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N. 2.719 - ore 17:00 - Lunedì 26 Agosto 2019 - Tiratura: 31.087 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Le uve per l’Amarone della Valpolicella (e per il Recioto) potranno arrivare solo da vigne di almeno 4 anni di età e non più di 3, e il residuo zuccherino massimo è ridotto da 12 a 9 grammi litro, “per recuperare uno stile tradizionale”; via libera la tappo a vite per il Valpolicella; sul Ripasso, è fissata dal 10 al 15% la percentuale di Amarone (o Recioto) che deve essere presente nelle vinacce su cui il Valpolicella viene ripassato, e sarà possibile farlo solo su vinacce proprie: sono alcune delle modifiche ai disciplinari approvate dal Consorzio della Valpolicella e già operative, che arrivano dopo la riduzione delle rese ed il blocco di nuovi impianti per i prossimi 3 anni. |
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La Cina che sarà il primo mercato mondiale del vino nei prossimi 5 anni, i vini dell’Etna e del Friuli Venezia Giulia in rampa di lancio, accanto a grandi classici come Brunello di Montalcino e Barolo tra i rossi, ed Alto Adige tra i bianchi, con la possibile riscossa dell’Amarone della Valpolicella, e una riflessione sul divario, ancora enorme, tra i prezzi dei vini italiani e francesi. Sono alcuni degli spunti lanciati da James Suckling, una delle voci più seguite della critica enoica internazionale, soprattutto in Asia, ma non solo, intervistato da WineNews. “La Cina è già il mercato n. 2 al mondo per il vino, e secondo me - dice Suckling - in cinque anni, sarà il n. 1. È già il mercato più importante per i vini australiani, cileni e per Bordeaux. E c’è tanto potenziale per i vini italiani, c’è una buona comunicazione, ma anche tanto tanto da fare”. Un mercato, però, dove almeno a livello comunicativo, sembra vincere più il modello del “Nuovo Mondo”, più legato ai vitigni, che quello europeo, incentrato sulle denominazioni. “Che sono importanti, ma quando si parla troppo Doc e Docg, gli asiatici si perdono. La cosa più importante è ancora comunicare il marchio dei grandi vini italiani, poi possiamo parlare delle denominazioni”. Con un vino italiano che, inoltre, sconta un divario di valore enorme con quello francese, con le bottiglie del Belpaese che, secondo le stime medie in export, a bottiglia, viaggia su 5-6 euro in media, mentre quello d’Oltralpe vola sui 15-16 euro. “Una differenza che non è giusta, e questo accade solo perché i più grandi vini francesi sono molto più cari dei grandi vini italiani: non è una questione di qualità, ma solo di immagine e reputazione nel mercato. I vini francesi hanno lavorato 200 anni e più su questo, in Italia forse ci si lavora da 20 anni, è solo qui la differenza”. L’importante è essere presenti sui mercati, ed in questo senso lo strumento per la promozione nei Paesi Terzi dell’Ocm Vino, sottolinea il critico, è importante. “È uno strumento che funziona bene perché aiuta produttori che vogliono andare nel mondo, che è fondamentale, anche per conoscere quello che succede fuori dal mercato italiano. Perché la comunicazione via internet, via social, aiuta, è importante, ma è ancora più importante viaggiare, essere presenti sui mercati, conoscere e farsi conoscere”. |
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Non si attenua la tensione tra Usa ed Unione Europea sulla questione dazi, ed il G7 ospitato dalla Francia non è che l’ennesima occasione per rimarcare il concetto, e nel vertice a due tra il padrone di casa, il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, e l’ospite più atteso, il Presidente Usa Donald Trump, non è mancata l’occasione. A Washington non va giù la “Digital Tax”, la tassa sulle multinazionali del web, e come risposta è pronta ad accelerare sui dazi ai vini francesi. Nel mirino, un giro d’affari da 1,6 miliardi di euro di export, che la UE, per bocca del presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, è pronta a difendere. Una buona notizia anche per l'Italia, che certo non verrebbe risparmiata dalla scure di Trump, e rischierebbe di pagare un conto da 2,3 miliardi di euro di nuovi dazi ... |
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A piccoli passi, la vendemmia 2019 in Italia sta prendendo piede, anche se in molti territori, come raccontato a WineNews da alcuni dei più importanti enologi del Belpaese, si arriverà a raccolta a settembre inoltrato, se non in ottobre. E dopo che, con largo anticipo, forse troppo, le organizzazioni agricole, da Coldiretti a Confagricoltura, hanno lanciato le proprie previsioni, che ad inizio agosto parlavano di un calo intorno al 6% sul 2018, un quadro più compiuto si avrà il 4 settembre, quando al Ministero delle Politiche Agricole a Roma, per la prima volta insieme, Unione Italiana Vini, Assoenologi ed Ismea diffonderanno le loro previsioni di vendemmia. Allo stato dell’arte, secondo l’opinione che va per la maggiore, dice chi cammina ogni giorno in vigna, la raccolta dovrebbe essere leggermente inferiore al 2018, nell’ordine di un -5/-10%, anche se non manca chi “teme” una raccolta addirittura più abbondante. Teme, perché più che la qualità delle uve, che vista la mancanza di eventi climatici estremi, è data ovunque come molto buona, o la quantità in se stessa (con la corsa al primato produttivo sulla Francia ormai buona giusto per qualche titolo), nei pensieri dei viticoltori prima e dei produttori di vino poi, c’è la questione dei prezzi. Che una raccolta particolarmente generosa non aiuterebbe certo a risolvere.
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Tra cibi tipici da mangiare nei borghi e nelle piazze del Belpaese, le sagre sono una vera e propria passione italiana: nel Belpaese se ne contano 42.000 all’anno, per un totale di 306.000 giornate di attività con un fatturato di 900 milioni di euro. L’80% di queste sagre è concentrato nei mesi estivi, con agosto mese principe con il 34% delle giornate complessive dedicate. Numeri della Fipe, che però lancia l’allarme: in parallelo a queste, ci sarebbero almeno 32.000 eventi “abusivi”, ovvero prive dei requisiti di autenticità e di legame col territorio, che fanno solo concorrenza sleale alla ristorazione. |
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L’Italia, che ha inventato il gelato, ne ha perso il primato della produzione: secondo l’analisi Coldiretti sui dati Eurostat, la produzione del prodotto più amato dai bambini è calata del 15% nello scorso anno. Di fatti, l’Italia ha prodotto 435 milioni di litri di gelato, posizionandosi dietro alla Francia che ha lavorato 451 milioni di litri, mentre la Germania si è aggiudicata il primo posto con 494 milioni. Il gelato resta, comunque, uno degli alimenti più amati dagli italiani che ne consumano annualmente 6 chilogrammi a testa grazie alla presenza di quasi 40.000 gelaterie, dove si stima lavorino oltre 150.000 addetti, con un indotto di 220.000 tonnellate di latte, 64.000 di zuccheri, 21.000 di frutta fresca e 29.000 di altre materie prime.
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In tutti i Paesi del mondo l’interesse per il vino è in crescita, come raccontano i numeri e le esperienze del WSET, storicamente la più grande organizzazione che opera nel settore della wine education. I wine lover hanno sete di conoscenza, specie in Francia, Italia, Spagna e Usa, ma sul mercato si affaccia anche l’Africa, e in Asia con la Cina crescono Vietnam, Thailandia, Giappone e Singapore. A WineNews le parole di Rachel Webster, Business Development Director WSET: “in Italia al fianco delle associazioni della sommellerie”. |
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