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WineNews
N. 3.573 - ore 17:00 - Mercoledì 21 Dicembre 2022 - Tiratura: 31.127 enonauti,
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La News
Il 100% di Jacquesson a François Pinault
Artémis Domaines, la società che raccoglie le aziende del vino dell’imprenditore François Pinault, tra gli uomini più ricchi del mondo e proprietario di griffe della moda come Gucci, Yves Saint Laurent e Balenciaga, dopo la fusione con Maison Henriot, annunciata ad ottobre, ha chiuso l’acquisizione di un altro marchio di primissimo piano dello Champagne, Jacquesson. Artémis Domaines, che controlla, tra le altre, Château Latour a Bordeaux e Clos de Tart in Borgogna, dopo aver acquisito una quota di minoranza a febbraio 2022, diventa così azionista unico di Jacquesson e dei suoi 40 ettari vitati (per 300.000 bottiglie prodotte). 
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Primo Piano
Vino e inflazione: il diverso impatto dell’aumento dei costi tra tipologie di impresa e territori
L’inflazione pesa su tutti i settori, e anche su quello del vino. Se per molti comparti produttivi l’aggravio diretto più sensibile è quello dei costi energetici, per la produzione enoica, come testimoniato da tante imprese a WineNews, in questi mesi, pesa molto di più il rincaro di tutte le materie prime “secche” (vetro, carta, capsule, gabbiette, cartoni, tappi e così via) che quello energetico. Secondo Unione Italiana Vini (Uiv), a fine 2022, nel complesso, la filiera produttiva avrà sostenuto un aumento dei costi del +83% sui budget iniziali, per 1,5 miliardi di euro di spese aggiuntive. E, per il 2023 è già previsto, tra l’altro, un ulteriore aumento del +20% per il vetro, che si somma a quelli già visti nel 2022. Eppure, in questo quadro complessivo, come sempre, in un settore tanto frammentato quanto variegato come quello del vino, che contiene al suo interno tante realtà imprenditoriali diverse non solo per dimensioni e fatturato, ma anche per strutturazione (più o meno patrimonializzate, più commerciali, con vigneti e non e così via), e che vede valori economici diversi non solo tra singole imprese, ma anche tra territori e Regioni, è evidente come alcuni riescano ad assorbire meglio questi costi rispetto ad altri. Con conseguenza sulla competitività a medio termine che potrebbero andare ben oltre l’immediato futuro. A spiegarlo è l’analisi, firmata dal Centro Studi Management Divino di Studio Impresa, guidato da Luca Castagnetti, per WineNews, partita dai bilanci di 851 imprese, che mettono insieme ricavi per 12,9 miliardi di euro, e focalizzata sull’indicatore economico fondamentale per il successo di un’impresa, ovvero il “valore aggiunto”, che si ottiene sottraendo ai ricavi le componenti in acquisto (la cui incidenza media sui costi è dell’81,2% a livello nazionale), dalle materie prime ai servizi. Da cui emerge, per esempio, che l’aumento dei costi incide meno sulle aziende “strong”, quelle più patrimonializzate e con una filiera pressochè completa, per le quali in generale i costi di produzione incidono meno sul prodotto, rispetto a quelle “light”. Ma anche che un’azienda “strong” di una regione come la Toscana, per esempio, avrà un’incidenza dei costi decisamente inferiore di una “light” dell’Emilia Romagna (dati e riflessioni in approfondimento). 
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SMS
I punti deboli delle cantine italiane sul web
La maggioranza dei siti sono tradotti in una sola lingua straniera, e ancora un buon 20% non ha adeguato la privacy. Non va meglio se valutiamo l’uso consapevole dei social: oltre a non usare l’advertising (sprecando tempo e risorse), più del 20% della cantine non usa Instagram, e cresce il numero di quelle che non sono presenti su Facebook. Sono dati sorprendenti quelli emersi dallo studio “In Vino Digital”, l’analisi sull’uso degli strumenti digitali di 300 cantine con una produzione inferiore alle 250.000 bottiglie, firmata da “Contesti DiVini”. Tra gli aspetti più interessanti ed importanti c’è la coerenza tra i dati aziendali presenti su sito, Google e social: una coerenza presente solo nel 75% dei casi. Oltre il 60% dei siti aziendali è tradotto, ma più del 40% in una sola lingua, solo il 14% in due lingue, il 4% in tre lingue e meno del 2% in 4 lingue.
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Focus
Il made in Italy a Natale, in Italia e nel mondo
Alla fine, il Natale è Natale. Con qualche taglio per via di rincari e inflazioni, ma senza stravolgimenti, né in tavola, con gli italiani che spenderanno 106 euro a famiglia per imbandirla, solo il 6% in meno sul 2021, né sotto l’albero, dove 4 su 10 metteranno il tradizionale cesto di prodotti tipici, che segue i trend del momento,  dal patriottico al low cost, dal beauty al lusso, senza dimenticare la solidarietà. All’estero, poi, il made in Italy agroalimentare cresce del +20% rispetto alle festività dello scorso anno, ancora in parte condizionate della pandemia: solo il periodo delle feste porterà nelle casse dei produttori italiani 5,3 miliardi di euro, sugli oltre 60 attesi a fine anno (record storico),con aumento a doppia cifra per tutti i prodotti più tipici delle feste, dallo spumante (+23%), trainato dal Prosecco (+26%) vero e proprio simbolo del Natale italiano all’estero, ai panettoni (+13%), ma ad essere richiesti sono anche il caviale made in Italy, a +26%, ed in salita è pure la domanda di formaggi italiani che fanno registrare un aumento in valore delle esportazioni del 18%, così come quella di prosciutti, cotechini e salumi (+7%). È il quadro dipinto dall’indagine Coldiretti/Ixè su “Il Natale sulle tavole degli italiani” (presentata a Roma, oggi).
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Cronaca
Il Governo lavora sul vino dealcolato
L’argomento dei vini dealcolati, nel 2022, ha acceso il dibattito, tra chi si rifiuta di chiamarli vini, chi li vede come una minaccia o una boutade, e chi li vede anche come un’opportunità o, quanto meno, come un fenomeno da gestire. E l’Italia si muove, a livello istituzionale e normativo. “Il Ministero è da tempo impegnato nella elaborazione di una disciplina chiara ed efficace sulla produzione e la commercializzazione dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati”, ha detto il Sottosegretario all’Agricoltura, Luigi D’Eramo.
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Wine & Food
Dagli States all’Asia, le eccellenze italiane nella “Top Restaurants” by Gambero Rosso
Fine anno, tempo di guide. Come “Top Italian Restaurants” del Gambero Rosso, che premia i ristoranti italiani all’estero. Tra gli “Special Awards”, lo chef dell’anno è Antonio Mermolia, 39 anni, lavora a pochi metri dalla Casa Bianca nel raffinato ristorante “Fiola” proponendo una cucina squisitamente mediterranea. Il ristorante dell’anno è “LA Puglia a Santa Monica”, di Valentina Bianco. Il “Premio Guardiano della Tradizione” va, invece, a Pino Posteraro, che, dal 1999, difende strenuamente e con classe l’identità italiana dei sapori nel suo “Mediterranean Grill & Enoteca” a Vancouver. La carta dei vini dell’anno è dell'“8 e1/2 Bombana Macao”, con il sommelier Marino Braccu, mentre il “Premio Nuova Apertura” porta la firma della famiglia Cerea, con il “Da Vittorio Saigon”, aperto nel giugno 2022 ad Ho Chi Minh City.
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Il vino italiano sul mercato Usa raccontato da buyer, importatori e distributori d’Oltreoceano
New York, Chicago, Los Angeles: il vino italiano in giro per gli Stati Uniti nelle tappe Usa del Simply Italian Great Wines della Iem di Marina Nedic e Giancarlo Voglino. Il mercato, il trade, i gusti che cambiano e le difficoltà di un momento economicamente e politicamente complesso nelle parole dei professionisti, buyer e importatori: Robey Kelley O’Connor (Wine Consultant), Jim Bube (Hogsalt Restaurant Group), Alberto Minardi (Vino Direct LLC), Pablo Perez (Classic Wines Selection) e Daisy Penzo (Tuscany Wines Import).
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