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WineNews
N. 3.386 - ore 17:00 - Giovedì 31 Marzo 2022 - Tiratura: 31.183 enonauti,
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La News
La “Collezione degli Enologi”
Barolo 2016 by Beppe Caviola, “Rapsodia in Rosso” 2017 by Riccardo Cotarella, Cannonau di Sardegna 2015 by Lorenzo Landi, Friuli Colli Orientali Bianco 2016 by Gianni Menotti, Toscana Rosso 2016 by Umberto Trombelli e Montecucco Sangiovese Riserva 2015 by Paolo Vagaggini: sono le etichette della “Collezione degli Enologi” di Suadela, il progetto enoico di un gruppo di amici ed imprenditori (in campi che ben poco hanno a che fare con il vino) originari di Paesi e città diverse, uniti dall’amore incondizionato per il vino italiano, da far conoscere attraverso bottiglie uniche, create (in 2.400 esemplari ciascuna) dai migliori enologi del Belpaese.
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
É cresciuto, in pandemia, l’amore degli italiani per il vino. E lo consumano 9 persone su 10
Non solo preoccupazioni da mercati e caro prezzi, ma anche buone notizie per il vino italiano: in due anni, nonostante la pandemia, sono cresciuti i consumatori, soprattutto tra i giovani. Le battaglie salutiste non spaventano più di tanto i wine lover: per la maggior parte di loro non fa affatto male un consumo moderato (e solo 1 su 10 sa cosa sia il famigerato Nutriscore). Biologico e vitigni autoctoni sono tra i valori più importanti nella scelta, ma cresce anche il consumo di vino per la mixology. Sono i principali trend che emergono dall’ultima indagine “Gli italiani e il vino”, firmata dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha voluto confrontare il rapporto tra gli italiani e il vino con un sondaggio molto simile a quello realizzato nel 2019. Nell’ultimo anno l’89% degli italiani ha bevuto vino - dato in crescita rispetto a 3 anni fa - per effetto soprattutto di un’impennata della platea di giovani maggiorenni, protagonisti di un approccio moderato e consapevole. Emerge così un quadro di immutata passione verso la bevanda principe del Belpaese, a cui si aggiunge una accresciuta curiosità da parte dei giovani. Sul 2019 i consumatori appartenenti a Generazione Z e Millennials (18-41 anni) sono considerevolmente aumentati sul piano numerico (dall’84% al 90%) ma non sulle quantità, mentre rimane invariata l’incidenza dei consumatori della Generazione X (89%, 42-57 anni) e si abbassa la quota dei Baby Boomers (over 57 anni), che perdono il primato della numerosità (non della frequenza al consumo) passando dal 93% al 90%. Ma numerosità non fa sempre rima con quantità: lo spumante, ma anche i rosati e lo spritz, sono infatti oggetto di consumi saltuari, in particolare da parte degli under 40, con una quota di chi li beve settimanalmente sotto il 20%. Diverso l’approccio sul vino rosso, che rimane lo zoccolo duro degli abitudinari, con circa il 60% dei Baby Boomers che lo consuma 2-3 volte a settimana e addirittura 1/3 tutti i giorni. Sale l’indice di gradimento per i vini biologici/sostenibili, che conquistano il primo posto tra i prodotti indicati a maggior potenziale di crescita nei prossimi anni, ed i consumi non sono responsabili solo in ottica ambientale, ma anche nella moderazione (tutti i dati in approfondimento).
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La cucina italiana conquista l’Asia
Al di là della mera statistica e della classifica finale, la “50 Best Restaurants Asia” 2022 restituisce lo spaccato di una ristorazione asiatica che ha ormai spalancato le porte alla grande bellezza della cucina italiana. Con indirizzi storici, come “8 1/2 Otto e Mezzo Bombana”, tre stelle Michelin ad Hong Kong e due nella sede di Shanghai, dove da un paio di anni è arrivato anche “Da Vittorio”, primo ristorante della famiglia Cerea lontano dall’Europa, sempre due stelle Michelin. Casi isolati? Decisamente no. Nella classifica firmata dalla San Pellegrino, infatti, alla posizione n. 43 troviamo il “Cenci”, a Kyoto, di chef Ken Sakamoto, ex sous chef del mitico Yasuhiro Sasajima, e alla n. 14 il “Villa Aida”, a Wakayama, con chef Kanji Kobayashi che è passato nelle cucine de “La Tenda Rossa” e del mitico “Don Alfonso 1890”.
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Focus
I vini low e no alcol in un mercato da costruire
Non c’è nulla di più sfidante, per le aziende del vino di tutto il mondo, in questo momento, dei vini no alcol e a basso contenuto di alcol. Da un lato, la chiara esigenza di rispondere ai bisogni dei consumatori, e la pressione commerciale della supply chain affinché il vino investa in questa tipologia di prodotti. Dall’altro lato, la sensazione che il vino la guerra del no e low alcol l’abbia già persa, con la birra analcolica che, come ricordano i dati Iwsr, ha praticamente il monopolio della categoria. Lo stesso Iwsr, d’altro canto, prevede una crescita dei consumi di alcolici senza alcol in crescita del +8% annuo da qui al 2025, con gli spumanti che seguiranno una traiettoria del tutto simile, mentre il vino fermo low e no alcol farà ancora meglio, raddoppiando gli attuali consumi. La posta in gioco per il vino è particolarmente alta, perché questa dinamica sarà guidata dai consumatori che hanno tra i 20 e i 30 anni, ossia la generazione in cui il vino sta facendo più fatica, come ricorda Wine Intelligence, che nell’anticipazione del report “Opportunities in Lower and No-alcohol Wine 2022” ha messo in fila i 5 fattori da valutare prima di decidere di investire nella produzione di vini low e no alcol (in approfondimento).
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Cronaca
Unity, il Prosecco dell’Eurovision
La kermesse “pop” per antonomasia, in senso prettamente musicale, l’Eurovision Song Contest, avrà al suo fianco le bollicine per loro stessa natura “pop”, nel senso migliore del termine, perché accessibili a tutti, quelle del Prosecco, grazie alla regia di Invivo, azienda neozelandese che, dopo la collaborazione con Sarah Jessica Parker, ha fatto incontrare musica e vino in un’etichetta inclusiva: “Unity” (unità), parola oggi più importante che mai, declinata in tutte le lingue del mondo, nel primo Prosecco ufficiale dell’Eurovision Song Contest.
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Wine & Food
Vino e investimenti, Pizzolato punta sul Chianti Colli Senesi e sul bio, con Casale III
Continuano a tamburo battente i passaggi di proprietà nel mondo del vino italiano. Protagonista, questa volta, la Settimo Pizzolato Holding, proprietaria de La Cantina Pizzolato, azienda veneta che produce oltre 8 milioni di bottiglie certificate biologiche esportate in oltre 30 Paesi nel mondo, che ha acquisito la Casale III, in Toscana, ed in particolare nella Val d’Elsa, azienda di proprietà della famiglia Borella che, dagli anni Settanta del Novecento, ha avviato una viticultura biologica di Chianti Colli Senesi ed olio extravergine di oliva. Un acquisto che si inserisce in quella che è una costante crescita della holding Pizzolato, che ha chiuso il 2021 con un fatturato che supera i 20 milioni di euro, una produzione di oltre 8 milioni di bottiglie e con un export intorno al 90%, a conferma della vocazione internazionale dell’azienda.
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WineNews.tv
Don Ciotti: “una coscienza inquieta ritrova le motivazioni per lottare contro le mafie”
Dalla guerra in Ucraina, che ci coinvolge tutti e ci fa accogliere la sofferenza, in un conflitto delle coscienze che dimenticano come nel mondo si stiano combattendo altri 33 conflitti, alla guerra della mafia, che dopo la pandemia si scopre ancora più forte, e sempre più presente nei settori del cibo e dell’agricoltura, investendo in bar, ristoranti ed alberghi. È la variante criminale, la più pericolosa, da combattere ogni giorno, per liberare la filiera agroalimentare dalle tante forme di schiavitù cui la sottopone la malavita. Così, a WineNews, Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera.
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