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WineNews
N. 3.848 - ore 17:00 - Martedì 5 Dicembre 2023 - Tiratura: 31.211 enonauti,
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La News
Bellavista e Enrico Bartolini per la Scala
“Libiamo ne’ lieti calici”: mai come in questa occasione, la citazione de “La Traviata” di Giuseppe Verdi fu più appropriata. E c’è da aspettarsi che risuoni nell’aria, quando per la Prima della Scala, il 7 dicembre, giorno del Santo Patrono di Milano, Sant’Ambrogio, con il “Don Carlo” del grande compositore ad inaugurare la stagione artistica 2023-2024, il Franciacorta Brut Millesimato Teatro alla Scala 2019 di Bellavista, bollicine-simbolo del più importante teatro italiano, nella consolidata partnership con la famiglia Moretti, “duetteranno” con l’alta cucina di Enrico Bartolini, lo chef più stellato d’Italia che firmerà la Cena di Gala con un menu-omaggio a Verdi.
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Primo Piano
“Place de Bordeaux”: i grandi vini? Non sono (solo) investimenti, vanno bevuti e condivisi
Nella crisi complessiva del vino francese, anche la “Place de Bordeaux”, il sistema secolare messo in piedi dai negociant, focalizzato dapprima sui grandi vini di Bordeaux, poi sempre più aperta ai grandi vini del mondo (e sempre più italiani) riflette sul suo futuro. La campagna non sfavillante del “Bordeux En Primeur 2022”, ma anche dei vini degli altri territori del mondo, inizia a preoccupare i negociant, che ai minori incassi vedono aggiungersi un quadro finanziario appesantito dalle scorte invendute e dall’aumento del costo del denaro, che pesa molto, visto che buona parte della liquidità è legata ai finanziamenti bancari. Senza contare quello che viene definito un vero e proprio “scollamento” tra la realtà del mercato, dove si muovono soprattutto i vini più “economici”, e i prezzi elevatissimi a cui gli Chateaux rilasciano i loro vini per esaltare annate di grande qualità. Riflessioni che arrivano da Philippe Tapie, presidente della Commissione “Grands Crus” di Bordeaux Négoce, realtà che riunisce centinaia di negociant, che vendono 2/3 della produzione di vino di Bordeaux, e che, nel 2022, hanno mosso 354 milioni di bottiglie per un fatturato di 2,9 miliardi di euro, raccolte dal magazine francese “Vitisphere”. Ora, le speranze sono riposte nella prossima campagna “En Primeur” che vedrà protagonista l’annata 2023 (la “Semaine des Primeurs” 2024 è in programma dal 22 al 25 aprile a Bordeaux), che è raccontata come di alta qualità, e non piccola in termini di volumi, cosa che fa sperare (o chiedere) ai negociant un equilibrio sul fronte dei prezzi. Ma, soprattutto, da Tapie, arriva una riflessione che abbiamo ripetuto spesso, e che ben si innesta anche nella “normalizzazione” a cui si assiste sul mercato secondario dei fine wines, testimoniata dal calo in doppia cifra di tutti gli indici del Liv-Ex, dopo anni di crescita tumultuosa. “L’impatto di una campagna di successo sarebbe forte, rilanciando tutto: i risultati, l’appetito per Bordeaux ... È imperativo avere un “elettroshock” per avere successo nell’“En Primeur 2023”, con vini ben riposizionati. Ora più che mai, dobbiamo rifocalizzarci sui fondamentali. I grandi vini non sono solo prodotti speculativi e finanziari. Questi vini devono essere bevuti e condivisi dai nostri consumatori finali”.
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La Romagna del vino oltre l’alluvione
Se la vendemmia 2023, in Italia, a livello generale, è stata segnata soprattutto dalle forti piogge primaverili e dalla peronospora (con le stime nazionali riviste a ribasso, dal -12% stimato inizialmente al meno -20%, -24% secondo Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini), c’è a chi è andata peggio, come all’Emilia Romagna, che ha dovuto fare i conti con i danni devastanti della tragica alluvione di metà maggio. Eppure, nella Regione, che è n. 5 per valore esportato in Italia (452 milioni di euro nel 2022, dati Istat), nonostante i danni subiti anche dalle cantine, ricorderà la 2023 come una buona annata, sul fronte della qualità. A dirlo il Consorzio Vini di Romagna (ai cui produttori e vini sarà dedicato, nelle prossime settimane, un numero speciale de “I Quaderni di WineNews”, la nostra newsletter di monografie sui territori di critica enologica, ndr).
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Focus
Tramin investe su cantina (15 milioni di euro) ed “Epokale”
L’Alto Adige è universalmente riconosciuto come uno dei territori da cui nascono i migliori vini bianchi in assoluto, in Italia e non solo. Grazie a cantine di primo piano, come Cantina Tramin, realtà che riunisce 270 ettari di vigneti, condotti da 160 famiglie di viticoltori, che forte dei suoi successi, continua ad investire su più fronti. In quello, per così dire, “strutturale”, con un investimento di 15 milioni di euro per la ristrutturazione della parte di cantina dedicata al conferimento e alla vinificazione delle uve, in particolare bianche, deciso in seguito alla crescita di superficie vitata a vitigni a bacca bianca, con due step previsti, nel 2024 e nel 2025, per ampliare spazi e migliorare i macchinari, per lavorazioni ancora più curate. Ma anche sul fronte della valorizzazione dei vini, ed in particolare di alcune etichette, come il celeberrimo Epokale, vino che affina dentro la miniera di Ridanna Monteneve, che è stato anche il primo vino bianco italiano (e primo fuori da Toscana e Piemonte) a conquistare i 100/100 di “Robert Parker - The Wine Advocate”, nel 2018, con l’annata 2009, e sempre più forte sul mercato del collezionismo, come raccontano (in approfondimento), la casa d’aste on line Catawiki, ed la società specializzata in investimenti enoici, eWibe.
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Roma Doc
Cronaca
Cavit, bilancio positivo
Vedere un bilancio che tiene, e addirittura cresce, seppure di poco, è già un dato positivo, di questi tempi, nel mondo del vino. Constatare che la remunerazione dei soci, che, per una cooperativa è il primo obiettivo, si mantiene sui livelli pre-Covid, nonostante l’aumento dei costi di produzione e di gestione, ancora di più. E si muove su questi due binari il bilancio del colosso trentino Cavit, uno dei gruppi più importanti del vino italiano, che ha chiuso l’esercizio 2022-2023 (a maggio 2023), a 267,1 milioni di euro (+0,9% sull’esercizio precedente). 
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Wine & Food
No alle caramelle col nome in etichetta e la tutela a Singapore: le vittorie del Prosecco Doc
Mai più caramelle dalla forma esplicita a cui viene accostato il nome di uno dei vini italiani più conosciuti al mondo: il Consorzio del Prosecco Doc può cantare vittoria dopo che, spiega lo stesso Consorzio, il Tribunale di Venezia ha accolto la sua istanza mirante a fare cessare la produzione e distribuzione di caramelle gommose a forma fallica che riportavano Prosecco in etichetta. Ma la denominazione, intanto, conquista una nuova tutela: dopo il riconoscimento della Doc in Nuova Zelanda (che è il primo mercato del “prosecco” australiano) ora può vantare, tra le molte protezioni, anche quella a Singapore, nonostante l’opposizione dei produttori australiani. Per quella che il Consorzio del Prosecco Doc, guidato da Stefano Zanette e Luca Giavi, ritiene una  “tappa cruciale nella tutela internazionale della nostra denominazione”.
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Castello del Terriccio
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Consorzio Vini di Romagna
Tenuta Sette Ponti
Bosca
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La comunicazione del vino, tra il valore del territorio e quello del brand
Le riflessioni ed i suggerimenti di Carlo Alberto Pratesi, docente di Marketing all’Università di Roma Tre. “Il vino italiano è migliorato molto anche nella comunicazione, soprattutto da parte dei produttori. Ma c’è ancora tanta strada da fare: bisogna capire che all’estero si vende un territorio, una storia, e bisogna collaborare per raccontare un’identità collettiva, come fanno altri Paesi. Ed è fondamentale fare distinzione tra la comunicazione che si fa verso i consumatori finali, e quella che si fa verso gli intermediari come importatori e distributori”.
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