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WineNews
N. 3.135 - ore 17:00 - Mercoledì 14 Aprile 2021 - Tiratura: 31.087 enonauti,
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La News
BitWine, tra “pixel art” e cryptovalute
Il mondo del collezionismo esplora il digitale ed il mondo delle cryptovalute. Ed il vino non fa eccezione. La canadese BitWine ha lanciato una serie di 1.000 vini “Nfts”, tecnicamente “non-fungible tokens”, o banalizzando, immagini digitali uniche, certificate con la blockchain, ispirati ai grandi vini “reali” di tutto il mondo. Una collezione che viene rilasciata a blocchi di 50 alla volta (alcuni saranno dedicati anche all’Italia), ed il primo, il BitWine #1, formato da due token (che ricordano vagamente Chateaux d’Yquem e Domaine de la Romanée-Conti), venduti per 16 Ethereum (una delle cryptovalute del momento), pari a 34.000 dollari ...
Approfondimento su WineNews.it
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Il mercato Usa, fondamentale per il vino italiano, secondo Laspina (Ice New York)
Al di là dei numeri, comunque importanti, e che hanno riportato l’Italia ad essere il primo esportatore di vino negli Stati Uniti, il 2020 ha significato cambi importanti, sia nelle abitudini di consumo che nella platea dei consumatori. Cambiamenti a cui il vino italiano ha saputo rispondere prima e meglio dei suoi competitor. Molto di quanto fatto nel 2020 il settore enoico se lo porterà dietro nel futuro, in un Paese che il 4 luglio celebrerà - nelle intenzioni dell’Amministrazione Biden - la fine della pandemia. A fare il quadro della situazione, in continua e rapida evoluzione, è Antonino Laspina, direttore dell’Ice - Istituto per il Commercio Estero Usa a New York, incontrato da WineNews in uno degli eventi organizzati Oltreoceano da Iem - International Exhibition Management. “Nel 2020 l’Italia ha pagato la situazione così come i suoi competitor, anche se nel food ha manifestato una leggera crescita, con una leggera perdita alla voce vino, che ha comunque recuperato la posizione di primo esportatore sul mercato americano, superando di nuovo la Francia”, spiega il direttore dell’Ice Usa. Approfondendo i numeri del vino italiano, “il dato finale dell’export sul mercato Usa nel 2020 presenta una serie di aspetti da esaminare. Al di là dei dazi, che hanno colpito le spedizioni di Francia e Spagna, credo che la capacità dell’Italia di recuperare posizioni sia dimostrazione di resilienza: il prodotto italiano ha saputo trovare nuovi canali di distribuzione e nuovi operatori americani che, dinanzi alle difficoltà incontrate dagli altri, hanno scelto il vino italiano. Sicuramente - continua Laspina - il digitale ha aiutato moltissimo, perché ha permesso al vino, non passando più per la ristorazione, di arrivare direttamente sulle tavole degli americani. E qui ha aiutato molto anche la repentina capacità degli americani di cambiare abitudini. Venuta meno la possibilità di andare al ristorante, il consumo domestico è cresciuto notevolmente. È un cambiamento profondo, che magari non resterà nella sua interezza nelle abitudini degli americani, ma sarà un elemento di cui anche le imprese italiane dovranno tenere conto”. Adesso, con la sospensione per quattro mesi dei dazi, “si riprendono i giochi su un mercato che torna alla sua competitività naturale” (l’intervista completa nell’approfondimento).
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Marche, un database per il vigneto bio
“Il vigneto biologico italiano, merita maggior attenzione di quanto non ne abbia oggi. Rappresentiamo un quarto degli ettari vitati bio nel mondo, con un’estensione che nell’ultimo decennio è aumentata di oltre il 100%, ma ancora non abbiamo una banca dati sul settore per osservare il fenomeno, a partire dai suoi fondamentali, legati a produzione, confezionamento e vendita. Le parole di Alberto Mazzoni. direttore dell’Istituto Marchigiano Tutela Vini (Imt), hanno messo a nudo uno dei limiti più evidenti del mondo del vino sostenibile. “Le Marche possono fare da apripista”, ha aggiunto. Un assist raccolto immediatamente da Mirco Carloni, assessore all’Agricoltura della Regione Marche: “non è solo un’idea condivisibile ma anche una scelta strategica per far crescere una pratica a forte valore aggiunto che va nella direzione auspicata dalla Regione”.
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Focus
Il “Gallo” (nero e non solo) è solo per il Chianti Classico
Il Gallo Nero è simbolo storico (e marchio collettivo) del vino del Chianti Classico, e non può essere usato da privati per nessun altro vino. E vale anche per marchi che, al di là del colore, lo possano richiamare. È, in estrema sintesi, il senso della sentenza del Tribunale Ue, pubblicata oggi, che dà ragione al Consorzio del Chianti Classico, confermando il pronunciamento dell’Euipo che aveva bloccato il tentativo di registrare il marchio Ghisu, raffigurante un gallo, da parte di Berebene srl, con sede a Roma, nel 2017, a cui il Chianti Classico si era opposto. Decisione su cui la stessa Berebene srl aveva fatto ricorso al Tribunale Ue, che, però, l’ha respinto. Secondo il Tribunale Ue, l’utilizzo del marchio in questione potrebbe creare confusione, e fornire un “un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata” dal simbolo storicamente associato al vino toscano. “È una sentenza che conferma la correttezza della strategia del Consorzio sulla protezione del marchio - commenta a WineNews la direttrice Carlotta Gori - che è simbolo univoco della denominazione, che da anni tuteliamo anche attraverso il controllo della registrazione di marchi simili. Negli ultimi 15 anni, per ben 61 volte il nostro marchio ha prevalso su tentativi di registrazione di marchi confusori”.
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Cronaca
Vino, in 60 anni consumi ridotti a un terzo
Nel 2020, nel mondo, sono stati prodotti 258 milioni di ettolitri di vino, in linea con la media statistica degli ultimi anni, la metà dei quali tra Italia, Spagna e Francia. A cambiare, invece, è la mappa dei consumi, con Paesi che hanno radicalmente cambiato le proprie abitudini nel volgere di qualche decennio. Secondo “Statistics & Data”, la nazione dove si consuma più vino è la Francia, 6,29 litri all’anno (alcol puro presente nel vino, ndr) a persona, seguita da Portogallo (6,04 litri) e Italia (5,08 litri). In soldoni, un terzo di 60 anni fa.
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Wine & Food
Nasce il gelato Ferrero: i gusti? Dagli stecchi Ferrero Rocher ai ghiaccioli Estathé
Dagli stecchi con Ferrero Rocher, nelle versioni Classic e Dark, e Raffaello, ai ghiaccioli con Estathé Ice nei gusti limone e pesca: per i suoi 75 anni di esperienza dedicati allo sviluppo di prodotti dolciari innovativi, il gruppo Ferrero si “regala” l’ingresso nel mercato dei gelati confezionati, che in Italia vale complessivamente 1,9 miliardi di euro. La strategia di Ferrero per il lancio in Italia si concentra su due categorie precise e cinque ricette distintive che, nel mese di aprile, saranno presenti in tutti i canali della grande distribuzione. Con l’arrivo sul mercato dei nuovi prodotti che coinvolgerà contemporaneamente, oltre l’Italia, altri quattro Paesi europei: Francia, Germania, Austria e Spagna. Nel 2018, il lancio della linea Kinder Ice Cream, in partnership con Unilever per la produzione e distribuzione.
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“In un Paese come l’Italia, i ristoratori sono protagonisti della cultura e della socialità”
Così Davide Rampello, storico della cultura materiale. “I ristoranti sono luoghi del convivio, dove gli uomini vivono insieme. Ed è importantissimo. Ma non so se opinione pubblica ed istituzioni hanno capito l’importanza sociale e culturale del vostro lavoro”, ha detto nell’assemblea di Fipe/Confcommercio. Intanto si lavora alle riaperture che, secondo fonti del Governo, potrebbero arrivare a maggio, almeno per il servizio all’aperto. Ma ancora regna l’incertezza.
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