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WineNews
N. 4.262 - ore 17:00 - Mercoledì 16 Luglio 2025 - Tiratura: 31.289 enonauti,
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La News
Vino francese, piano di emergenza
“La filiera vitivinicola è una svolta. O la sosteniamo, o assisteremo al suo crollo”. Lo scrivono molte delle più importanti organizzazioni del vino francese, che, di fronte a quella che viene definita “una situazione senza precedenti”, hanno incontrato la Ministra dell’Agricoltura, Annie Genevard, sottoponendole un “piano di salvataggio”, con alcune richieste precise, che convergono su “sostegno allo sradicamento dei vigneti (definitivo e temporaneo), distillazione per la produzione di biocarburanti, assistenza e supporto al flusso di cassa per le cantine cooperative e riforma della legge Egalim per garantire una giusta remunerazione”.
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Primo Piano
L’export del vino italiano soffre, ma non affonda: -0,86% nei primi 4 mesi 2025 sul 2024
Seppur con le sue complicazioni, l’export del vino italiano continua ad essere vivo anche se, per la prima volta dopo tanto tempo, è preceduto dal segno negativo. A livello mondiale, nei primi quattro mesi 2025, segna 2,5 miliardi di euro in valore, in calo del -0,86% sullo stesso periodo 2024, e del -3,67% in volume, a 665.436.632 litri. A dirlo sono i dati Istat, usciti oggi, ed analizzati da WineNews. C’era il timore di un segno meno in arrivo dagli Stati Uniti, dopo le scorte “precauzionali” di fine 2024 e di inizio 2025 per anticipare i temuti dazi annunciati. E se il contraccolpo, nel quadrimestre terminato con aprile, primo mese di fatto con la certezza dei dazi imposti da Trump (per qualche ora al 20%, poi al 10% dal 5 aprile) non è stato di quelli “mortali”, la crescita, rispetto ai mesi precedenti (spinta anche dalla corsa alle scorte) è a velocità molto più ridotta: +6,59% su aprile 2024, nei quatto mesi, per un valore di 667,2 milioni di euro. La Germania, che resta leader europeo nelle importazioni, è stabile, a 376,6 milioni di euro (+0,2%), a differenza del Regno Unito che si ferma a 227,2 milioni di euro (-6,3%). Tiene, invece, la Svizzera a 131,2 milioni di euro (+0,41%), davanti al Canada (125,5 milioni di euro, +8,4%). Il calo, seppur marginale, ha interessato anche la Francia, a 99,5 milioni (-0,9%). Buone notizie dai Paesi Bassi (+1,6%), a 80,5 milioni di euro, e dal Belgio (+4,3%) a 72,8 milioni di euro. Tra chi scende c’è il Giappone a 54,5 milioni di euro (-10,8%), e, soprattutto, la Russia, a 46,1 milioni di euro, -55% rispetto a dodici mesi fa. Giù anche l’Austria (-4,4%) a 47,8 milioni di euro, e la Cina (-17,6% a 24,1 milioni di euro). Un rallentamento c’è stato, questo è indubbio, e nei prossimi mesi è facile intuire che le cose peggioreranno ancora. Senza dimenticare, però, che il 2024 fu salutato come un anno da record per le esportazioni del vino italiano. Lo stallo dei volumi, con tante cantine italiane in sofferenza a causa delle rimanenze invendute e una vendemmia ormai alle porte, fa comunque riflettere. La percentuale dei dazi Usa (con “l’incubo” del 30% dal 1 agosto, mentre le trattative con l’Ue vanno avanti) è la variabile decisiva che può far cambiare le carte in tavola, in una fase indiscutibilmente tra le più complesse della storia recente per il mercato del vino.
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Ue, la Pac verso il Fondo Unico?
Non è ancora ufficiale, ma da quello che trapela dal Bruxelles, nonostante il massimo riserbo (molti sottolineano, mai così elevato), nel prossimo bilancio Ue, quello che inizierà nel 2028 e si chiuderà nel 2034, non solo dovrebbero esserci meno risorse complessive, ma secondo la volontà della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen, verranno anche accorpati in un fondo unico ben 540 programmi, tra cui due fondamentali per l’Ue, la Politica Agricola Comunitaria - Pac, che storicamente assorbe un terzo del bilancio Ue, e la Coesione. Aspettando l’ufficialità, attesa ad ore, e sottolineando che si tratterà comunque solo di un primo (ma importante) passo che porterà alla definizione del bilancio europeo, intanto, monta la protesta delle principali organizzazioni agricole, a Bruxelles (con anche le italiane Coldiretti, Confagricoltura e Cia-Agricoltori).
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Focus
Arriva la vendemmia 2025, tra mercato lento e tagli di resa
Per molti motivi, il mercato del vino è in grande affanno. Le cantine italiane hanno in pancia ancora una vendemmia intera - 43,6 milioni di ettolitri al 30 giugno 2025 (dati “Cantina Italia”) - mentre quella nuova si avvicina. E se ad alzare l’allarme, nei giorni scorsi, sono state le grandi organizzazioni di rappresentanza della filiera, da Federvini ad Unione Italiana Vini (Uiv), che più o meno esplicitamente hanno esortato ad una riflessione anche sui sistemi di gestione come, riduzione delle rese in testa, ma iniziando anche a ragionare di eventuali espianti, sempre nei giorni scorsi, a WineNews, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida si è detto disponibile a ragionare di misure di emergenza, ma quando questa sarà palese, perché, ipse dixit, “il vino italiano viene dal record delle esportazioni, e ci sono molti settori messi peggio”. Ma intanto (in approfondimento) denominazioni e regioni si muovono, tra chi ragiona concretamente sulla distillazione (come il Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato in Piemonte), e chi taglia le rese e proroga o autorizza gli stoccaggi (come Pinot Grigio delle Venezie, Verdicchio dei Castelli di Jesi e Chianti, in Toscana, dove la Regione ha anche incontrato la filiera, raccogliendo proposte che saranno discusse nei prossimi giorni in un tavolo a livello nazionale).
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Cronaca
Cosa si mangiava ad Ercolano
Un viaggio nell’epoca romana alla scoperta di quella che possiamo definire una vera e propria civiltà del cibo: fino al 31 dicembre a Villa Campolieto, nel Parco Archeologico di Ercolano, va in scena la mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola”. È il poeta Orazio che afferma “Ab ovo usque ad mala” - un pasto completo nell’antica Roma solitamente iniziava con le uova e terminava con i frutti - e come su un vassoio d’argento l’antica Ercolano ci consegna una grande quantità e varietà di reperti in eccezionali condizioni di conservazione. 
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Wine & Food
Dazi: “Prosecco, Pinot Grigio, Chianti, Chianti Classico, Brunello e Barolo i più penalizzati”
Capire cosa succederà realmente sul fronte dazi Usa è un “terno al lotto”, ad oggi, mentre le trattative tra Stati Uniti ed Ue vanno avanti, nonostante i fiumi di parole e le dichiarazioni di questi giorni, come è naturale che sia. Certo è che se i dazi oggi al 10% sono un freno, quelli al 30% annunciati da Trump dal 1 agosto, se non si troverà una soluzione migliore, sarebbero un vero e proprio macigno, o un “embargo de facto”, secondo molti, ed è chiaro che ad essere più colpiti sarebbero quei territori o vini più esposti in Usa. Come Prosecco, ma anche, nell’ordine. Pinot Grigio, Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Barolo, Barbaresco, Amarone, Montepulciano d’Abruzzo e Nero d’Avola, come sottolinea l’Osservatorio di Edoardo Freddi International, una delle più avanzate realtà italiane dedicate all’export.
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La leggerezza oggi, nel calice, è un must. Ed il Lambrusco ne è un simbolo contemporaneo
Dal “Lambrusco World Day” sul Monte Bianco, nei giorni scorsi, le riflessioni di produttori, enologi e chef, su un simbolo del vino italiano, “popolare” per vocazione, ma che cresce di anno in anno in qualità e posizionamento. Anche grazie alla sua versatilità gastronomica. Le parole di Giacomo Savorini (direttore Consorzio del Lambrusco), Alessandro Medici (Medici Ermete), Sandro Cavicchioli (enologo, ritenuto il “maestro del Lambrusco”, ed anche produttore con la Cantina Cavicchioli, del Gruppo Italiano Vini - Giv) e degli chef stellati Paolo Griffa ed Heinz Beck.
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