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N. 2.873 - ore 17:00 - Venerdì 3 Aprile - Tiratura: 31.103 enonauti, opinion leader e professionisti del vino |
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Come se non bastasse l’emergenza sanitaria e la crisi che ne consegue, destinata a protrarsi chissà quanto a lungo, in Europa, come nel resto del mondo, in Francia i vignaioli devono fare i conti anche con le gelate che, puntuali come un orologio svizzero, a cavallo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, hanno colpito i vigneti di Borgogna, Loira e Rodano, senza, fortunatamente, provocare danni. Quello che resta, specie in Côte-d’Or, in Côte de Nuits ed in Côte de Beaune, è lo spettacolo delle “bougies”, che hanno illuminato - e riscaldato - i filari, ma anche, la mattina dopo, la bellezza dei vigneti ghiacciati attraverso la tecnica dell’aspersione ... |
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L’online come ancora di salvezza, specie per i vini di fascia medio-alta, il cui consumo è legato principalmente alla ristorazione. È il momento dell’e-commerce, chiamato a “salvare” il commercio enoico nel momento più buio, con l’Italia in lockdown da settimane e la metà della popolazione mondiale chiusa in casa. Una situazione che, a ben guardare, non ha fatto che accelerare una rivoluzione già cominciata (come emerso proprio pochi giorni prima dell’inizio dell’emergenza dal convegno sul “Vino 4.0 - Distribuzione, Comunicazione, Promozione, Strategie e Protagonisti a Confronto” del “Gambero Rosso”). Allora, ossia prima che deflagrasse l’epidemia, gli e-shop erano visti coma una possibilità per le etichette di spuntare un prezzo medio più alto, superando quella diffidenza che ancora molte aziende, legate comprensibilmente ad una visione tradizionale della vendita, hanno nei confronti dell’innovazione digitale. Segnali di un cambiamento accelerato dalla crisi sanitaria che il Belpaese sta fronteggiando da oltre un mese. “Una rivoluzione - ha raccontato a WineNews Marco Magnocavallo, ad di Tannico - che arriva per questioni drammatiche, ma che durerà, perché sono tantissimi che si approcciano all’e-commerce del vino per la prima volta: sarà un salto di discontinuità. L’online non può salvare il settore, ma può aiutarlo, e le cantine devono cambiare approccio ed aprirsi ai consumatori, anche con le vendite dirette, non possono rimanere legate alle catene di approvvigionamento del passato”. Ed i numeri, che parlano di un +100% dei volumi spediti nelle prime tre settimane di marzo, tracciano una strada da cui chissà se, ristabilita la “pace”, torneremo indietro. Ma non c’è solo il vino, perché l’online si è rivelato salvifico anche per un player fondamentale della distribuzione di qualità come Eataly. Nei primi giorni dell’emergenza, fu proprio Oscar Farinetti, ancora a WineNews, a raccontare come in un’Italia divisa tra una stragrande maggioranza dei cittadini che hanno pensato a stipare le dispense ed una minoranza che non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla qualità: “abbiamo assistito al +3.000% di incremento di ordini su Eataly.net, non va bene reagire risparmiando sul cibo e sul vino, che sono gli asset del nostro Paese”. |
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Visti da qui, gli Stati Uniti sono prima di tutto il mercato principale di sbocco dell’export enoico italiano. Ma non va mai dimenticato che si tratta anche di uno dei principali produttori del mondo, con una quota, mediamente, del 9% del vino globale, ben distante da Italia, Francia e Spagna, ma comunque rilevante. E allora, anche la filiera enoica Usa, riunita in “WineAmerica”, fa i conti con gli effetti dell’epidemia di Covid-19. Come emerge da un’analisi su più di 1.000 produttori di Oltreoceano, che rappresentano il 10% di tutta l’industria enoica, divisi in 49 Stati, a marzo le perdite ammontano già ad oltre 400 milioni di dollari, 37.376 dollari ad azienda, divisi tra calo produttivo, crollo delle vendite e dell’enoturismo, eventi cancellati e spese impreviste.
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L’emergenza Covid-19 ci mette, tutti, di fronte ad un mondo nuovo. Con effetti a breve ed a lungo termine, i primi già evidenti, come la mancanza di manodopera nei campi, i secondi tutti da capire, calcolare e risolvere. Destinati, chissà, a rimettere in discussione modelli economici e sociali, sistema produttivo e distribuzione, senza mai dimenticare la centralità della lotta al cambiamento climatico. Tutti argomenti, storicamente, cari a Slow Food ed al suo fondatore, Carlo Petrini, che, a WineNews, ha messo in fila le proprie idee. Dalla mancanza dei braccianti nei campi, “che ci deve far cambiare atteggiamento nei confronti dei lavoratori della terra, e rivalutare l’aiuto enorme che i migranti hanno dato all’agricoltura italiana”, al modello produttivo agricolo ed economico in generale, “rivalutando l’economia locale ed i rapporti di vicinanza, e ripensando ad un’economia di relazione, difendendo le piccole botteghe senza distruggere la grande distribuzione, superando la logica del solo profitto economico, perché quello sociale è altrettanto importante. E poi, la crescita economica deve porsi dei limiti”. Sena dimenticare, chiosa Petrini, “l’obiettivo della salvaguardia dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico”. |
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“L’agricoltura italiana ha bisogno di una robusta iniezione di liquidità. L’emergenza Covid-19, che pure sta confermando il valore strategico del settore agroalimentare, ne sta però mettendo a nudo tutte le fragilità. Un evento di dimensioni epiche come quello che sta vivendo il mondo intero non può essere affrontato con interventi normali”. Così il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, che calcola il costo di un intervento pubblico in almeno 5,5 miliardi di euro per garantire un reddito agli agricoltori del Belpaese. |
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La “veg-exit” non è ancora arrivata in Italia, ed il mercato dei prodotti alimentari presentati in etichetta come adatti per vegetariani o vegani continua a crescere, anche se meno velocemente che in passato. A dirlo è la sesta edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che ha misurato il paniere “veg” in termini di numero di prodotti e di andamento delle vendite in supermercati e ipermercati italiani. Sono “veg” il 5% dei 76.290 prodotti alimentari rilevati, per un paniere, composto da oltre 3.800 prodotti, che incide per il 4,8% sul giro d’affari complessivo del food di largo consumo che, in un anno, ha visto aumentare del +5,1% le vendite. I prodotti più rappresentati sono stati maionese, ketchup, formaggi freschi industriali, snack dolci, preparati per brodo e frutta secca. |
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Visto dalla Florida, terzo Stato per abitanti e secondo per consumi enoici, la situazione sul mercato Usa per il vino italiano è meno scura di quanto si possa immaginare (almeno prima dell’impatto della crisi Covid-19). Da Miami, prima tappa del Simply Great Wines Americas Tour 2020 della Iem, a WineNews il padrone di casa Charlie Arturaola, Marina Nedic, a capo della Iem, ed Ervin Machado, beverage manager Big Time Restaurant Group, 15 locali in Usa ed un fatturato vino che supera i 30 milioni di dollari l’anno. |
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