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N. 2.587 - ore 17:00 - Martedì 5 Febbraio 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Vino ricco di storia, cantato da Dante e da Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III Farnese, dal Vasari e da Michelangelo, ma anche dal Redi, la Vernaccia di San Gimignano, enclave bianchista nella Toscana dei grandi rossi, si conferma vino contemporaneo, locale e globale: se il 60% della produzione finisce all’estero, la metà del 40% è destinata all’Italia e venduta sotto alle torri delle “New York” del Trecento. E con la tranquillità di una vendemmia 2018 di buona qualità e di quantità, in aumento del 25% sul 2017, il territorio si avvicina alla sua Anteprima, il 10 febbraio per i wine lovers ed il 13 febbraio per il trade, firmata dal Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano.
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Parlare di vino italiano negli Stati Uniti vuol dire addentrarsi in un mondo complesso, fatto di tanti mercati diversi, dove non è semplice, nonostante la passione degli americani per il Belpaese enoico, “fare cultura del vino”, e andare oltre i grandi classici. Eppure, quando ci si riesce, è un successo, che racconta tutto il potenziale dell’Italia delle diversità. Ritratto che emerge dal viaggio che WineNews ha iniziato in Florida, da Miami - dove è partito il Simply Italian Great Wines 2019 organizzato dalla Iem, con la prima tappa dell’Americas tour - crocevia culturale e geografico tra Sud e Nord America. E mercato fatto di tanti locali di alto livello, e importante per i vini italiani, come raccontano le storie di tanti imprenditori. Come Luciano Zanon, per anni alla guida dei locali del Gruppo Cipriani a New York, e da 10 anni a Miami con il suo “Zucca”, dove, racconta a WineNews, “la punta di diamante è la Toscana, con i Brunello ed i Super Tuscan, dal Sassicaia al Solaia, all’Ornellaia. Ma è bello far conoscere i vini del Piemonte, della Puglia, della Sicilia o della Campania. Il nostro ruolo è quello di fare cultura”. Stessa filosofia seguita da “Le Sirenuse”, del Four Seasons Surf Club, come spiega il responsabile dei vini Alessio Anedda. “Qui i clienti hanno gusti ben definiti, legati ai vini della California, potenti, legnosi, rotondi. È difficile far cambiare loro idea, ma è proprio questa la nostra missione”. Eppure ci si riesce, come testimonia il successo, in questo caso, di vini come “il Franciacorta di Ca’ del Bosco o il Brunello di Pian delle Vigne, o, tra i bianchi, il Trebbiano di Emidio Pepe, vini assai diversi dai soliti Cabernet Sauvignon e Chardonnay”. E sul fare cultura del vino italiano ha puntato anche il “Casa Tua Cucina”, a Miami Beach, come racconta il beverage manager Filippo Visconti: “in America per la stragrande maggioranza della gente Italia vuol dire Pinot Grigio e Prosecco. Noi abbiamo una selezione al calice di 60 etichette, ma neanche un Pinot Grigio. All’inizio, è stata dura, ma quando il cliente si è trovato di fronte all’assenza di ciò che conosce, si è semplicemente lasciato guidare nella scelta di qualcosa di diverso, e ha conosciuto vini meno popolari ma straordinari, come l’Erbaluce ad esempio”. |
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Con 28,77 dollari a bottiglia, in media, Tel Aviv, in Israrele, è la città più cara del mondo per bere vino. Seguita da Seul, in Corea del Sud, dove per una bottiglia si spendono mediamente 27,02 dollari, e poi da Singapore, con 23,68 dollari. È la curiosa statistica che emerge dal “Worldwide Cost of Living 2018” firmato dalla celebre testata economica “The Economist”. Nella top 10 delle città, in posizione n. 4 c’è Sydney, in Australia, con 20,49 dollari in media, seguita da Honk Kong, con 16,16 dollari, Zurigo, in Svizzera, con 15,89 dollari, Oslo, in Norvegia, con 13,7, e Copenhagen, in Danimarca, con 13,28 dollari. Sorprendentemente economica, invece, è Parigi, dove una bottiglia costa, in media, secondo lo studio, 11,9 dollari, ma ancora più economica, ancora in Svizzera, è Ginevra, dove bastano 8,37 euro. |
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La passione per il vino ha fatto fare un vero e proprio boom alle enoteche di Bologna e dintorni, più che raddoppiate in poco meno di 10 anni (+147,9%, da 48 a 119, tra il 2010 e il 2018). Ma anche la Capitale Europea della Cultura 2019 ha visto crescere in maniera esponenziale i locali dove degustare una buona bottiglia: negli stessi anni, le enoteche della Provincia di Matera sono passate da 28 a 50 (+109,1%). A seguire, con più aperture, ci sono Mantova (+78,6%, da 28 a 50), Prato (+76,5%, da 17 a 30) e Trieste (+70,6%, da 17 a 29). Parola dell’identikit delle enoteche italiane elaborato dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi e da Coldiretti Lombardia. In totale, nel Belpaese si contano 7.278 enoteche, cresciute del +14% nel 2010-2018 (+8,7% solo negli ultimi 5 anni, mentre sono stabili nell’ultimo anno), un comparto che impiega oltre 7.800 addetti, per un giro d’affari che supera i 280 milioni di euro l’anno. Guardando la concentrazione di enoteche nelle singole città, i primi 10 Comuni in Italia, per numero di localizzazioni attive, sono Roma, al primo posto con 340 enoteche, Napoli (231), Milano (134), Torino (115), Firenze (89), Genova (85), Venezia (68), Palermo (60), Bologna (59) e Bari (55). Guardando invece dietro al bancone, il 26,7% delle enoteche italiane è guidato da una donna, e l’11,8% da giovani. |
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Il fascino delle Langhe conquista Hollywood: al WiMu, il Wine Museum di Barolo, e tra i vigneti più prestigiosi d’Italia, ospite d’onore è stato il celebre attore americano, di origini italiane, John Turturro, protagonista di decine film di successo, firmati da Michael Bay, Martin Scorsese, i fratelli Coen, Woody Allen e Spike Lee, tra gli altri. A fare da “Cicerone” all’attore è stato Paolo Damilano, nella duplice veste di produttore, con la storica cantina Damilano, e di presidente della Barolo & Castles Foundation. |
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Parte contrastato il 2019 del mercato dei Fine Wine, almeno stando al “listino” del Liv-Ex, con un piccola nota positiva, data dall’Italy 100 che, seppur di pochi decimali, è stato l’indice migliore sulla piattaforma più importante del mercato secondario. Il Liv-Ex 1000, il più grande degli indici del Liv-Ex, ha registrato una flessione del -0,31%, ma il peggiore è stato di gran lunga il Bordeaux Legends 50, selezione di 50 etichette di grandi vecchie annate di Bordeaux (a partire dal 1982) che perde un secco -1,37%. Come detto, l’indice migliore è quello dedicato al Belpaese, l’Italy 100 (formato dalle ultime 10 annate fisiche di Sassicaia, Solaia, Tignanello, Ornellaia, Masseto, Guado al Tasso, Barbaresco di Gaja, Redigaffi di Tua Rita ed i Barolo Monfortino Riserva e Cascina Francia di Giacomo Conterno, ndr), in crescita dello 0,47%. |
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Dalla terra dell’Amarone riflessioni sugli alti valori dei terreni, sulle scelte stilistiche, ma anche sulle fratture da ricomporre per il bene comune. Parola a Emilio Pedron (Bertani Domains), Andrea Sartori (Consorzio Vini Valpolicella), Massimo Gianolli (La Collina dei Ciliegi), Cristian Ridolfi (Santi - Gruppo Italiano Vini), Andrea Lonardi (Bertani Domains), Celestino Gaspari (Zymè), Marco Speri (Secondo Marco), Luciano Begnoni (Santa Sofia), Marco Sartori (Roccolo Grassi), Mattia Cottini (Monte Zovo), Nadia Zenato (Zenato), Luca Pizzighella (Signorvino) e Luca Nicolis (Bottega del Vino). |
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