana, prima Regione d’Italia associata al vino e al cibo di qualità nell’immaginario collettivo del mondo, con il suo agroalimentare, genera un valore aggiunto di 3,5 miliardi di euro, il 6% del totale nazionale. Anche grazie ai 31 prodotti Dop, Igp e Agriqualità, che valgono 111 milioni di euro (dati Ismea), e che sono cresciuti dell’8% in valore nell’ultimo anno, con un export che vale 50 milioni di euro. Dati comunicati oggi a Siena per BuyFood, la prima vetrina internazionale dedicata ai prodotti Dop e Igp della Toscana, che, sul modello di successo del già affermato BuyWine, ha riunito i buyer da tutto il mondo, con la regia di Regione Toscana, PromoFirenze e Fondazione Qualivita. “Fondamentale fare sinergia con i piccoli produttori, per andare nel mondo”, ha detto l’assessore all’Agricoltura della Toscana Marco Remaschi. |
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“La blockchain sta diventando uno standard fondamentale per trasparenza e tracciabilità delle aziende italiane. Crediamo che per il vino sia una tecnologia che può garantire un nuovo standard di comunicazione, per raccontare la propria storia ed i propri valori. E permette di digitalizzare i processi, rendere più efficienti le relazioni ed automatizzare alcune dinamiche come quelle contrattuali, le fatturazioni, i trasporti, che la blockchain, unendo tutto in modo trasparente, interconnesso, digitale e pubblico può creare valore aggiunto”. |
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