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WineNews
N. 4.229 - ore 17:00 - Giovedì 29 Maggio 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Il vino in Uk? Il preferito è il bianco
Il preferito dall’89% degli intervistati è il vino bianco, seguito da rosso e rosè (81%). Poi gli spumanti (78%), lo Champagne (72%) e più staccati gli orange wines (30%), con il vitigno preferito che è il Sauvignon Blanc e con Bordeaux come top denominazione. Sono alcuni dei dati raccolti nel Sowine/Dynata “Wine & Drinks Barometer” 2025, un’indagine realizzata per comprendere le abitudini dei consumatori di vino all’interno del mercato Uk. Con focus sulla Francia che ha nel Regno Unito il terzo mercato principale per l’export: lo stesso gradino del podio presente nelle liste commerciali dell’Italia e che nel 2024 è valso per lo Stivale 851 milioni di euro.
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
Caos dazi, per la Corte Usa del Commercio sono illegittimi. La Casa Bianca fa ricorso
Come in un grande thriller hollywoodiano in cui è in gioco l’economia mondiale, la vicenda “dazi Usa”, che riguarda da vicino anche tutto il made in Italy, agroalimentare e vino in testa, visto che dagli Usa dipende quasi un quarto degli oltre 8 miliardi di euro di export 2024 (e, con i primi 2 mesi 2025, a +20% sul 2024 sul fronte enoico), ci ha abituato a grandi e repentini colpi di scena. Ma a scrivere l’ultimo non è stato il Presidente Usa Donald Trump (che, nei giorni scorsi, aveva minacciato di alzare il dazio sui prodotti Ue al 50%, poi ritrattando almeno fino al 9 luglio), ma la United States Court of International Trade, che ha sostanzialmente accolto un ricorso di una coalizione di diverse realtà di 12 Stati - tra cui, per il vino, la newyorkese V.O.S. Selections, da sempre in prima fila contro i dazi - dichiarando in buona sostanza illegittime le tariffe introdotte da Trump, non tanto nella sostanza, quanto nella forma, poiché il Presidente americano lo avrebbe fatto superando l’autorità concessa dall’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). Tra i tanti a riportare la notizia, che sta aggiungendo caos al caso, è anche la Us Wine Trade Alliance (Uswta). Ad ora, dunque, la Corte ha emesso un’ingiunzione e annullato sia le tariffe contestate, ovvero quelle tra il 10% ed il 50% imposte alle merci importate da 57 Paesi del mondo (tra cui i Paesi membri Ue, ndr), che i dazi al 25% sui prodotti canadesi e messicani. Inoltre, oltre al fatto che il Governo non può più riscuotere le tariffe, la sentenza sarebbe anche retroattiva, e questo vorrebbe dire che quanto incassato fino ad oggi dovrebbe essere anche rimborsato. Ma la partita è tutt’altro che chiusa, con la Casa Bianca che ha fatto subito ricorso, con esiti che si sapranno nelle prossime ore (la possibile road map in approfondimento). Il consiglio che arriva dall’Associazione che riunisce il trade del vino americano, in questo momento, è di “coordinarsi con gli spedizionieri doganali in merito a eventuali voci recenti interessate dalle tariffe Ieepa; conservare tutta la documentazione relativa ai dazi pagati nell’ambito di questi programmi; prepararsi a potenziali richieste di rimborso, pur comprendendo che i rimborsi effettivi (eventuali) potrebbero non arrivare prima di un po’ di tempo”.
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Vino e salute, al via lo studio spagnolo
È ormai al via, con una grande eco mediatica in queste ore (ma WineNews aveva riportato la notizia già ad inizio aprile, a seguito del Congresso Internazionale “Lifestyle, Diet, Wine & Health”), uno studio importante in Spagna condotto dall’University of Navarra Alumni Trialist Initiative (Unati), dedicato al consumo moderato di alcol. Guidati dal professor Miguel Ángel Martínez-González, uno dei principali esperti e conoscitori della Dieta Mediterranea, i ricercatori seguiranno 10.000 volontari nei prossimi quattro anni per comprendere se bere con moderazione un po’ di vino, ogni giorno, possa davvero avere effetti positivi sulla salute, ancora più che non bere affatto. L’obiettivo è quello di fornire risposte chiare e scientificamente fondate ad una delle domande più dibattute in ambito di salute pubblica (in approfondimento).
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Focus
Il climate change colpisce più il vino europeo, Italia compresa
Il cambiamento climatico ha avuto un impatto significativo sui vigneti, quelli europei (il continente “re” per la produzione di vino tanto in valore che in volumi, con Francia e Italia rispettivamente leader) in primis. A dirlo è anche uno studio condotto da un team di ricerca internazionale coordinato dall’Università della British Columbia, in collaborazione con l’Inrae e l’Institut Agro, pubblicato su “Plos”. Lo studio ha rilevato che il cambiamento climatico ha già avuto un impatto su tutte le regioni vitivinicole, principalmente in termini di temperature registrate. Un impatto che non si è rilevato uniforme tra le regioni. Il cambiamento più evidente è stato infatti osservato nei vigneti europei, dove il numero di giorni caldi (la temperatura massima all’ombra supera i 35 gradi) e indicatori come le temperature massime della stagione di crescita (dal germogliamento alla vendemmia) erano molto più elevati che altrove. In Francia le temperature massime giornaliere durante la stagione di crescita sono aumentate di tre gradi dal 1980, mentre in Italia e Spagna l’incremento è stato di circa due gradi. Livelli che sono inferiori in altre regioni del mondo (Stati Uniti, Giappone e Sudafrica) dove gli aumenti delle temperature massime della stagione di crescita rimangono inferiori a un grado.
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Cronaca
L“International Wine Challenge” 2025
Rocca Sveva (Cadis 1898), La Gioiosa (del gruppo Villa Sandi), Bisol 1542 (del gruppo Lunelli), Silvio Carta, G.D. Vajra, Centinari, Capezzana, Ornella Molon, Vigna Traverso, La Canosa, Martini & Rossi, Cooperativa San Nicola, e Asda (catena grocery inglese, con una private label di Gavi: ndr): sono le 14 medaglie d’oro dell’Italia (e 332 in totale) nell’“International Wine Challenge” di Londra, edizione n. 41, e che ha assegnato riconoscimenti a produttori da 36 Paesi del mondo, selezionati da una giuria internazionale composta da quasi 250 esperti.
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Wine & Food
L’alcolock potrebbe arrivare da luglio 2025: quello che c’è da sapere (senza allarmismi)
Se non ci saranno obiezioni da parte della Commissione Ue entro il 18 giugno, già da luglio 2025 l’alcolock, strumento che non fa avviare l’auto se si è bevuto, potrebbe diventare obbligatorio da istallare (a spese proprie) per chi ha ricevuto una condanna definitiva per guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro (in questi casi, il dispositivo dovrà essere utilizzato per due anni dopo la sospensione della patente da sei mesi a un anno), con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, con l’obbligo che si estenderà a tre anni, dopo una sospensione della patente compresa tra uno e due anni, decisa dal prefetto. Restano i punti ancora critici da chiarire, come spiega, in approfondimento la nota dello studio Giuri di Firenze, guidato da Marco Giuri, tra i massimi riferimenti per la normativa vitivinicola.
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WineNews.tv
“Il valore dei vigneti urbani? Non solo ambientale. Sono catalizzatori di cultura e comunità”
A WineNews, Nicola Purrello, presidente di Urban Vineyards Association, che ha recentemente presentato l’Atlante Mondiale delle Vigne Urbane a Roma: dalla Germania al Montenegro, dall’Austria alla Cina. Ma “in Italia c’è un primato: ne abbiamo già trovate 32 e il numero è in crescita”. Da Venezia, “un po’ la sintesi di quello che sono le vigne urbane”, a Bolzano che, nonostante la densa massa urbana, conserva tre vigne anche di notevoli estensioni “il loro valore ambientale è quello più facile da intuire, ma sono anche catalizzatori della cultura e della comunità”.
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