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N. 3.850 - ore 17:00 - Giovedì 7 Dicembre 2023 - Tiratura: 31.224 enonauti, opinion leader e professionisti del vino | |
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| | | L’Italia prende tempo sul nuovo regolamento Ue sulle indicazioni nutrizionali nelle etichette dei vini, in vigore da domani, 8 dicembre 2023, che, nelle ultime settimane, ha creato agitazione sulla parola “ingredienti” che, per, alcuni si sarebbe potuta sostituire con una “i”, ma non per la Commissione Europea. Il Ministro dell’Agricoltura, Lollobrigida, ha firmato una deroga fino all’8 marzo, e valida solo in Italia, per andare a esaurimento scorte (come già previsto, in realtà, per i vini prodotti fino ad oggi, in approfondimento il testo). Positivi i commenti di Unione Italiana Vini (Uiv) e Coldiretti. Da capire, adesso, cosa dirà l’Europa. | |
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| | “L’idea di mettere insieme arte e vino con il vantaggio per l’attività vinicola è un’illusione e un errore, perché non ce n’è bisogno. Sono mondi che possono incontrarsi, ma è giusto che chi produce vino vada in un museo, non che un museo vada dove c’è chi produce vino. È come fare una mostra a domicilio del tutto gratuita”. E “portare fuori da un museo le opere originali come se tu volessi aiutarle, quando non hanno bisogno di nessun aiuto perché sono sufficientemente conosciute da poter essere magari usate con riproduzioni, sembra come prenderle in ostaggio. Non è una polemica con nessuno, ma quella che si pensa essere una grande idea è, invece, una forma di semplificazione”. Così Vittorio Sgarbi, a tu per tu con WineNews, alla presentazione del suo volume “Scoperte e rivelazioni. Caccia al tesoro nell’arte” (La Nave di Teseo, 2023), nei giorni scorsi, ospite della Fondazione Lungarotti a Torgiano, in Umbria, terra di arte e agricoltura, e dove, da 50 anni, si trova il Muvit, il primo Museo del Vino d’Italia ed uno dei più importanti al mondo. Tra i più autorevoli critici e storici dell’arte, oggi Sottosegretario alla Cultura, da sempre istrionico opinionista, con Sgarbi ci confrontiamo spesso sull’idea di unire vino e arte ed i prodotti dell’agricoltura alla cultura, per il legame che hanno con i territori, la loro storia, la loro natura e le comunità. Che per il critico è “cosa buona e giusta”, e secondo noi serve per far parlare del mondo del vino anche i grandi mezzi di informazione, ma, e qui Sgarbi va controcorrente, la comunicazione del “bello e buono” dell’Italia deve essere fatta nel modo giusto e nel luogo giusto, e, come già ci aveva spiegato a proposito dei capolavori degli Uffizi esposti per la prima volta a “Vinitaly” 2023, introdurre opere d’arte in contesti dedicati al vino è come profanare un tempio del vino, mentre il tempio dell’arte sono i musei, e quelle opere potevano essere esposte a Verona. Perché, dice, “non credo necessario collegare l’arte alla produzione di vino, che ha una sua storia e una sua attività artigianale, che sono di per sé forme di creatività. Il loro accostamento non è disdicevole ma nemmeno necessario, perché lo ritengo un complesso di inferiorità, come dire che l’arte è più importante. Semplicemente, appartiene al racconto e alla storia, non è una questione di immagine”. | |
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| | Continua il percorso per il riconoscimento della Cucina Italiana a Patrimonio Unesco. Tema che è stato al centro di un incontro ieri, a Castel Sant’Angelo a Roma, organizzato dalla Regione Lazio, alla presenza dei Ministri della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che hanno testimoniato l’impegno del Governo per questo obiettivo. Che è alla portata, come detto dal rappresentante permanente d’Italia presso l’Unesco, Liborio Stellino, che ha sottolineato come la consapevolezza sull’importanza di contenuti sottesi alla cucina italiana e la sua eccellenza siano riconosciuti da tutti, “ma resta la parte operativa-tecnica del dossier, che può essere perfezionato e aggiornato fino a marzo prossimo, e vogliamo arrivare a convincere pienamente gli esperti indipendenti a cui sarà sottoposto per il primo vaglio”. | |
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| | | Un altro derby enoico tra Toscana e Piemonte, le due “star” rossiste protagoniste dei “The World’s Best Italian Wines”, classifica qualitativa di “Wine Searcher” basata su una media dei punteggi della critica e dei prezzi, aggiornata mensilmente e ponderata in base al numero di recensioni e a quello dei critici. Nella Top 10, alcuni “pesi massimi” dell’enologia italiana, ad iniziare da Giacomo Conterno, con il suo Barolo Monfortino Riserva (96 punti - 1.474 dollari a bottiglia in media), un simbolo della denominazione. Il podio è tutto toscano con Masseto (96 punti - 1.065 dollari), gioiello bolgherese del gruppo Frescobaldi e, al terzo posto, il Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie de Il Marroneto (95 punti - 359 dollari), griffe tra le più quotate a Montalcino. Al quarto posto il Flaccianello della Pieve Colli della Toscana Centrale di Fontodi (95 punti - 175 dollari), al quinto il Brunello di Montalcino Cerretalto di Casanova di Neri (95 punti - 374 dollari) davanti al Barolo Vite Talin di Luciano Sandrone (96 punti - 491 dollari) e al Solaia di Marchesi Antinori (95 punti - 402 dollari). All’ottavo posto il Barolo Monvigliero di G.B. Burlotto (95 punti - 517 dollari), al nono il Vin Santo Occhio di Pernice di Avignonesi (95 punti - 469 dollari) che precede il Sassicaia di Tenuta San Guido (95 punti - 373 dollari). | |
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| | | Mentre in Italia ancora si aspetta una norma sulla produzione di vini dealcolati, il mondo va avanti. E con il regolamento Ue che già consentirebbe di farlo anche per i vini ad Indicazione Geografica, in Francia si discute già di come e se autorizzare la dealcolazione e la produzione di vini dealcolati anche nelle denominazioni. Le istituzioni del vino francese predicano prudenza. Ma sarà lanciato uno studio per capire impatto su qualità e territorialità, e anche il mercato. Con un approccio non ideologico, ma pragmatico, seppur comprensibilmente prudenziale. | |
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| | Gli italiani non hanno un bel rapporto con la pizza mangiata all’estero: il 14%, secondo l’indagine Coldiretti/Ipsos, ha dichiarato di essere rimasto molto deluso, mentre un altro 22% si è detto abbastanza scontento. Ancora di più, il 26%, non si è fidato e non ha mai mangiato la pizza all’estero, anche se ci sono un 6% di entusiasti e un 20% a cui è piaciuta abbastanza. Ma difficile rimanere attratti da proposte alquanto “originali” trovate nelle pizzerie in giro per il mondo, dalla pizza con serpenti o grilli fino a quelle con ananas o banane. La pizza si conferma un tesoro del made in Italy da difendere, con un fatturato che sale ad oltre 15 miliardi di euro all’anno e un aumento dei consumi del 14% negli ultimi 12 mesi. Un prodotto che resta tra i preferiti dagli italiani e il cui prezzo è aumentato meno di altri: il 65%, sempre nell’ultimo anno, l’ha mangiata almeno una volta alla settimana. | |
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| | | “Non ha senso riflettere sulla natura, in termini di ambiente, paesaggio, di conservazione e sostenibilità senza un ragionamento, ed una politica, analoga che riguardi la società. Sono due aspetti che camminano insieme, sovrapponendosi spesso. La natura non è quella dei documentari. Considerare natura e cultura in opposizione, come ha fatto l’Occidente per tutto l’Ottocento, è un abbaglio. Il vino - pensiamo al concetto di “terroir” - ci insegna perfettamente come natura e cultura non siano in contrapposizione, al contrario”. | |
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