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WineNews
N. 3.344 - ore 17:00 - Martedì 1 Febbraio 2022 - Tiratura: 31.116 enonauti,
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La News
Il vino cresce tra gdo ed e-commerce
Frenano in volume, ma crescono in valore nel 2021 sul 2020, le vendite di vino nella gdo italiana. Il trend, anticipato da WineNews sui dati Iri nei giorni scorsi, è oggi confermato dal report Nomisma Wine Monitor con NielsenIQ. Da cui emerge che “dopo la galoppata del 2020, le vendite di vino in Italia nel canale off-trade (Iper, Super, Piccole superfici a libero servizio, Discount, Cash&Carry ed E-commerce dei siti generalisti) chiudono il 2021 a -1,2% in volume e +5% in valore sul 2020 (e +5% in volume e +13% in valore sul 2019). E dopo il boom 2020, è continuato a crescere anche l’e-commerce: +22% in valore e +19% in volume.
Approfondimento su WineNews.it
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Primo Piano
Maggiori costi e produzioni in calo: gli effetti del Green Deal Ue sull’agricoltura europea
La sostenibilità è al centro della politica Ue, cardine delle strategie Farm to Fork e Biodiversity, cuore pulsante della tabella di marcia del Green Deal, che ha come obiettivo ultimo quello di rendere i sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell’ambiente. Come? Riducendo del 50% l’uso di pesticidi chimici e il rischio che rappresentano entro il 2030, riducendo del 50% le perdite di nutrienti, senza che ciò comporti un deterioramento della fertilità del suolo e tagliando di almeno il 20% l’uso di fertilizzanti, facendo crescere ulteriormente l’agricoltura biologica, affinché il 25% del totale dei terreni agricoli sia dedicato al bio entro il 2030. Target necessari in una logica più ampia come quella della lotta, vitale, ai cambiamenti climatici, ma che presuppongono un costo, sia per il settore agricolo che per il consumatore. Costi e conseguenze calcolati dallo studio “Impact Assessment of EC 2030 Green Deal Targets for Sustainable Crop Production” firmato, per Croplife Europe (che raccoglie le più importanti aziende dell’agrochimica) e Copa-Cogeca, dall’Università di Wageningen, che ha preso in esame dieci colture diverse in sette Paesi Ue (Finlandia, Polonia, Germania, Francia, Spagna, Italia e Romania). In estrema sintesi, emerge che la realizzazione degli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversity, potrebbero comportare, a seconda dei diversi scenari (nell’approfondimento) una diminuzione dei volumi prodotti per coltura nell’intera Ue, che va in media dal 10 al 20%, con picchi del 30% per produzioni come le mele, mentre altre, ad esempio la barbabietola da zucchero, non vedranno grosse conseguenze. Il calo dei volumi prodotti sarà maggiore per le colture perenni (mele, olive, uva da vino, agrumi e luppolo), mentre l’aumento dei prezzi riguarderà principalmente uva da vino, olive e luppolo. Di conseguenza, il commercio internazionale cambierà in modo significativo: le esportazioni Ue diminuiranno, ed aumenteranno di conseguenza le importazioni, i cui volumi potrebbero persino raddoppiare. La realizzazione dell’obiettivo di aumentare la superficie biologica al 25%, secondo le ipotesi formulate in questo studio, anche rispetto agli sviluppi tecnologici, si tradurrà invece in un calo della produzione di quasi il 10%, ed in un aumento dei prezzi di poco inferiore al 13%.
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La sostenibilità “di territorio”
La sostenibilità non è più un optional, neanche nel mondo del vino. Così come non lo è più certificarla per poterla dimostrare e raccontare. E se ormai sono tantissime le aziende che seguono questo o quello standard (in attesa del varo ufficiale del tanto attesto “standard unico di certificazione” del vino italiano da parte del Ministero delle Politiche Agricole) di sostenibilità e di certificazione, sono sempre più i territori che, attraverso i Consorzi, puntano ad una certificazione come Denominazione. Percorso già annunciato dal Consorzio del Prosecco, a cui si aggiunge anche quello del Vino Nobile di Montepulciano, nel nome del protocollo “Equalitas”. Con la certificazione (il cui raggiungimento è previsto entro la prima metà del 2022) affidata a Valoritalia, leader nella certificazione delle Dop del vino italiano.
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Focus
Mercato mondiale del vino, 12 mesi da record
I 10,83 miliardi di litri (+5,4%), per 33,66 miliardi di euro (+13,4%) di vino esportati nei 12 mesi che vanno da settembre 2020 a settembre 2021, segnano un vero e proprio record nel commercio enoico mondiale, con il prezzo medio più alto mai registrato, pari a 3,11 euro al litro, come emerge dai dati dell’Observatorio Español del Mercado del Vino, che sottolinea come la crisi del 2020, provocata dalla pandemia di Covid-19, sia stata sì molto dura, specie in termini di calo dei fatturati, ma tutto sommato breve in quanto a durata, almeno nella sua fase acuta. I vini dal maggior valore aggiunto, ossia spumanti e imbottigliato, sono stati i protagonisti della ripresa del 2021, dopo aver patito più di tutti il calo del 2020. In termini di crescita percentuale, a valore, la Francia, primo esportatore di vino al mondo, fa segnare nei 12 mesi il +26%, restando dietro a Italia e Spagna in termini di volumi, con il Paese iberico in crescita del +17,4%. Gli 11 Paesi esportatori più importanti - Francia, Italia, Spagna, Cile, Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Germania, Portogallo, Argentina e Sudafrica - valgono l’87,8% dei volumi e l’87,1% del valore totale del vino esportato nel mondo. La somma di Italia, Francia e Spagna rappresenta il 55,4% dei volumi ed il 61,5% del valore totale delle esportazioni enoiche.
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Cronaca
Il vino italiano a Sanremo
Sanremo è Sanremo, ma anche il vino italiano è il vino italiano: la musica d’autore ed il cibo, due grandi simboli del Belpaese tante volte protagonisti di celebri canzoni e spesso “seduti” insieme a tavola. A partire proprio dal Festival della Canzone Italiana, all’edizione n. 72 da stasera in prima serata su Rai1, dove a “Casa Sanremo”, il “salotto” di cantanti giovani e famosi, vip e stampa, i grandi vini italiani non mancano mai. E quest’anno Ruffino, marchio storico e di punta dell’Italia del vino, è l’unico “partner” enoico con le sue etichette.
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Wine & Food
Spaghetti al pomodoro, piatto dell’“integrazione” made in Italy, che mette tutti d’accordo
“La pasta secca di formato lungo forse è di origine persiana, ma furono gli arabi a diffonderla in Italia, precisamente in Sicilia. Alla pasta si affianca subito il formaggio grattugiato che per molti secoli rimane il condimento principale. La salsa di pomodoro è una preparazione importata dalla Spagna nel Seicento. Dapprima affianca il formaggio, poi diventa condimento principale. Quindi arrivano il basilico e, “buon ultimo”, l’olio di oliva”. È il racconto degli spaghetti al pomodoro dello storico Massimo Montanari, autore di “Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro”, un prezioso volume dedicato ad un simbolo che sintetizza alla perfezione la complessità gastronomica dell’Italia - e degli italiani - riuscendo ad unire il Belpaese da Nord a Sud, ma che rappresenta anche la capacità di “integrazione” del made in Italy.
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Sostenibilità, le aziende agricole investono di più. E diventano più redditizie
Il rapporto AGRIcoltura100 di Confagricoltura e Reale Mutua, analizzato dal professor Vittorio Amedeo Viora (Accademia Agricoltura di Torino). E che ha premiato tante realtà del vino, a partire dalla Cantina Produttori Valdobbiadene, prima assoluta in classifica, a realtà come Arnaldo Caprai, griffe e pioniera del Sagrantino di Montefalco, Cantina Barberani, riferimento dell’Orvieto, Eredi Scala Ernesto & C, nelle terre del Prosecco, e Ronco Calino, realtà di pregio della Franciacorta.
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