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WineNews
N. 3.124 - ore 17:00 - Lunedì 29 Marzo 2021 - Tiratura: 31.096 enonauti,
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La News
Douro, 20 anni di Unesco
Il fiume Douro, nel suo ultimo tratto, in Portogallo, insieme ai suoi affluenti principali, ha modellato colline e montagne, disegnando un paesaggio unico, su cui, nei secoli, si è fatta sempre più evidente la mano dell’uomo, che ha cesellato quelle stesse colline e montagne per piegarle alle proprie necessità, essenzialmente agricole. Lungo l’Alto Douro, infatti, oggi si estende la prima e più estesa regione vitata del Portogallo: 24.600 ettari, da cui nasce il vino fortificato più popolare al mondo, il Porto, la cui produzione è regolata sin dal 1756. Un esempio di paesaggio vitato senza eguali nel mondo, che dal 2001 è Patrimonio dell’Umanità Unesco.
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Primo Piano
Cantine Riunite & Civ, Caviro, Botter, Antinori le cantine italiane al top per fatturato
Nel difficilissimo 2020, anche per il mondo del vino, chi è storicamente più focalizzato nella ristorazione ha sofferto e chiuso in perdita sul 2019, mentre si è difeso meglio chi è da sempre forte nella grande distribuzione, che, in qualche caso, è anche cresciuto. Analisi ormai consolidata, ed ora cristallizzata in una delle primi analisi dei fatturati, quella realizzata da Pambianco sui preconsuntivi delle più importanti cantine del Belpaese. La cui sintesi è che “i primi dieci gruppi di fascia media sono cresciuti del 3% mentre la top 5 delle realtà di fascia alta mostra una flessione a doppia cifra, pari al -12%”. I “big 5” della spumantistica, invece, nel complesso hanno messo a segno un -1%, soprattutto grazie alla tenuta del Prosecco. Diverso è il discorso se si guarda alla marginalità, la cui difesa è stato il principale obiettivo dei produttori di fascia alta, e che in alcuni casi ha registrato addirittura dei numeri in crescita. Al top per fatturato resta saldamente il gruppo Cantine Riunite & Civ a 600 milioni di euro (-4% sul 2019), di cui 395 in capo al Gruppo Italiano Vini - Giv (-3%), davanti a Caviro, a 362 milioni di euro, in crescita del 10% (ma con il bilancio di esercizio 2019-2020 chiuso in estate, come avviene spesso nel mondo cooperativo), ed a Botter, con 230 milioni di euro (+10%). A seguire il brand del vino italiano più forte nel mondo, Antinori, con 221 milioni di euro (-10%), migliore in assoluto di quello che Pambianco definisce il segmento “Premium”, seguito da Fratelli Martini a 210 milioni di euro (+2%) e dal leader della cooperazione trentina Cavit, a 210 milioni di euro (+10%). E poi Italian Wine Brand, con 204 milioni di euro e una crescita del “monstre”del +30%. Ancora, seguire il gruppo Enoitalia con 201 milioni di euro (+1%), davanti ad un altro nome top della cooperazione trentina come Mezzacorona, a 194 (+4%), e ad un altro big del vino italiano come Zonin 1821, che ha chiuso a 190 milioni di euro (-8%). A completare la “Top 10” il Gruppo Santa Margherita della famiglia Marzotto, che fissa l’asticella a 172 milioni di euro (-9%). E poi, ancora, realtà importanti e molto diverse tra loro come La Marca, Contri Spumanti, Frescobaldi, Villa Sandi, Ferrari - Fratelli Lunelli, Mionetto ed il Gruppo Terra Moretti (l’analisi completa nell’approfondimento).
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Ristorazione, lavoro e sicurezza
Dopo un 2020 con 160 giorni di chiusure forzate (ed perdite per 34 miliardi di euro sugli 86 del fatturato 2019), la ristorazione italiana torna a chiedere non aiuto, ma di poter lavorare, in sicurezza. Come ha fatto Fipe/Confcommercio, che ha scritto al Presidente del Consiglio, Mario Draghi: “coniugare sicurezza e salute è possibile. È necessario tornare a lavorare”. Ennesimo appello di una ristorazione che non vede la fine del tunnel, e che con le chiusure fino a Pasquetta, stima ulteriori perdite per quasi 600 milioni di euro. Intanto, secondo il barometro Michelin, nel mondo è aperto solo un ristorante stellato su tre, ad oggi. Con situazioni molto diverse. In Asia è tutto aperto da tempo. In Usa, dove i vaccini viaggiano spediti, siamo oltre il 50% di apertura. L'Europa è al palo: tutto chiuso in Italia, Germania, Francia, Uk e non solo.
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Focus
Dagli Etruschi ad oggi: l'epopea di Castello del Terriccio
Non tutte le realtà del mondo agroalimentare italiano possono vantare una storia che dagli etruschi che dominavano la Maremma, dediti alla viticoltura accanto all’estrazione mineraria, passa dalle Repubbliche Marinare, quando il castello che sorge sul colle più alto - e dà il nome alla tenuta - era un avamposto di Pisa, strategico nell’avvistamento dell’arrivo delle navi saracene nel mar Tirreno; che, dal Medioevo, quando la tenuta fu concessa dalla Chiesa Romana ai Conti Gaetani che ne fecero un vero e proprio feudo, la “Contea del Terriccio”, per cinque lunghi secoli fino all’abolizione dello stesso feudalesimo, attraversa il “Secolo dei Lumi” e l’Ottocento con i nuovi proprietari, i principi polacchi Poniatowski che costruirono la cantina; e che, dal primo Dopoguerra, arriva infine ai giorni nostri, in un secolo di proprietà della stessa famiglia, i Marchesi Serafini Ferri. È l’“epopea” del Castello del Terriccio, tra le più vaste tenute di Toscana e d’Italia, a pochi passi da Bolgheri, ripercorsa dalla famiglia cui è legata da 100 anni (1921-2021), ed alla quale appartiene l’attuale proprietario, Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana, nipote del Cavalier Gian Annibale cui se ne deve la notorietà nel mondo del vino (con l’enologo Carlo Ferrini), grazie a vini come Lupicaia, Castello del Terriccio e Tassinaia.
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Cronaca
“Made in Italy”, tra le colline del Brunello
Era atteso ad agosto 2020, ma il Covid ne ha fatto slittare di qualche mese l’uscita: “Made in Italy”, primo film del regista inglese James d’Arcy, girato nel maggio 2019 nella Val d’Orcia patrimonio Unesco, tra Monticchiello e i filari di Sangiovese da cui nasce il Brunello di Montalcino, arriva in esclusiva su Amazon Prime Video. La troupe cinematografica scelse come quartier generale la tenuta di Argiano e tra un ciak e un altro non perse l’occasione per degustare un calice di Brunello e uno di Solengo, storico Supertuscan della tenuta.
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Wine & Food
Vino e investimenti, Torrevento cresce ancora in Puglia, e acquisisce Oria Wine
Per le aziende leader dei territori, investire ancora nella propria terra, soprattutto in momenti complessi come quelli che stiamo vivendo, è al tempo stesso un’opportunità e un “dovere” etico, oltre ad un segnale di fiducia nel futuro e nel territorio stesso. E va in questo senso l’accorto tra Cantine Torrevento (che è già partner della holding Prosit Spa, del “Made in Italy Fund”, il fondo di Private Equity di Quadrivio & Pambianco), che ha acquisito la maggioranza della cantina Oria Wine, ad Oria, nel cuore dell’area di produzione della Doc Primitivo di Manduria e del Primitivo Igt. “Siamo circondati da antiche vigne di Primitivo coltivato al alberello - afferma Francesco Liantonio, presidente di Cantine Torrevento, e consigliere di amministrazione di Prosit - metodo di coltivazione definito “eroico”. Continueremo a produrre vini eccellenti, strutturati e apprezzati nel mondo”.
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“Nella dieta di uno sportivo professionista un calice di vino ci può stare, ma non di più ...”
A WineNews il Ct della Nazionale di Ciclismo Davide Cassani, tra curiosità, aneddoti e piatti e vini del cuore. “Un po’ di vino, ma poco, si può bere anche quando si fa sport a livello professionistico. Fabian Cancellara (uno di più grandi cronoman di sempre) per esempio, quando correva cercava sempre di trovare il tempo per visitare cantine e comprare vini di pregio. Il piatto del cuore? Sono romagnolo, i cappelletti di mamma. Tra i vini, Brunello di Montalcino, Amarone e Sangiovese di Romagna”.
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