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N. 3.970 - ore 17:00 - Martedì 28 Maggio 2024 - Tiratura: 31.211 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | “Gesù non parla molto di cosa sarà il Paradiso, ma nel Vangelo secondo Matteo dice: “Berrò il vino nuovo nel Regno di Dio”. Nel Codice di diritto canonico, che è il massimo documento di riferimento di tutte le regole della Chiesa, l’utilizzo del vino per la celebrazione eucaristica è persino codificato: Il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato”. Sono le riflessioni di Don Luca Passarini, responsabile della comunicazione della Diocesi di Verona, ospite della famiglia Zenato, una delle più importanti griffe dell’enologia veneta, in occasione del Salotto “Parola di vino”, incontri nati per conversare su vari argomenti. | |
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| | Continuano ad arrivare sul mercato i rilasci “en primeur” 2023 dei vini di Bordeaux, con una tendenza al ribasso ormai conclamata. Dopo i nomi già annunciati, tra i “big” è arrivato Château Haut-Brion 2023, a 312 euro a bottiglia ex-négociant e 3.780 sterline alla cassa per il trade internazionale, con un ribasso intorno al -39% sul 2022, ma anche Château Cheval Blanc 2023, a 384 euro a bottiglia e 4.680 sterline alla cassa, con un ribasso superiore al -18%, e, ancora, Château Ausone 2023, a 432 euro a bottiglia e 5.280 sterline alla cassa, con un taglio intorno al -22% sul 2022. Con l’unica eccezione rappresentata da Château Lafleur 2023, che ha mantenuto lo stesso prezzo a bottiglia ex-négociant del 2022, a 610 euro, e di 7.240 sterline a cassa, a -2,7%, per fermarci ai nomi più celebri o ai vini più quotati in termini di prezzo. Eppure, nonostante cali significativi dei prezzi, stimati in media del -21,3%, secondo il Liv-Ex, i vini dell’ultima annata di Bordeaux stanno avendo un’accoglienza “tiepida” sul mercato. Intanto, però, continuano ad uscire i punteggi della critica, e se secondo il Liv-Ex, che ha sondato gli operatori, Château Margaux è il vino migliore del 2023 di Bordeaux, ed il 36% degli intervistati ha votato Pomerol come la regione più impressionante nel 2023, a stilare una classifica dei vini più quotati dalla critica è stato “Wine Lister”, uniformando i rating di “Vinous”, Jancis Robinson, Bettane+Desseauve ed Ella Lister de “Le Figaro Vin” (proprietario dello stesso “Wine Lister”, ndr). Al top assoluto, con 97,1 punti, c’è Latour, seguito da Suduiraut (con il Sauternes), con 96,8 punti, e poi, scendendo di un decimale alla volta, Margaux, Mouton Rothschild e Figeac. Intanto, però, spinto anche da un top di gamma che non vola più come un tempo e una grande fascia entry level che vive le grandi difficoltà di mercato di cui più volte abbiamo raccontato, con tanto di espianti di migliaia di ettari di vigna e non solo, il vino di Bordeaux torna a fare sistema. E dal 27 al 30 giugno nella capitale della Gironda, alla “Bordeaux Fête le Vin”, torneranno in degustazione, insieme a centinaia di châteaux e migliaia di operatori, anche i “Grands Crus Classés” della classificazione del 1855, al Palais de La Bourse, con le ultime masterclass che risalgono addirittura al 2016.
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| | Valorizzare ancora di più il territorio, rispetto al vitigno: è il percorso intrapreso da tempo dai Castelli di Jesi, l’areale più grande di espressione del Verdicchio, che ieri 15 produttori hanno vissuto come momento storico, con la regia dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini guidato da Michele Bernetti: la concretizzazione del passaggio della denominazione Castelli di Jesi Superiore dalla Doc alla Docg, raccontata a Milano, la capitale di moda, design e finanza. I vini Castelli di Jesi si posizionano così al vertice della piramide qualitativa della denominazione insieme alla Riserva. Come accade per i più famosi terroir del mondo (e come vuole la norma, ndr), la nuova denominazione pone l’accento sul luogo di produzione dei vini: un cambio di prospettiva che crea identità e valore per tutto il territorio. | |
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| | | Mantenere una politica vitivinicola specifica e forte in Europa, anche nella Pac post 2027, (ri)costruire la politica europea della qualità, ricalibrando sul modello dei prodotti Dop e Igp l’approccio alla sostenibilità, ma anche alla salubrità dei consumi e dei prodotti; investire su misure di supporto ad una coltura perenne e che richiede numerosi anni ed investimenti per diventare produttiva, come è la vite; difendere la cultura del vino e quella del consumo moderato; creare, anche attraverso il lavoro della Commissione e del Parlamento Europeo, una nuova cooperazione istituzionale per la viticoltura: sono queste le priorità indicate ai futuri membri del Parlamento Ue che verranno eletti nella tornata tra il 6 e il 9 giugno, dalla Federdoc (vedi focus), la Confederazione Nazionale dei Consorzi del vino, i cui associati rappresentano la quasi totalità del vino italiano Dop e Igp. Cinque punti chiave da affrontare, dunque, secondo Federdoc, per un settore che vede l’Ue produrre 150 milioni di ettolitri, il 61% della produzione globale, e che in Italia coinvolge 241.000 imprese vinicole, di cui 38.000 aziende vinificatrici, un fatturato alla produzione intorno ai 14 miliardi di euro, 674.000 ettari di vigneti e più di 21.500 lavoratori dipendenti. | |
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| | | Da Pam Panorama (che con cinque riconoscimenti è in cima alla classifica) a Coop, da Migross a Gruppo Végé: sono i distributori italiani premiati agli “International Salute to Excellence Awards” 2024 della Plma (Private Label Manufacturers Association), nei giorni scorsi, ad Amsterdam (i vini in approfondimento). Con il vino in forte crescita in un macro-settore, quello dei prodotti a marchio del distributore, sempre più importante a livello mondiale. E che in Italia, nel complesso, è arrivata ad una quota vicina al 30% del mercato del cibo e delle bevande nella grande distribuzione. | |
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| | Le colline della Romagna non avranno le stesse “luci dei riflettori” del litorale, ma rappresentano, comunque, uno spaccato vitale, economico e sociale del territorio, e sono capaci, attraverso i vigneti, il vino ed il lavoro dell’uomo di esprimere bellezza. Grazie anche al Trebbiano, il vitigno a bacca bianca più in forza della Romagna e che è il protagonista di un nuovo racconto, insieme a coloro che lo “vivono” in vigna. È il progetto messo in campo da Terre Cevico, uno dei principali player enoici del Belpaese che, insieme ai suoi soci, ha dato vita a “10 storie di Trebbiano in Romagna”, racconto della filiera di produzione di bollicine a base Trebbiano: dieci i soci viticoltori che hanno deciso di raccontare dalla vigna tutto quello che sta intorno alle bollicine romagnole, in un percorso che coinvolge anche gli operatori del mare del Sib (Sindacato italiano dei balneari). | |
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| | | Le parole, fuori dal coro, di una firma storica del vino italiano, oggi per Dagospia, e autrice del libro “Wine not? Racconti di enofanatismo”. “I giovani bevono sempre meno vino, perchè diventato troppo elitario, nel linguaggio ma a volte anche nel prezzo al ristorante. E attenzione alla tendenza enogastropazzoide”. E poi la domanda, provocatoria: “e allora, esperti di vino, sommelier, appassionati, enofissati, giratori di bicchieri, dite la verità: non era forse meglio non capirci una mazza?” | |
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